XIV - La vita è bella, ma la bella vita è meglio.
Ora, se vuoi scusarmi, vado a casa a farmi venire un infarto.
Pulp Fiction
Giuro che ci sto provando, ma mi risulta davvero molto difficile non pensare a Francesco durante la giornata. Sarà che me lo ritrovo sempre tra i piedi, perché anche se provo a segregarmi nel mio ufficio tra le scartoffie, in qualche modo c'è sempre qualcuno che mi chiama in cucina, nell'atrio, per questioni di lavoro o anche solo per un caffè, e so che dovrei dire di no, ma non riesco mai a rinunciare alle pause. E lui è sempre lì, a bere caffè, a provare nuovi cocktail e gli abbinamenti con i piatti del menù, a parlare coi fornitori – alla fine ha telefonato a un paio di aziende toscane e una ha accettato di collaborare con noi, con grande disappunto di G che ha dovuto cedere di fronte alla bontà di quel Chianti. E oltre a fare tutte queste cose, è sempre lì a flirtare con me. È palese che lo stia facendo: non sarò la più sveglia del mondo, ma una ragazza se le sente queste cose. Lo noto dal modo in cui mi guarda, mi sorride, mi parla, dalle battute che mi rivolge, quando dice qualcosa di divertente si volta sempre a controllare se l'ho sentita e se sto ridendo, dalle scuse che trova per commentarmi ogni storia che pubblico su Instagram. Ci sta platealmente provando con me, come posso non pensare a lui? La carne è carne, e io sono una persona debole.
È da un po' che non mi piace qualcuno, e soprattutto che sono ricambiata da questo qualcuno. Le mie ultime frequentazioni semiserie risalgono al periodo dell'università, ma dopo la laurea – triennale - non ho avuto nessuno, come mi ha fatto notare in modo poco elegante Filippo Elisei. Mi sono concentrata su me stessa, sugli studi, sul lavoro, sulla mia crescita personale e fisica. Sono migliorata, a beneficio solo mio e di post su Instagram che una volta accumulati un po' di like tutti dimenticano. E per quanto sia soddisfatta del lavoro fatto, per quanto ritenga di non aver bisogno di nessuno per sentirmi bella e intelligente, non nego che, quando vedo Riccardo e Anna, Isabella e Giovanni, le coppie di amici del mio gruppo, le mie mamme, sento che forse, nel profondo, mi manca qualcosa. E se quel qualcosa fosse Francesco Caselli?
«Tutto ok?»
Se c'è cosa che riesce a farmi rilassare e a distrarmi dai miei pensieri, è compilare un foglio Excel. Inserire dati, applicare formule, creare tabelle e ordinare tutti quei numeri mi rilassa il cervello. Lo so che a un occhio esterno la mia mente sembra tutto tranne che matematica, ma quando mi annoio, sono in attesa di qualcosa, non riesco a dormire, mi metto a fare calcoli complessi a mente, per passare il tempo, ed è anche l'unica cosa che mi calma quando vado in ansia. Ho deciso di occuparmi in prima persona della contabilità del locale perché mi fido solo di me stessa e almeno risparmiamo su qualche voce del bilancio. Bilancio che al momento è così in rosso che sono sull'orlo di un attacco di panico. Forse dovrei iniziare a pensare alla radice quadrata di 9.632.
«Uhm?»
Alzo lo sguardo verso destra, ritrovandomi il volto di Giorgio a qualche centimetro. Non sta guardando lo schermo del Mac, lui di numeri ci capisce meno di quanto io comprendo di moto e affini, ma me. Si è tolto la divisa ed è rimasto in canottiera, che lascia in bella mostra i numerosi tatuaggi: la botta di caldo anomalo di metà maggio sta colpendo tutti, ma ancora non abbiamo acceso l'aria condizionata perché più riusciamo a risparmiare meglio è. Inarco le sopracciglia, mentre noto che non si è fatto la barba e le mie narici percepiscono odore di sigaretta. Ha fumato. Non davanti a me perché sa che mi fanno schifo le sigarette, ma ha fumato. Vorrei lanciargli una frecciatina di rimprovero, ma poi penso che in fondo a me cosa importa se vuole rovinarsi i polmoni e impestare il suo alito e il suo bel corpo?
«Hai la testa tra le nuvole, negli ultimi giorni.»
Resto ferma con il dito indice a mezz'aria, a pochi millimetri dalla tastiera del computer. Lui sa. Non gli sfugge niente. Giorgio sa che mi piace Francesco e che penso a lui sedici ore su ventiquattro – le altre otto dormo.
«Sono molto stanca», mi giustifico, anche se non c'è nulla di cui giustificarsi. Non sto mollando un colpo al lavoro, anzi, sto procedendo alla velocità della luce per far sì che tutto sia pronto per l'inaugurazione, mi sono messa persino a seguire l'account Instagram sotto le direttive di zia Isabella, che non può venire tutti i giorni qui. Non nego che mi diverto a riprendere i dietro le quinte della cucina, in particolare l'espressione contrariata di Giorgio che si sforza di sorridere, ma comunque mi occupa tempo, tanto tempo. Sono tutto il giorno qui, dentro queste quattro mura, con i vestiti perennemente impestati di cibo – di ottima qualità, eh, però sempre cibo è – non riesco più ad andare in palestra, sono costretta a mettere gli occhiali da riposo perché altrimenti mi vanno a fuoco gli occhi dopo una giornata davanti allo schermo, ho davvero bisogno di una seduta dal parrucchiere e dall'estetista. Il 20 maggio è la settimana prossima e per fortuna il mio restauro è fissato per il pomeriggio precedente: dovrò essere perfetta il giorno in cui apriremo le porte a Milano.
«Sicura?»
Tiro fuori l'aria dal naso, con calma. Io lo so come funziona la testa di Giorgio: non è preoccupato che io sia stanca, ha capito che c'è qualcosa nell'aria e vuole sapere cosa. Forse gli rode che negli ultimi giorni non pendo più dalle sue labbra. Sollevo le braccia e appoggio i gomiti sulla scrivania, incrociando le mani tra loro, per poi voltarmi e guardarlo con un sorriso sulle labbra.
«Sicurissima. Allora, vieni stasera alla cena?»
Il cambio di argomento funziona, almeno all'apparenza. Giorgio stringe le labbra, in trappola. Si è fatto fregare come un principiante. Io vorrei ridergli in faccia, ma mi limito a mantenere lo stesso sorriso immobile di prima. Il mio caro socio sbuffa, ormai in trappola e senza più via d'uscita.
«Penso di sì», è la sua ermetica risposta, che mi fa un tantino girare le scatole. Perché non riesce a dire sì o no?
«Ci saremo tutti,» ribatto, «tutto lo staff, vengono anche Anna e Riccardo. È la cena pre-inaugurazione, non puoi mancare, sei lo chef.»
Il silenzio segue la mia frase, che resta nell'aria. Né io, né Giorgio interrompiamo il contatto visivo. Nessuno ha intenzione di cedere.
«Tutto lo staff, eh?»
E poi cedo io. Ho colto la frecciatina, compreso il tono canzonatorio del mio socio e dichiaro ufficialmente la sconfitta. Annuisco, senza dire altro e rimettendomi al lavoro. Sento ancora lo sguardo di Giorgio sulla mia spalla nuda.
«Ci sarò», dice alla fine. «Mica posso perdermi la cena pre-inaugurazione.»
E se ne va così, in fretta e di fretta, come è arrivato. Mi lascio andare contro lo schienale della sedia, esausta, ho gli occhi in fiamme. Allungo il braccio e afferro il cellulare in carica, notando una notifica su Instagram non appena sblocco lo schermo. Francesco ha messo mi piace alla mia storia. Mi scappa un sorriso. Non vedo l'ora che sia stasera.
***
Non so chi abbia scelto questo locale in Porta Romana, fatto sta che è un tantino rumoroso. Un tantino troppo rumoroso. Non riesco a parlare con nessuno, nonostante non si possa dire che il mio tono di voce non sia alto. Inoltre sono sempre stata un po' dura d'orecchi, dunque mi sembra di stare in un acquario dove hanno messo a palla della musica commerciale. Mi massaggio le tempie, mentre con lo sguardo basso scruto Francesco Caselli, seduto dall'altra parte del tavolo rispetto a me, poco più a destra. È seduto tra Martino Conti e Giada Farinelli, mentre io sono stretta tra Anna e il suo pancione – è ingrassata parecchio, secondo me, ma di certo non posseggo l'istinto suicida di dirglielo – e Giorgio. Ok, lo ammetto, avrei preferito mettermi vicino a Francesco, ma quando io, Anna e Riccardo siamo arrivati –in ritardo – si erano già quasi seduti tutti, persino Erica, anche lei di fronte a me, vicino a Martino e a Eleonora, l'altro aiuto-cuoca. Io mi sono sistemata accanto a Giorgio, la mia migliore amica e il marito subito dopo di me. Però almeno ho una bella visuale su Francesco, bello come il sole con la sua camicia bianca e i pantaloni neri. Non la smette di guardarmi e di sorridermi e io credo di essere regredita all'età adolescenziale, periodo a cui effettivamente risale la mia ultima vera cotta. Ogni volta che i nostri occhi si incrociano il mio stomaco fa un salto, subito dopo una capriola, prima in avanti e poi indietro, e se ne torna buono, per ricominciare non appena mi sorride. Mannaggia, quanto avrei voluto che fosse qui accanto a me: starebbe ridendo alle mie battute, non a quelle di quello scemo di Martino, e sarebbe stato salvato dalle chiacchiere insulse e noiose di Giada. Mi dispiace per lui, deve essere una tortura stare tra quei due.
«Ma lo sai che mi ha detto Erica?»
Siamo in bagno a ritoccarci il trucco. O meglio, me lo sto ritoccando io, perché tanto Anna ormai è sposata, che gliene importa della matita sbavata sotto l'occhio, per Riccardo è la reincarnazione della Venere di Botticelli versione piemontese imbruttita. Termino di picchiettarmi il rossetto sul labbro inferiore e guardo la mia amica dal riflesso dello specchio. Lei fa un passo in avanti e incrocia i miei occhi.
«Che Giorgio è passato a prendere Giada.»
Credo di aver smesso di respirare. Giusto qualche secondo, niente di preoccupante, ma devo ricordarmi di prendere aria. Le mie sopracciglia si inarcano senza che io le controlli.
«Ah», è il mio unico commento. Torno a guardarmi e mi passo le dita tra i capelli, e porca miseria, i boccoli già si stanno ammosciando. Volto le spalle allo specchio e fisso Anna, le braccia incrociate.
«Con la moto?»
Ora sono le sopracciglia della mia amica a incurvarsi. «Secondo te? Giorgio la macchina la parcheggia a febbraio e la riprende a novembre.»
«Che ne so, magari per Giada ha fatto un'eccezione. Dov'è che abita?»
«A Crocetta.»
«E non poteva venire a piedi?»
Parliamo di meno di dieci minuti, eh.
«Ma ti rode?»
Mi rode? A me? Perché dovrebbe rodermi che Giorgio va a prendere Giada con la moto? Con la sua amata Yamaha che guai a chi gliela tocca? Figuriamoci.
«Capirai che mi importa.»
Non me ne importa proprio niente. La moto è la sua, la benzina la paga lui, a me non riguarda e, ripeto, me ne importa meno di zero di chi va a prendere Giorgio Cavalieri. Sono convinta di aver chiuso la discussione, quando Anna sgancia la bomba.
«Anche perché secondo me a Giorgio piace.»
Credo di non aver capito bene. «Chi?»
Dal modo in cui spara gli occhi verso il soffitto, sono convinta che mi risponda in modo volgare. «Giada, Emma, gli piace Giada! È così chiaro e lampante!»
Resto di nuovo senza aria per qualche attimo. Poi, scoppio a ridere.
«Questa è la cosa più idiota che abbia mai sentito!»
Ma è seria? La gravidanza deve averle provocato qualche danno psicologico, è assolutamente impossibile che a Giorgio piaccia Giada! Sono del tutto incompatibili, non hanno nulla in comune! Certo, sono entrambi chef, ma insomma, due persone mica si mettono insieme solo perché gli piace cucinare. Poi Giada è così timida, silenziosa, sempre sulle sue, a Giorgio non piacciono le ragazze così, già è moscio di suo, come può mettersi con una come lei? Senza considerare il fatto che hanno dodici anni di differenza, è addirittura più piccola di me. Non ha minimamente senso che a Giorgio piaccia Giada.
«Sì, eh?»
Ignoro il tono sarcastico della mia migliore amica pazza e la guardo dritta negli occhi. «Non gli piace Giada! È passato a prenderla solo perché è gentile e ha un debole per i casi umani!»
Forse mi è uscito un tono un po' troppo isterico. Tossicchio, sentendo la gola pizzicare, e cerco di ricompormi. Mi sto scaldando troppo, senza alcuna ragione.
«Giorgio non ha tempo per una ragazza», parlo di nuovo, con un tono di voce quasi normale. «Poi chi ci pensa al locale?»
Non ci avevo pensato, ma in effetti ha una sua logica: come può pensare a una donna se le sue giornate sono totalmente occupate dalla cucina, dal menù, dagli abbinamenti dei vini e dagli impiattamenti? Stiamo facendo sempre nottata, non si sa come siamo riusciti a prenderci una serata libera!
«Infatti voi due solo con uno che lavora lì dentro vi potete fidanzare, state sempre là!»
Ok, ha ragione, ma non le darò questa soddisfazione.
«Ma poi scusa, a te può piacere Francesco e a lui Giada no?»
Come se le due situazioni potessero essere paragonabili.
«Che c'entra, è diverso», ribatto, ma Anna non mi sta ascoltando.
«Però sareste carini, sai? Tu e Francesco e Giorgio e Giada! Potremmo uscire in sei!»
La sola idea mi provoca un conato di vomito che mi sforzo di soffocare.
«Anna, piantala!»
Inghiotto a vuoto, ho la gola secca e voglio un altro bicchiere di vino. Non è più divertente, ora basta portare avanti questa conversazione idiota.
«A Giorgio non piace quella morta di sonno Giad... Giada!»
La sous-chef Farinelli, avvenente ed elegante nel suo vestito verde acido – maledizione come le sta bene questo colore, a me sbatterebbe come nient'altro – è appena entrata nel minuscolo abitacolo dove io e Anna stiamo per morire soffocate dalla mancanza di ossigeno e ci sta fissando. Che abbia sentito qualcosa? Cioè, l'ultima frase che ho pronunciato, che è una morta di sonno e che a Giorgio non piace. Anche se, in effetti, non è che abbia detto una bugia.
«Posso?» domanda, indicando la porta della toilette. Io e la mia amica annuiamo in contemporanea.
«Prego!» esclama Anna, e senza permettermi di dire altro e fare ulteriori figuracce, mi acchiappa per il braccio e mi trascina fuori. Veniamo di nuovo assaltate dal rumore del locale.
«Non dire niente!» la ammonisco e mi dirigo a grandi falcate dagli altri. Mi sento le guance in fiamme, meno male che le luci di questo posto sono basse. Quando arrivo al tavolo, trovo Francesco in piedi. Mi sta osservando con un sorriso coinvolgente sul viso. Mi considero invitata ad avvicinarmi, ma si trova ancora dall'altra parte del tavolo. Decide di muoversi lui, ma per farlo deve superare gli altri commensali, fino ad arrivare a Giorgio. Il mio socio, che ho evitato di guardare di proposito, gli fa spazio. Sento i suoi occhi su di me, ma non ho intenzione di ricambiare. È andato a prendere Giada con la moto. Assurdo, ma come gli è venuto? Ecco perché a me non l'ha chiesto, aveva già da fare. Stronzo.
«Karaoke?»
La voce di Francesco raggiunge le mie orecchie e rimango perplessa. Ha davvero detto "karaoke"? Noto che, in effetti, qualche persona non troppo intonata ha iniziato a storpiare "Maledetta Primavera", un must. Mi scappa un sorriso senza che riesca a reprimerlo.
«Perché no?», replico, dopotutto ho sempre amato cantare e non sono affatto male. Francesco mi sorride di rimando, anzi, forse non ha mai smesso, e mi porge la mano per seguirlo. La stringo con sicurezza e mentre andiamo verso il palco, non riesco a non incrociare gli occhi penetranti di Giorgio, che non mi hanno mollata per un secondo.
Note di Greta ❤
Ehilà, eccomi di nuovo qui! A rilento, ma i capitoli arrivano.
Gelosia portami via, un po' per entrambi i nostri protagonisti. Spero che vi piaccia, fatemi sapere come sempre le vostre impressioni!
Un abbraccione ❤
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