XX - Molto rumore per nulla.

I fought the law and the law won.

The Clash – I fought the law

La serata è finita tardi, tanto che ho trascinato Erica a dormire da me, scroccando un passaggio tattico a Francesco e alla sua Mini Cooper. Abbiamo scambiato quattro chiacchiere senza fare grandi discorsi, dati il sonno e la stanchezza, però non mi è sfuggito il commento ironico sui coltelli regalati a Giada da chissà chi – no, Giorgio non è un'opzione. Ha detto qualcosa tipo "ma che regalo è un set di coltelli da cucina" e non ho nemmeno potuto confutare questa affermazione, perché pure per me è un regalo assurdo, ma lui se ne è uscito come i cavoli a merenda. Stavamo parlando della musica fighissima che abbiamo scelto – dai, trovatemi un locale a Milano che al posto di Blanco mette i The Killers, vi sfido – e Francesco prende e fa: "certo che cringe la cosa dei coltelli di Giada". Ecco, mi sono ricordata, ha detto proprio così. Mah. Non che io perda l'occasione per parlare male della nostra sous-chef, però nemmeno così, senza alcuna ragione. È stato inaspettato, ecco.

Fatto sta che il giorno dopo, quando ci degniamo di tornare al locale a un orario indecente, tipo le due del pomeriggio, ci sto ancora pensando. Alla fine lei era così contenta del regalo, nonché molto imbarazzata per averlo ricevuto davanti a tutti, e mi è sembrata quasi commossa quando ha letto il biglietto annesso il cui contenuto, con mio grande rammarico, non sono riuscita a sbirciare. Certo che avrebbe potuto condividerlo con noialtri. Siamo o non siamo una grande famiglia?

«Ma il Boss dov'è?» sbadiglia Erica, arrampicandosi su uno sgabello, gli occhi verdi privi di trucco e imbottiti di sonno. In effetti è strano che G ancora non sia arrivato.

«Avrà avuto un contrattempo», commento, mentre smanetto con la macchinetta del caffè, ma come si accende questa cosa? La utilizza sempre Giorgio e non mi ha mai spiegato come usarla, non voglio rischiare di romperla, chi lo sente poi.

«Allontanati dalla mia macchinetta.»

E infatti. Mi volto verso l'entrata e lo vedo sull'uscio della porta. Capelli spettinati, con i ricci abbandonati a sé stessi, filo di barba incolta che rispetto a ieri sera sembra cresciuta il doppio, occhi di uno che si è appena svegliato. Indossa una maglia bianca un tantino troppo aderente, i soliti Levi's e ha in una mano il casco grigio scuro e nell'altra un vassoio del bar all'angolo. Un inebriante odore di zucchero e burro mi stimola il cervello. Incrocio le braccia e appoggio la schiena contro il bancone, mentre lo vedo avvicinarsi.

«Dormito poco?» lo apostrofo, cercando di non sorridere. Giorgio fa una smorfia infastidita, mentre poggia le sue cose sul bancone.

«Avrei dormito fino a domani», ammette, passandosi una mano sugli occhi rossi. «Sono distrutto.»

«Lo vedo dalle tue occhiaie.» Avvicino il mio viso al suo e scruto il colorito cadaverico. «Stai usando la maschera per il contorno occhi che ti ho regalato? Guarda che è un toccasana per la pelle stanca, soprattutto vicino ai quaranta.»

Giorgio mi lancia lo sguardo. «Io non sono vicino ai quaranta.»

Certo, come no. Il suo borbottio infastidito pone fine alla conversazione. Sospiro e mi incanto a guardarlo mentre prepara i due caffè per lui ed Erica e il ginseng per me. Un sottile odore di tabacco giunge alle mie narici. Giorgio non è un fumatore incallito, ma il suo primo pensiero quando si sveglia è quello di fumarsi una sigaretta, cascasse il mondo. È un vizio odioso, che vorrei tanto fargli togliere perché è uno stillicidio nei confronti dei suoi polmoni, però alla fine non sono affari miei, può fare quello che gli pare. Mica sono sua madre, sua sorella, o qualsiasi altra cosa.

«Prego.» Mi porge il mio ginseng in tazza grande e io lo afferro con un sorriso debole. Anche a Erica ha versato il caffè in una tazza, che la commis chef riempie con una generosa dose di latte, poi prende una brioche alla crema e la puccia senza ritegno nel caffelatte. Io continuo a bere il mio ginseng senza zuccheri aggiunti. Giorgio mi guarda.

«Ti ho preso quella ai frutti rossi, il tuo preferito.»

Trattengo il respiro per qualche istante. Lo stomaco sta brontolando dal momento in cui ho visto quelle brioche, ma non posso mangiarne una, ieri ho letteralmente divorato tutta la cena senza lasciare nulla, nemmeno il dolce alla glassa di mandorle che ha preparato Giada. Era tutto così buono e io ero così presa bene che non ho pensato alle calorie, a quanto dovrò correre sul tapis roulant e digiunare per rientrare nel fabbisogno calorico. I sensi di colpa hanno cominciato a tormentarmi non appena ho aperto gli occhi. Posso a malapena permettermi questo ginseng. Mando giù la saliva.

«Lo mangio dopo, adesso non ho fame», mento, cercando di tenere la voce ferma e di ignorare la mia pancia borbottante. «Sono ancora piena da ieri sera.» Mi sforzo a guardare Giorgio negli occhi. «Grazie.»

«E che fai, non fai colazione?» ribatte subito lui, caustico.

«In realtà sarebbe ora di pranzo», si inserisce Erica, che ha già terminato tutto, sia caffelatte che brioche. Giorgio continua a fissarmi e io mi scolo il resto del ginseng con un sorso. Metto la tazza nella lavastoviglie e mi allontano, sia da lui che dalle bombe caloriche. La porta che si apre di nuovo mi trae in salvo.

«Buondì!»

Anna è fresca e riposata, e vorrei ben vedere. Se ne è andata a un orario decente e non ha toccato alcool, senza considerare che da quando è incinta suo marito la tratta come una principessa e quindi i suoi sforzi sono ridotti al minimo. Entra dentro quasi saltellando, nella sua salopette premaman che mostra il pancino rotondo, e si va a sedere accanto a Erica.

«Uh, la brioche ai frutti di bosco!»

Prima che qualcuno possa dirla qualcosa, afferra proprio la brioche che era destinata a me e se la infila dritta in bocca. Io mi volto verso Giorgio e sollevo le spalle. Pericolo scampato.

«Insomma?» domanda Anna con la bocca sporca di zucchero a velo. «Quanto abbiamo guadagnato ieri sera?»

Giorgio solleva le sopracciglia. «Abbiamo?»

«Sei entrata anche tu nello staff e non ce l'hai detto?» scherzo io, ma forse nemmeno troppo.

«Considerando da quanti mesi sto sopportando voi e le vostre crisi isteriche, direi che ci sono entrata di diritto!»

Cerco qualcosa di intelligente con cui ribattere, ma non trovo nulla, anche perché forse ha ragione. Questi ultimi mesi sono stati assurdi, ma qualcosa mi dice che siamo solo all'inizio.

«Diciamo che abbiamo guadagnato più del previsto», la informa Giorgio, tenendosi sul vago. Mi scappa un sorrisino.

«Sì,» confermo, «ma ci vorranno almeno altri diciotto mesi per rientrare nelle spese iniziali.»

Anna stacca un pezzo di brioche al cioccolato e rotea gli occhi. «Eccola, che comincia a fare la matematica guastafeste!»

Apro la bocca, confusa. «Non sono una guastafeste, dico solo la verità!»

«Beh, un pochino guastafeste lo sei...» mormora Giorgio, e non mi sfugge il sorriso da presa in giro. Senti chi parla. Potrei iniziare un dibattito, però poi penso che comunque non ha insistito per quella benedetta brioche, dunque è meglio che lascio correre.

«Va be', la serata economicamente è andata bene», taglio corto, perché non ne vale la pena. «Ma per il resto? Dite che gli ospiti sono stati bene? E non intendo voi, famiglia e amici, voi lo so che siete stati bene, parlo degli estranei.»

«Della cucina non si è lamentato nessuno,» interviene Giorgio, «cioè, almeno non davanti a me.»

«Di che volevano lamentarsi? Era tutto ottimo, Boss, ci siamo strafogati gli avanzi a fine cena ed era tutto perfetto.»

«Sì, G, il tuo ego può stare tranquillo.»

Giorgio risponde alla mia ironia con una smorfia silenziosa e io trattengo un sorriso, poi torno a parlare.

«La cena è andata alla grande, ma lo Speed Date? È stato un azzardo?»

L'angoscia che provo trapela dalla mia voce. Ho paura che sia stata una trovata idiota e poco originale, a metà tra il cringe, come dice Francesco, e il patetico.

«Ma va!» ribatte Anna sventolando la mano destra. «È stata una figata!»

«Io ho visto almeno dieci coppie che pomiciavano», sostiene Erica. «Io penso sia stata una bella idea, hanno ballato tutti e mi sembrava che si stessero divertendo.»

«Siamo riusciti a far ballare pure lo chef, qua, figurati!»

Credo che Giorgio voglia lanciare la tazzina dell'altro caffè che si è preparato – deve essere davvero stanco – addosso ad Anna, ma poi si trattiene, forse a causa del suo stato interessante.

«Ho ballato solo un paio di canzoni», borbotta e noto il sorriso di Erica. Poi mi sembra quasi che G mi guardi, ma dura così poco che forse mi sono sbagliata. I don't care if Monday's blue, Tuesday's grey and Wednesday too...

«L'unico modo per accettarci che la serata sia piaciuta è solo una», esclama la squillante voce di Anna. «Instagram!»

Sbatto le palpebre e torno in me. Fisso la mia amica che sta già smanettando sul suo Smartphone. Il mio stomaco sbuffa e non c'entrano niente le brioche superstiti. Ho evitato di controllare i social finora, resistendo alla tentazione quotidiana di andare su Instagram e TikTok, perché l'ansia mi sta mangiando viva. E se nessuno ha postato delle storie? E se qualcuno l'ha fatto, ma con dei commenti sgradevoli? Non sono pronta ad affrontare gli haters, non dopo l'inaugurazione, vorrei un po' di tregua, almeno per adess...

«Ok, siamo stati geolocalizzati da quasi cento persone!»

Mi perplime il plurale maiestatis utilizzato da Anna, ma non ho tempo per rifletterci ora. Faccio il giro del bancone e mi metto dietro le sue spalle, subito seguita da Giorgio il quale, nonostante il poco interesse per i Social, non può fare a meno di curiosare. Anche Erica allunga il collo e tutti e quattro ci ritroviamo a scorrere le foto e i video che appaiono sullo schermo. Ci sono i piatti degli chef, i cocktail dei barman, la musica, la gente che balla, io che rido, la voce del vocalist che abbiamo ingaggiato che conduceva la serata dando il tempo e l'input per cambiare partner, persino qualche bacio tra coppie sconosciute e non. Stando a queste stories e a questi post, la serata è stata un successo e chi se l'è persa ha commesso un grave errore.

«Guardate, qui ci siamo anche noi!»

Avviciniamo il volto un po' di più e in effetti, nel video che ci mostra Anna, si vede lei appiccicata a Riccardo e io con le braccia attorno al collo di Giorgio. È un frame di qualche secondo, ma non riesco a non sorridere e nemmeno a non voltarmi. Anche se le sue labbra se ne vanno verso l'alto e i suoi occhi incrociano i miei. Thursday, I don't care about you. It's Friday, I'm in love...

«No, vi prego, ma questa foto?»

L'urlo perforante di Anna mi costringe di nuovo a darle attenzione. Sbatto le palpebre e fisso, oddio mio, un selfie uscito un po' sfocato di Giada Farinelli e Angelica Tancredi, guancia a guancia e dei sorrisi plastici sulla faccia. Io e Anna ci fissiamo.

«Ma questa non è la ragazza di Elisei?» domanda Giorgio, innocente, ma nessuno gli risponde.

«Cioè, ora sono diventate amiche?» fa Erica, senza riuscire a nascondere il fastidio, e vorrei ben vedere, dopo il modo in cui l'ha trattata quel subumano.

«In effetti le ho viste chiacchierare, ieri sera», rifletto, ricordando quanto quella scena mi abbia fatto uno strano effetto, come se stonasse in qualche modo la compagnia di quelle due insieme. «Che ci trova Giada in quella cretina?»

«Beh, almeno lei la considera.»

Ci voltiamo tutte e tre a guardare Giorgio nello stesso momento. Le mie sopracciglia svettano verso l'alto.

«Che vuoi dire?» Ho cercato di utilizzare un tono paziente, ma mi stanno già cominciando a girare, perché io l'ho capito che intende.

«Che Giada non conosce nessuno a Milano, tranne voi due.» Indica me e Anna con il suo dito accusatore. «E non la cagate di striscio. Avete incluso Erica nel vostro gruppo in un lampo e a Giada che conoscete da vent'anni, nemmeno un invito per un'uscita. Ci credo che ha iniziato a frequentare quella.»

Sono sconvolta. Io e la mia compagna di accuse ci guardiamo negli occhi e la sua espressione è uguale alla mia. Anna si mette una mano sul petto.

«Ci stai accusando di aver ignorato Giada e per colpa nostra frequenta delle omofobe con il filler alle labbra fatto male?»

Giorgio annuisce. «Esattamente. Con qualcuno deve pur parlare.»

«Non è che dobbiamo fare beneficienza», sbotto, perché questa storia ha un po' rotto, sinceramente. «Con Erica è stato amore a prima vista, perché è una persona meravigliosa.»

La nostra amica rossa mi manda un bacio con la mano e io ricambio.

«Esatto, mentre Giada è una moscia», mi dà manforte Anna e questi sono i momenti in cui la amo. «Ammettilo che è moscia.»

Giorgio tentenna qualche secondo, ma poi cede. «Sì, è vero, è un po' moscia, però potreste provare a conoscerla meglio. Siete un trio, potreste diventare un quartetto.»

«Sì, d'archi.»

«Bella, questa, Eri!» ride Anna, che ha sempre trovato divertente questo umorismo da settimana enigmistica. «Ma comunque, Chef, perché te la prendi tanto?»

«Io non me la prendo tanto», ribatte Giorgio. «Dico solo che potreste fare uno sforzo, tutto qua.»

E sarebbe bello se questo scambio di opinioni finisse qua, ma no, Anna decide di sganciare la bomba.

«Dai, ammettilo che ti piace Giada.»

Silenzio. I rumori di Milano sono spariti e restiamo tutti e quattro a guardarci in faccia. Anna ha il suo solito sorrisetto furbo sulla faccia e ha gli occhi castani puntati su Giorgio al quale sembra sia caduta la mascella. Erica ridacchia e io ho gli organi interni congelati. Come diavolo le è venuto in mente di dire una cosa del genere? Quella è proprio scema.

«Che assurdità, Anna», riesce a riprendersi Giorgio, dopo qualche attimo. «Non mi piace Giada.»

«Eppure te la difendi tanto...»

«Perché possiedo un cervello pensante e la capacità di comprendere cosa è giusto e cosa è sbagliato.»

La mia migliore amica scuote la testa con decisione. «No, secondo me ti piace. E le hai pure regalato i coltelli.»

«I coltelli?»

«Sei tu l'esperto, no? Sbaglio o sono come i tuoi?»

«Non le ho regalato i coltelli, Anna.»

Il tono di Giorgio è seccato, sintomo che è stufo di questa conversazione e posso capirlo, perché ha dell'assurdo. Questa idiozia del presunto interesse di G per Giada poteva essere divertente se rimaneva tra noi, invece adesso Anna ha dovuto tirarla fuori, e non accenna a smettere.

«Non ne avremo mai la certezza, visto che provengono da un ammiratore anonimo. Chi ce lo dice che non sei stato tu?»

«Te lo dico io.»

«Beh, non è che i coltelli siano il massimo del romanticismo.»

Sono intervenuta Finalmente, potrebbe dire qualcuno. Lo sguardo di Giorgio saetta verso di me.

«Pensi anche tu che glieli abbia regalati io?»

Inghiotto a vuoto e trovo il coraggio di guardarlo a mia volta.

«Io non penso proprio niente, G.»

«Nemmeno che mi piaccia Giada?»

Perché ci tiene tanto a saperlo? Sollevo le spalle e mi sistemo i capelli lunghi che mi ricadono sulle spalle e mi fanno sentire troppo caldo. Sento il sudore appiccicato addosso, ovunque, persino in mezzo alle tette.

«Anna lo pensa, io dico che è impossibile.»

Giorgio non molla. Incrocia le braccia e mi guarda ancora. «E perché lo sarebbe?»

Copio la sua posizione e ricambio lo sguardo. «Perché non ti ci vedo proprio con una come Giada.»

«Ah davvero?»

«Lo dicevamo prima, è troppo moscia.»

E pure un po' gattamorta, vorrei aggiungere, ma evito. Diciamo che non mi sfugge il modo in cui gli tocca il braccio quando cucinano, come ride tirando indietro la testa, il tono di voce sempre basso quando gli parla, quasi sensuale. Forse è proprio il suo modo di fare, ma in ogni caso me ne sono accorta e tutto questo discorso su eventuali sentimenti di Giorgio per Giada mi stanno facendo innervosire, ma non posso darlo a vedere.

«Dai, non è moscia, ragazzi, smettetela. A me sta simpatica», si intrufola Erica nella conversazione e io mi dedico a lei.

«Simpatica, ma moscia, ma forse a Giorgio piacciono le mosce», rispondo, ma poi torno di nuovo su Giorgio. «E poi è piccola per te, non dici sempre che sono una ragazzina? Lei è anche più giovane di me.»

Sarebbe proprio un paradosso, in effetti, se gli piacesse. Hanno dodici anni di differenza. Il mio socio si mette a ridere.

«Non è certo l'età a definire una persona, ma il comportamento. E comunque l'ultima volta che ti ho chiamata ragazzina nemmeno me la ricordo.»

Ora viene da ridere a me. «Un mese fa. Giorno più, giorno meno.»

Il ricordo del nostro litigio gli fa sparire il sorriso dalla faccia. Tossicchia e mette le mani sui fianchi.

«Comunque è troppo riservata per me, mi piacciono le ragazze più aperte.»

«Tipo?» squittisce Anna, che credo si stia divertendo un mondo. Il mio stomaco fa un salto mortale all'indietro e non capisco perché i miei organi ballano la tarantella, ogni volta.

«Tipo non Giada», è la risposta vaga del protagonista della conversazione. Vorrei replicare, ma non mi viene in mente niente. Erica prende la parola di nuovo.

«Comunque io l'ho vista ballare con Francesco, un paio di volte.»

«Ma chi?» chiede Anna.

«Giada, di chi stiamo parlando, scusa?»

«Infatti di Francesco dovreste preoccuparvi, non di me.»

Tutte e tre ci voltiamo di nuovo a fissarlo. Io arriccio il naso, perplessa.

«Di Francesco?» lo sollecito, ma Anna parla ancora.

«Guarda come cerca di sviare l'attenzione da lui. Sono ammirata, insegnami, maestro!»

Giorgio la ignora e guarda me. «Secondo me c'è qualcosa tra loro.»

Scuoto la testa con forza. «Ma se l'ha presa in giro per quei coltelli, è impossibile che ci sia qualcosa tra loro.»

«Che c'è, sei gelosa?»

Sbuffo senza riuscire a evitarlo. Ha ragione Anna, è proprio bravo a sviare l'attenzione da sé. Gli lancio uno sguardo torvo.

«Mi pare che avessimo già chiarito questo punto, o sbaglio? Forse sei tu che sei geloso di lei e Francesco.»

Specchio riflesso, maturità livello 100. Giorgio fa una pausa, poi parla di nuovo.

«Sei fuori strada.»

Restiamo immobili a guardarci negli occhi. I suoi scuri, i miei chiari. Sicuramente sono fuori strada. Giorgio e Giada, ma dai. Impossibile. Improbabile. Fuori da ogni logica.

Il telefono del locale squilla. Sobbalziamo entrambi e Giorgio va a rispondere. È un fornitore che deve effettuare uno scarico. Anche stasera siamo aperti, e quella dopo ancora, tutte le sere tranne il martedì che è giorno di chiusura. Per adesso apriremo a un pasto, unendo cena e dopo cena nell'altra sala. L'inaugurazione è stata dura, ma era solo l'inizio. Adesso è iniziata davvero e non ho tempo per star dietro agli inciuci immaginari di Anna. Il lavoro viene prima di tutto e non posso farmi distrarre da nessuno, e nemmeno Giorgio. O almeno lo spero.

Note di Greta  ❤️

Allora, ciao a tutti, scusate il ritardo nel postare, ma come sapete è una storia work in progress, quindi vado a ispirazione! 

Questo capitolo non mi piace granché, in particolare rapportato al precedente che AMO - viva la modestia - però onestamente mi serviva un cuscinetto che potesse aprire al seguito che ho in mente. Siete pronti per il drama? Perché sta arrivandooo!

Spero di riuscire a postarne un altro per Natale, ma non vi prometto nulla.

Un abbraccio e buon weekend!

Greta ❤️

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