7. Rapporto
Il Millennium Falcon, una volta al sicuro, saltò nuovamente a velocità luce, per raggiungere una porzione di galassia dimenticata dalla Forza. Han impostò una rotta stazionaria nei pressi dell'orbita di un planetoide altrettanto anonimo, illuminato appena da un sole smorto, prossimo a morire. A bordo si susseguirono una serie di eventi. Per prima cosa, Han si lamentò a gran voce che avrebbe al più presto messo il guinzaglio a Chewbacca, così che non potesse mai più accadergli di ritrovarsi da solo in cabina. Lando non provò neppure a giustificare il fatto che non fosse stato lì ad aiutarlo, pensando che la ferita fosse una scusa sufficiente.
Poi i quattro si ritrovarono nella stiva a tirare le somme e a leccarsi le ferite, soprattutto Han, che ora si lamentava del fatto che una volta finita quella storia non si sarebbe alzato dal divano per almeno un mese. Luke cominciava a trovare una serie di somiglianze tra i suoi discorsi e quelli di suo zio Owen. Intanto Danrie ricevette da parte del capitano uno scappellotto dietro la testa, con l'avvertimento di non azzardarsi mai più a mettere il discussione le sue abilità di volo.
Infine, naturalmente, fecero rapporto a proposito degli ultimi sviluppi a Leia. La principessa ascoltò in silenzio tutto quello che avevano da dire, fermandoli solo per chiedere se Lando era messo tanto male da aver bisogno di cure mediche che difficilmente avrebbero trovato nei dintorni. Han rispose per il vecchio amico qualcosa sulle falsa riga di: "È da rottamare, ma ormai ci siamo affezionati". Danrie pensò che la stessa affermazione fosse calzante anche per il suo mercantile. Leia sorvolò saggiamente a proposito della questione con la nave civile, facendo comunque intendere che nel caso fossero sorte complicazione, non sarebbe stato compito suo risolvere, ma di Han.
- Quindi ora?
- Quindi, ora, avete quello che ci serve. Funziona?
- È stato più semplice del previsto. - rispose Luke, continuando a giocherellare con la bussola, come aveva fatto dall'inizio di quella conversazione con l'ologramma di sua sorella. - Il Falcon è abbastanza vecchio da leggere questo cristallo di sovralluminio e convertirlo in coordinate.
Il volto di Leia lasciò andare una parte della sua rigidità severa (acquisita in parte dopo aver saputo i dettagli della fuga da Kijimi dei suoi amici), ma sembrava ancora preoccupata: - Finalmente. Potete tornare alla base, così potremmo...
- Ci andremo ora. Siamo già qui.
Gli altri non batterono ciglia, perché a tutti e tre era chiaro che Luke avrebbe raggiunto le porte di questo fantomatico deposito a tutti i costi; persino a piedi, se fosse stato necessario. L'unica a non averlo ancora capito sembrava Leia e Han pensò che avrebbe potuto fargliene una colpa, dato che proprio lei, sorella gemella del mitico maestro Jedi e Jedi a sua volta, non aveva capito a che punto fosse determinato il ragazzo.
- Ora... - ripeté lei, poco convinta, ma non aveva scuse per ritardare, se non... - Avete bisogno di rinforzi: non vi farò andare da soli.
- Leia, tesoro. - Lando, seduto sul divanetto tra Han e Danrie, si piegò verso l'ologramma con un gran sorriso. - L'incidente con Drackon è stato, appunto, un incidente. E poi questo posto è disabitato. Dubito ci possa crescere un solo filo d'erba, figurarsi una base imperiale.
Leia non fu convinta dalle parole di Lando. Luke era determinato a proseguire e gli altri lo avrebbero seguito piuttosto che tentare di aiutarla a farlo ragionare. Ingenuamente pensava che con l'alba della Nuova Repubblica certi azzardi sarebbero stati solo vecchie memorie dei tempi della Ribellione. Forse era ancora troppo presto per questo, forse erano ancora in un tempo di transizione tra una situazione e l'altra. Alla fine, si congedò con le mille raccomandazioni, convinta che non sarebbero servite a nulla.
- Quindi, abbiamo un piano?
In effetti, no. Contrariamente alle azioni programmate da chi ha alti gradi, gente qualificata per dare ordini e fare piani che portino più al successo che alla morte, la ciurma del Millennium, in qualunque sua formazione, tendeva a improvvisare. Quindi il "piano", se così vogliamo chiamarlo, era piuttosto semplice. Atterrare, entrare, controllare che non ci fosse niente di potenzialmente pericoloso. Nel caso in cui ci fosse stato qualcosa di utile all'Impero altrimenti impantanato nella sua vergognosa ritirata, avrebbero provveduto a distruggerlo o a renderlo innocuo. Magari avrebbero caricato qualcosa d'interessante sul Falcon, se avessero trovato qualcosa di utile per la Repubblica. Luke, intanto, avrebbe girato a zonzo, cercando qualcosa che interessasse lui e fosse utile per il Nuovo Ordine Jedi che voleva ricostruire.
E così fecero: atterrarono. Scelsero il luogo più vicino all'entrata del deposito, praticamente sulla soglia, cosicché, se le cose si fossero messe male, avrebbero avuto la via di fuga a portata di mano. Il deposito, o almeno il portone di questo, era una scheggia di metallo incastrato sul fondo di una gola di roccia che si alzava per diversi metri sopra le loro teste. Intorno a loro c'erano solo le pareti di roccia e il terreno arido e grigiastro: non esattamente il luogo ideale in cui trascorrere le vacanze. L'aria puzzava di ozono.
- Abbiamo la chiave? - chiese Han, dopo aver cercato ovunque un pannello d'accesso per la porta. Così non sembrava neanche una porta, ma una parete costruita per sembrare una porta. Aveva sentito abbastanza storie su Palpatine per credere che quella fosse tutta una trappola e non ci fosse nessun deposito di sorta. Presto sarebbe stati circondati da due legioni di assaltatori e sarebbero morti.
Mentre Lando prendeva a calci un sassolino, arrovellandosi ancora per quanto stupidamente aveva abbassato la guardia con Drackon, e Danrie osservava con ansia l'altro capo della valle, come se avesse l'impressione che sarebbero ricaduti presto nei guai, Luke era concentrato.
Non era mai stato concentrato e anzi, le persone era portate più spesso ad affibbiargli la distrazione come caratteristica fondamentale. Era distratto già su Tatooine, dove sognava di essere altrove al di fuori di quella landa deserta, e il suo maestro lo aveva ripreso per questa sua propensione a pensare sempre al futuro, piuttosto che tenere d'occhio quello che lo circondava. Ma Yoda era morto, lui era cresciuto ed era concentrato.
- Una specie.
Avanzò verso la porta, superando Han come se non fosse altro che un minimo elemento del paesaggio desolato che lo circondava. Allungò una mano davanti a sé e ignorò il sospiro dell'amico. Erano pari: se lui sospirava ogni qual volta il Jedi desse sfoggio delle proprie abilità, Luke sospirava alla stessa maniera quando Han si vantava delle sue eccelse abilità di pilota.
Era concentrato. Il meccanismo non era complicato: riusciva a vederlo chiaramente, nelle profondità della terra. Percepì qualcos'altro, qualcosa di famigliare mentre sondava i dintorni, ma in quel momento era concentrato a trovare un modo per aprire la porta. Tutto ciò che mancava era una leva, qualcosa che potesse attivare tutto quanto: una chiave. Fortunatamente, come aveva appena detto, loro avevano una chiave, una specie.
Luke tese le dita, sentendo il meccanismo muoversi come se si trovasse dentro la sua testa. Riusciva a vedere questa ruota che girava...
- Si sta aprendo!
- Tirate fuori il blaster. Potremmo avere un comitato di benvenuto ad accoglierci.
Luke riaprì gli occhi solo quando la porta fu aperta del tutto. Si spalancava davanti a loro un tunnel immerso nell'oscurità. Era difficile dire quanto fosse lungo, ma nessuno pensò potesse essere breve.
- Un comitato molto misero, se posso dire.
- Meglio non abbassare la guardia. - insistette Han, tenendo alta l'arma. - Luke, vai avanti.
- Cosa? Perché io?
L'aura mitica che aveva circondato Luke si dissolse come polvere al vento. Han indicò con il blaster la spada laser.
- Ci serve luce.
- Seriamente?
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