XVI - On Wednesdays we wear pink.
Cos'hai intenzione di fare sabato sera?
Suicidarmi.
E cosa mi dici di venerdì?
Provaci ancora, Sam
«Che significa che Francesco bacia male?»
«Non bacia male. Bacia da vomito.»
«Esagerata.»
«No, Anna, sul serio. Ho i conati se solo ci ripenso. Tutta quella saliva...»
«Sbavava così tanto?»
«Erica, non te lo puoi nemmeno immaginare. Ho ancora le labbra screpolate.»
La faccia della mia rossa amica si trasfigura in una smorfia disgustata mentre prende un sorso del suo Hugo Spritz. Siamo al Pop-Up, un locale sulla Darsena a fare aperitivo. Sono le sette e mezza, il sole illumina ancora i Navigli e il mio Aperol Spritz è quasi finito. Il tavolino è pieno di piatti di plastica vuoti: io ed Erica oggi non abbiamo avuto tempo di pranzare a causa delle manie di schiavismo di Giorgio, quindi abbiamo spazzolato mezzo buffet. Poi va be', Anna è incinta, quindi mangia qualsiasi cosa si trovi davanti.
«Credo proprio che ne prenderò un altro», annuncio, agitando il bicchiere pieno di ghiaccio. Ho bisogno di alcool, tanto alcool per provare a dimenticare il finale di serata di ieri sera.
«Non può essere stato così pessimo, dai.» Anna non riesce a capacitarsene. «È sempre stato pieno di ragazze! Com'è possibile che baci da schifo?»
«Non lo so, forse a queste ragazze piaceva farsi mitragliare la bocca con quella lingua bavosa!»
Erica scoppia a ridere senza riuscire a trattenersi. «Mi sto immaginando la scena, non ce la faccio.»
«Ti giuro, era un mulinello!» continuo io, sentendo le guance pizzicare a mia volta.
«E cosa cercava, la tua anima?» interviene Anna, che ormai sghignazza pure lei.
«Ma che ne so, so solo che è stato rivoltante. Scusami!» Faccio segno al cameriere appena maggiorenne che trasporta con nonchalance due vassoi pieni di bicchieri tra i tavoli. Dovremmo assumerlo. «Puoi portarmi un altro Spritz?»
«E un altro Hugo!» mi fa eco Erica. Anna ci rivolge un dito medio.
«Vi odio. A me una Coca Cola, con ghiaccio e limone.»
«Dai, che manca poco.»
«Sono a malapena al quinto mese, Emma, manca un'eternità!»
La lasciamo sfogare per qualche minuto su quanto sia noioso nonché fastidioso essere incinta, però poi finisce per farci vedere le fotografie dell'ultima ecografia e le brillano gli occhi mentre lo fa. La bambina cresce in salute e io non potrei essere più felice. È vero, lo ammetto, all'inizio non sono stata al settimo cielo alla notizia che Anna sarebbe diventata mamma. Pensavo che il matrimonio con Riccardo e il bambino – bambina, ormai – l'avrebbero allontanata da me. Lo so, è un pensiero molto egoista, ma io e Anna ci conosciamo dalle elementari e abbiamo trascorso ogni minuto della nostra infanzia, adolescenza, giovinezza insieme. Io so tutto di lei e lei sa tutto di me. Ho avuto paura di perderla e forse ho ancora un po' di timore che potremmo allontanarci, ma anche se fosse, sarebbe fisiologico e naturale. Avrà un altro essere umano di cui occuparsi ed è normale che avrà meno tempo per stare dietro alle mie nevrosi, ma ciò non vuol dire che mi vorrà meno bene. E poi, adesso c'è anche Erica, la quale, per quanto non possa essere paragonata ad Anna – com'è giusto che sia, anche lei a Roma ha delle amiche dai tempi dell'infanzia – è diventata una persona speciale e fondamentale. Essere qui in questo momento, insieme a loro, nell'aria calda della mia Milano, circondata da tutta questa gente, mi rende felice. Nondimeno, questo amore scompare all'improvviso tutto insieme, quando arrivano le bevande.
«Non vedo l'ora di vedere la faccia di Giorgio quando lo saprà!» esclama quella vile di Anna.
«Ti prenderà in giro a vita!» continua quell'infedele di Erica. E scoppiano di nuovo a ridere. Tutte e due. Maledette.
«Non azzardatevi a dirglielo!» Il mio strillo è degno di una crisi isterica. «Giorgio non deve sapere che ho baciato Francesco e soprattutto che è andata così male!»
Contro ogni previsione, quelle risate inopportune si placano, almeno un po'.
«Perché non vuoi che lo sappia?» Anna incrocia le braccia e mi guarda con la sua classica aria indagatrice. Io cerco di sostenere il suo sguardo, ma non sono mai stata in grado di mentirle. Quel cipiglio mi ha sempre provocato agitazione. Sarà una giudice eccellente.
«Perché poi mi prende in giro», confesso, sentendo le guance andare a fuoco. «E poi perché sono affari miei.»
Incrocio le braccia anche io e mi sento una bambina di cinque anni. Gli sguardi delle mie amiche trasmettono pietà e commiserazione.
«Tanto lui era impegnato ad accompagnare Giada», continuo, nell'imbarazzo più totale. So che mi sto comportando in modo infantile, ma non riesco a farne a meno. «Quindi che gliene importa?»
«Ma guarda che mica l'ha accompagnata al ritorno», mi informa Erica e io faccio fatica a non spalancare la bocca.
«Ah, no?»
«No, ha preferito andare a piedi, tanto abita lì dietro al locale.»
«E infatti ha chiesto dove fossi perché voleva riaccompagnarti», si intromette Anna, stavolta con tono giudicante. Io taccio. Quindi al ritorno non l'ha accompagnata e voleva accompagnare me. La notizia mi provoca un borbottio strano nel mio stomaco.
«E voi gli avete detto che ero con Francesco?» chiedo, anche se so già la risposta.
Anna non varia la sua espressione di un millimetro. «Beh, sì, non pensavamo fosse un segreto.»
Che pettegole. Tiro fuori l'aria con il naso, sciogliendo le braccia dalla stretta che mi stava lasciando senza respiro. Il cameriere giunge con i nostri drink e Anna offre il secondo giro, dopo che io ho offerto il primo. Non appena il giovane si allontana, prendo un grande sorso di liquido arancione, il quale, gelido com'è, rischia di provocarmi una sincope.
«E lui?» incalzo le mie amiche, cercando di ignorare il dolore al petto.
«Lui che?»
«Che ha detto?»
«Niente, ha fatto la sua solita faccia senza espressione e poi se ne è andato.»
«Secondo me c'è rimasto male, poverino.»
Mi fa sorridere l'ingenuità e la bontà di Erica. Pure poverino, adesso.
«Ma male di cosa, scusa? Come lui accompagna gente, io mi faccio accompagnare dalla gente!»
Mi sembra una conclusione di una logica ineccepibile. Per tutta risposta, Anna sbuffa rumorosamente.
«Senti, Emma, puoi ammettere almeno con noi che sei andata a casa con Francesco solo per ripicca a Giorgio?»
Non ci credo che l'ha detto davvero. «Mi ritengo offesa da questa illazione.»
«Se, va be'...» commenta Erica, che ormai non è più dalla mia parte.
«Che poi ci avessi guadagnato qualcosa, solo una pomiciata schifosa!»
«Comunque, secondo me la stai facendo troppo lunga.»
Finisco di masticare l'ultimo pezzo di focaccia rimasto sul tavolo e guardo la mia migliore amica. «In che senso?»
«Sei sempre così rigida con gli uomini! È stato un brutto bacio, non è la fine del mondo, tutti ne abbiamo avuto uno.»
«Anna, che cosa vuoi dire? Puoi essere più chiara, per favore?»
Cerco di ignorare il campanello d'allarme nel mio cervello e di darle il beneficio del dubbio, anche se sospetto di conoscere ciò che sta per dirmi. Anna si sistema sulla sedia e mi guarda dritto negli occhi.
«Sto dicendo che sei troppo selettiva. Non ti offendere, però fino a dodici ore fa avevi una cotta stratosferica per Francesco e adesso non ti piace più solo perché ti ha baciato male.»
Inarco entrambe le sopracciglia. «E ti sembra poco?»
«Emma, Francesco è bello, simpatico, bravo nel suo lavoro, sexy da morire e ce l'hai detto tu che avete tantissime cose in comune! E adesso non gli rispondi più ai messaggi perché ha sbavato un po'.»
Proprio in questo momento, il mio smartphone si illumina di una notifica di WhatsApp proprio da parte sua. Il nervosismo di essere andato in bianco gli è passato alla velocità della luce. Per tutta risposta, prendo l'apparecchio e giro lo schermo verso il basso.
«Scusa, se non mi va più di sentirlo!» esclamo, avvilita. Possibile che non capisca? «È stato deprimente, ieri sera, ragazze.»
«Anna, però non è che può farselo piacere per forza.» Oh, meno male, Erica è tornata a ragionare con la sua testa. Peccato che l'altra non abbia finito.
«Ma dagli un'altra chance! Non puoi pretendere di trovare l'uomo perfetto subito. La gente va conosciuta, va capita, non può essere tutto meraviglioso subito.»
«Quindi mi devo accontentare?»
«Non ho detto questo. Anche a me non piaceva Riccardo, quando ci siamo conosciuti, e guardaci ora.»
Ok, adesso basta. Mi ergo in tutta la mia bassa statura e stringo gli occhi puntati su quella che dovrebbe essere la mia migliore amica.
«No, non è che non ti piaceva, non lo calcolavi proprio, eravate solo amici. Poi lui ha trovato il coraggio e ti ha invitato a uscire, tu gli hai dato una possibilità e quando sei tornata, alle tre di notte, mi hai svegliata per parlare di quanto eri stata bene con lui. E non penso proprio da come parlavi che non ti sia piaciuto il vostro primo bacio.»
«Tu e Francesco non siete nemmeno mai usciti.»
«Mi è bastato ieri sera, grazie. Sentite, io non ho bisogno di un ragazzo, ok? Non lo stavo cercando, Francesco è capitato e lo ammetto, fino a ieri sera mi piaceva, e molto, ma adesso non più. Se proprio devo averlo, voglio un ragazzo che mi faccia stare bene al 100%. Che quando mi bacia mi faccia vedere le stelle, che mi faccia volare, sentire l'unica donna al mondo, ma soprattutto, voglio qualcuno con il quale non debba sforzarmi a far funzionare le cose o fingere che vada bene. Non sarete d'accordo, ma per me è così.»
Mi manca il fiato. Ho parlato di fretta e mi sono quasi dimenticata di respirare. Bevo un altro sorso del mio Spritz, che ho quasi finito. Mi sembra assurdo dover spiegare tutto questo, di nuovo, poi. Non è la prima volta che io e Anna affrontiamo questo discorso. Secondo lei non mi lascio mai andare e quando lo faccio trovo sempre qualche difetto al tizio di turno, ma io non posso farne a meno. È più forte di me, non mi voglio accontentare, soprattutto perché gli altri non lo fanno. Lei non si è accontentata, Isabella nemmeno, mia madre ha dovuto scoprire di essere gay per trovare la felicità, io perché dovrei prendermi uno che mi ha dato il bacio peggiore della mia vita? In questo momento, il solo pensiero di avvicinarmi a Francesco mi fa venire il voltastomaco.
Spero che il mio intervento abbia messo a tacere Anna, ma la mia amica ha un'ultima cosa da dire.
«Tanto lo sappiamo chi è l'unico che ti ha fatto volare, a te.»
Apro la bocca, sconvolta. Che colpo basso rinfacciarmi questa cosa.
«E chi?» chiede Erica, con curiosa ingenuità.
«Nessuno!» esclamo, e sto per mandare a quel paese Anna, quando l'aiuto cuoca parla di nuovo.
«Non per interrompervi, ma... Quello non è Filippo?»
Questo intervento riesce a zittirmi. Guardo nella stessa direzione di Eva e, per tutte le cavallette, quello è proprio Filippo Elisei. È insieme a Giacomo, il nostro amico, ed è, oh Signore benedetto, mano nella mano con una ragazza.
«Cristo santo», è il commento di Anna. Non so che cosa dire. Guardo Erica e la vedo a disagio proprio come quando le ho detto cosa era successo con Filippo. Dal canto mio, lo vedo avvicinarsi e capisco che stanno puntando proprio verso di noi. Mi rivolgo in cagnesco ad Anna.
«Ma li hai chiamati tu?»
«Io ho scritto a Giacomo!» strepita lei, la faccia trasfigurata dal panico. «Che ne sapevo che si portava dietro Filippo!»
«Ma porca putt...»
«Ragazze!»
Sì, sono proprio venuti da noi. Giacomo fa un giro di baci per salutarci, mentre Filippo ha la decenza di restare a distanza. Continua a stare attaccato a quella che suppongo sia la sua ragazza, da come gli sta addosso. È alta, molto più di me, ha i capelli lunghi di un nero lucente, la pelle chiara e gli occhi marroni. È bella, non nel senso canonico del termine, in quanto ha dei lineamenti molto marcati, ma è innegabilmente attraente. Porta un vestitino nero che le lascia scoperte le gambe lunghe e trovo i suoi tacchi a spillo un po' fuori luogo per un semplice aperitivo ai Navigli, ma dopotutto ognuno fa come vuole. Giacomo chiede tre sedie al cameriere.
«Ragazze,» prende la parola Filippo, che fino adesso è stato zitto, «lei è Angelica. Amore, loro sono Anna, Erica ed Emma.»
Mi impongo di ignorare lo sguardo viscido che mi rivolge. Angelica ci rivolge un sorriso che non coinvolge gli occhi piccoli, senza sprecarsi a stringerci la mano come farebbero tutte le persone normali. Si siedono tutti e tre e io sento un estremo bisogno di alzarmi e andare via. Non mi va di stare allo stesso tavolo con Filippo Elisei. Preferirei mille baci bavosi piuttosto che stare a pochi centimetri da lui e soprattutto ricordare quello che ha fatto. Schifoso. Mi eclisso dalla conversazione, che invero è piuttosto laconica, e afferro il telefono.
"G?"
"Che c'è?"
Mamma mia, che acidità quest'uomo. Digito in fretta, senza alzare lo sguardo dallo schermo.
"Sono al Pop-Up in Darsena con Anna ed Erica... Ed è appena arrivato Filippo Elisei."
Deglutisco a vuoto. Giorgio mi risponde all'istante.
"Vuoi che venga?"
E come al solito esagera.
"No, non ti preoccupare, avevo solo bisogno di dirtelo."
"Perché?"
Ma mi dà il tempo di scrivere?
"Non lo so, volevo dirtelo."
"Se non ti senti a tuo agio a stare con lui, faccio finta di chiamarti e ti dico che c'è bisogno di te qui."
Mi scappa un sorriso che tento di nascondere.
"Grazie, ma non serve... Si è portato dietro la ragazza."
"La ragazza? Qualcuna ha avuto il coraggio di mettersi con quel coglione?"
"A quanto pare."
"Emma, sei sicura di stare bene? Guarda che ci metto cinque minuti ad arrivare."
"G, no, va bene così."
"Ok."
"Grazie."
"Stai tranquilla, ok? Va tutto bene."
Gli invio un cuore al quale lui non risponde perché, insomma, Giorgio non è un tipo da emoticon. Blocco lo schermo del telefono e prendo un respiro profondo. Va molto meglio adesso. Afferro la mano di Erica sotto il tavolo, il sorriso è sparito dalla sua faccia e mi sembra molto a disagio. Nel frattempo, tale Angelica ha monopolizzato la conversazione. Ci informa, non richiesta, che è una milanese doc, nata e cresciuta qui, ha ventotto anni e lavora in un'agenzia di comunicazione a Brera, ma non penso che la paghino così tanto da potersi permettere una Vuitton e gli occhiali di Prada. Sento odore di figlia di papà.
«Emma, tu sei quella che sta aprendo il ristorante, vero?»
A quanto pare vuole parlare con me. Mi spiaccico in faccia un sorriso finto.
«Proprio io, sì.»
«Filippo me l'ha detto, è un progetto davvero ambizioso!»
Le ha detto pure che collaborava con noi, ma che era indietro con le consegne e si è comportato come uno stronzo? Mi mordo il labbro inferiore.
«È un progetto come un altro», ribatto, sperando di concludere la conversazione, ma lei non demorde.
«Beh, non proprio, sei molto giovane per fare la ristoratrice! Perché non sei tu la chef, giusto?»
«Filippo ti ha detto proprio tutto, eh?» Il mio sorriso diventa ancora più finto. «No, non sono io la chef, è Giorgio. Io sono la sua socia in affari.»
«Emma ha continuato la tradizione di famiglia», interviene Giacomo, nella sua ignoranza e innocenza. Chissà se sa quanto è una bestia il suo migliore amico.
«Davvero?» continua Angelica, che non demorde. Io voglio andare a casa.
«Sì, le mie madri sono nel campo della ristorazione.»
Ma se chiedo il terzo Spritz rischio di sembrare un'alcolizzata? Sto per chiamare il cameriere, quando Angelica parla ancora.
«Hai detto madri?»
E forse era meglio se stava zitta. Mi dimentico dello Spritz e la guardo.
«Sì, ho detto madri. Ne ho due. Qualche problema?»
«Oh, no, figurati!» esclama lei, palesemente in imbarazzo. Nel frattempo arrivano gli ordini suoi e degli altri due. Angelica assaggia il suo drink. «È che non ho mai conosciuto nessuno che, insomma...»
«Ha le mamme lesbiche?»
Angelica trasalisce. Che c'è, le dà fastidio il termine "lesbica"? Filippo mi lancia uno sguardo di fuoco che ignoro.
«Emma, dai...» si intromette Anna, ma io non ho intenzione di smettere. Oggi non è proprio giornata e 'sta imbruttita me la mangio a colazione.
«No», mi risponde, bevendo il suo Moscow Mule. «Non è proprio comune, insomma.»
«E invece guarda un po', le famiglie arcobaleno esistono.»
«E sono bellissime!» esclama Giacomo, cercando di stemperare il gelo che si è creato, ma nessuno gli dà retta.
«Certo che esistono, ci mancherebbe! Solo che, ecco, io sono più per la famiglia tradizionale.»
Succhio dalla cannuccia il ghiaccio sciolto al sapore di Spritz, ormai terminato. «Davvero?» domando, sarcastica come poche volte.
«Sì, beh, un bambino ha diritto ad avere un padre e una madre, secondo me», dice Angelica. Mi sembra in difficoltà, ma la voce è ferma.
«Quindi praticamente stai dicendo che sono stata privata di un diritto?» la incalzo.
«Emma...» mormora Anna, ma chi la calcola.
«No, dai, sono davvero curiosa.»
«Ho solo espresso la mia opinione!»
La guardo dritta negli occhi. Sono nera. Mi sistemo sulla sedia e mi avvicino al tavolo. «Beh, noi famiglie arcobaleno ce ne sbattiamo della tua opinione. Soprattutto perché io non so nemmeno che faccia abbia il mio caro padre, visto che se l'è svignata quando mia madre è rimasta incinta. Quindi il mio diritto era già bello che andato quando sono nata e se non fosse stato per l'altra mia mamma, di genitore ne avrei avuto uno, e pure solo, visto che i miei nonni non mi volevano.»
Nessuno parla più. Il chiacchiericcio delle persone attorno a noi è l'unico suono che ci avvolge. Io mi rendo conto che forse ho parlato troppo, ma la faccia ammutolita di Angelica mi provoca un'immensa soddisfazione. Filippo, al contrario, ha tutta l'aria di volermi dare un pugno in faccia. Il silenzio viene interrotto dal trillo del cellulare di Erica.
«Scusate, pronto?» Sento di nuovo la voce della mia amica, che non ha spiccicato più parola dall'arrivo degli altri. «Sì, arriviamo subito.»
Riattacca e si volta verso di me. «Era Giorgio, dice che ha bisogno di noi al locale.»
Ho un tuffo al cuore. Non ha davvero bisogno di noi, sono le otto di sera. Ha trovato un modo per salvarci.
«Paparino chiama...»
Mi devo trattenere per non sputare in faccia a Filippo. Gli rivolgo uno sguardo disgustato e mi alzo, seguita da Erica. Anche Anna non se lo fa ripetere due volte.
«Vado anche io, Ric mi aspetta!»
Ci dileguiamo in fretta. Non parlo durante tutto il tragitto. Ho solo bisogno di tornare in un ambiente familiare e solo quando vedo in lontananza il locale mi tranquillizzo.
Note di Greta ❤️
Emma versione polemica 😌
G sempre pronto a salvarla, ma che cuore è?
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