Stay with me
Dopo che Leo al "Giardino dell'Esperadi", Altea si era anche lei ritrovata in uno stato di preoccupazione: se anche l'artista temeva per Girolamo, allora qualcosa veramente stava succedendo.
Altea conosceva il Conte Riario fin da quando lei era una bambina e lui poco più di un ragazzo perché lui spesso passava nella bottega della nonna della ragazza alla ricerca di qualche erba per aiutare i nervi di suo zio e, lì, avevano parlato qualche volta, soprattutto quando Altea, alla morte della nonna, era diventata la famosa "Dama Ametista", erborista che reperiva e creava infusi di erbe per le azioni più illegali d'Italia.
Poi si erano persi di vista per un po', quindi Altea mai si sarebbe immaginata di rivederlo proprio sulla barca che aveva portato lei, Zo e Leonardo nelle Americhe.
- Vespucci, vieni a darci una mano- aveva sentito Leonardo e i suoi passi sulla passerella.
- Artista, posso anche farcela da solo – all'inizio era solo una voce, ma era certa di averla riconosciuta fin dal principio, tanto che si era precipitata sul ponte.
- Conte Riario!
- Madonna Innocenti...- aveva alzato lo sguardo ancora dolorante, ma sempre brillante.
- Vi conoscete?! - aveva alternato lo sguardo tra Girolamo e Altea.
- E' una vecchia amica – aveva parlato lui felicitando la ragazza della definizione.
- Puoi aiutarlo allora? Si è rotto una gamba e ha diverse contusioni.
- Allora vado a preparare del lampo verde e una pomata all'arnica.
Fu così che Altea diventò "l'infermiera" dell'intera nave: ogni giorno propinava a Leonardo una tisana depurativa con tarassaco, carciofo e cardo per pulirlo dal veleno degli indios, mentre sia a Nico che a Zo dava dei fiori di Bach per rilassarli.
Ma per il Conte era tutta un'altra storia, oltre alle ferite fisiche, l'uomo aveva anche ferite psicologiche molto gravi, tanto che Altea si era vista costretta ogni sera a fargli visita in cabina.
Lo trovava sdraiato sul suo giaciglio e con calma prendeva tutti gli ingredienti, fiori di biancospino, tiglio, lavanda e papavero, e li metteva a bollire.
- Ora della pomata – si avvicinava a Girolamo, mentre lui, con calma, si spogliava della camicia e le faceva spazio dietro di lui, quindi lei iniziava a impomatarlo e lui si faceva prendere da un brivido.
- Avete le mani sempre così fredde – le aveva detto un giorno.
- Scusatemi – aveva strofinato le mani per scaldarsele.
- No, no – le aveva risposto calmo – Continuate pure, è piacevole, mi da sollievo alle ferite – le aveva sorriso gentile con gli occhi stanchi ma non assonnati.
Intanto l'acqua aveva cominciato a bollire e lei si era alzata per mettere in infusione i fiori, poi era tornata sul letto con lui.
- Stanno migliorando, alcune si sono chiuse. La gamba come va?
- Mi fa ancora male,ma credo che stia guarendo.
- Volete ancora del lampo verde?
- No, credo che la vostra tisana basti per sopportare il dolore – aveva fatto riferimento anche ad altro.
- Bene – si era alzata – Se vi servisse qualcosa di più forte, non esitate a chiederlo.
- Madonna Innocenti, non serve che facciate tutto questo.
- Magari non serve, ma io voglio farlo- gli aveva risposto secca con la determinazione delle donne della sua famiglia.
- Siete testarda – le aveva fatto un sottile sorriso beffardo prendendo in mano la tazza che gli stava offrendo.
- Faccio quello che ritengo giusto – si era seduta su uno sgabello davanti a lui.
- Anche se non me lo merito? Ho ucciso tante persone...- pareva sinceramente pentito.
- Conte – gli aveva puntato i suoi smeraldi in viso – Io vendo veleni in tutta Italia, sono colpevole quanto voi. Quello che faccio per voi, per Leonardo, per Zoroastro, per Nico e per tutti quelli su questa barca è solo un piccolo tassello del mio desiderio egoista di non essere ricordata come un mostro.
- Se vi fa stare male, allora perché continuate a farlo? - aveva preso una sorsata curiosa.
- Perché ormai è troppo tardi e io voglio sopravvivere: se smettessi adesso probabilmente qualcuno dei miei clienti più potenti farebbe in modo che io stia zitta. In più non posso campare con il solo lavoro di fioraia – Girolamo pareva senza parole, tanto che Altea si era sentita in obbligo di continuare – Lo so, è un discorso codardo, ma...
- No – Girolamo aveva incatenato con i suoi occhi brillanti quelli della ragazza – Non siete codarda, siete assennata e date il giusto valore alla vostra vita.
Altea era arrossita, non si aspettava di essere giudicata positivamente, per di più da uno come Girolamo, che aveva sempre visto distante.
- Mi allieta che voi comprendiate il mio punto di vista.
- Lo comprendo perché è lo stesso che muove me – aveva dato un'ultima sorsata – Ho finito – le aveva porto la tazza.
- Bene, allora accostatevi, spero che tra non molto vi addormentiate , quindi vi lascio tranquillo. Buonanotte – aveva fatto per andarsene con il suo libro in mano.
- Altea – l'aveva chiamata per la prima volta con il suo nome – Se volete, potete restare un pochino: questa sera non ho veramente sonno – il tono era piatto, ma quei grandi occhi tristi sembravano credere davvero in quelle parole.
La ragazza era sorpresa, non tanto per la richiesta, le era già capitato diverse volte di restare per la notte nella bottega di Leonardo a parlare fino a tarda ora, ma mai si sarebbe aspettata una richiesta del genere da parte di Riario: era sempre stato una persona chiusa, lontano dai rapporti umani. Che si fidasse di lei? Lo sperava davvero.
- Va bene, anche io non sono veramente stanca.
Da quella sera Altea aveva deciso di ridurre le dosi per la tisana, ma di aumentare il tempo passato con Girolamo, pensava che la compressione fosse la medicina migliore.
Passavano ore a parlare e lentamente la ragazza aveva smesso di stare seduta su quella scomoda seggiola per spostarsi sulle lenzuola candide del letto dell'uomo. Finché una sera non era successo l'imprevedibile.
Altea, tutta intenta a spalmare come sempre la pomata sulla schiena nuda del Conte aveva cominciato a percorrere, senza una vera motivazione, tutte le cicatrici che la ricoprivano come costellazioni nel cielo notturno: alcune erano ancora arrossate, probabilmente quelle recenti, mentre altre erano bianche come il latte, altre, appena visibili. Con l'indice la ragazza aveva cominciato a seguire il loro percorso sulla pelle liscia.
- Alcune sono molto vecchie, ancora delle scudisciate che mi dava mio padre – l'aveva fatta sobbalzare Riario con il suo tono di voce basso, anche se si poteva sentire in lontananza una leggera variazione acuta, ricordare quei momenti faceva ancora male – Quella al centro – le aveva fatto osservare una cicatrice in rialzo che attraversava la parte alta della sua schiena – Me l'ha fatta un giorno in cui sono arrivato in ritardo per la cena perché le commissioni che mi aveva dato da fare si erano protratte – l'aveva lasciata scioccata, non si aspettava una cattiveria del genere. Altea aveva cominciato a passare il pollice sulla cicatrice diafana: aveva ancora i contorni arrossati e frastagliati, la pelle morbida sotto il tatto. Senza neanche pensarci, come un istinto primordiale, la ragazza aveva sollevato la mano fredda e aveva poggiato le labbra su quella ferita, baciandola. Per un istante aveva chiuso gli occhi e aveva sentito sotto le labbra la sporgenza irregolare, così delicata, così calda, così dolorosa. Si era staccata e aveva riaperto gli occhi ancora intontita, ci era voluto un momento a capire cosa era successo sotto lo sguardo leggermente sorpreso di Girolamo.
- Sc-scusatemi! - Altea aveva messo le mani avanti e si era scansata leggermente verso la testiera del letto, ma non aveva fatto in tempo a concludere la frase che si era ritrovata la testa sul cuscino, Girolamo avventato sulle sue labbra. Era vorace, aggressivo, e ad Altea questo piaceva, la lingua che percorreva la sagoma della bocca della ragazza e poi entrava chiedendo permesso, mentre lei, capendo l'antifona, lasciava qualche morso qua e là. Si stava prendendo tutto il tempo del mondo, era quasi esasperante nei movimenti lenti della bocca, che ora si era spostata sul collo, una scia di baci fino alla clavicola, verso il petto e sempre più giù.
Si era interrotto:- Altea – l'aveva guardata negli occhi senza dire niente, mille parole in solo due pupille, che lei aveva capito tutte:- Non siate così timido – l'aveva guardato languida fiondandosi di nuovo su di lui per dargli il tempo di sfilarle gli abiti di dosso con calma, si stava godendo il momento e lo spettacolo della ragazza che si dimenava sotto di lui. Altea, oltre che inebriata dalla sapienza di Girolamo, era rapita da quanto fosse rude eppure attento, a ogni movimento o cambio la guardava per capire se tutto andasse bene, se le stesse facendo male, se anche lei fosse appagata, e non perdeva mai occasione di indugiare in un punto qualsiasi con la bocca.
Era così che il caso di una sera era diventato un'abitudine e Leonardo, ovviamente, era stato il primo a capire cosa stesse succedendo alla sua amica e al Conte, ma per una volta aveva messo a freno la sua curiosità e aveva sperato nella felicità di entrambi.
Invece quel desiderio si era rivelato solo tale e Leonardo si era ritrovato a dover consolare la sua amica, profondamente ferita ma soprattutto delusa.
- Se ce lo avessi sotto le mani, lo ucciderei.
- No Leo, non lo faresti perché non lo farei nemmeno io. Per quanto io sia ferita e delusa, credo che non si meriti un sentimento forte come l'odio.
- Innamorata? - temeva e prevedeva la risposta.
- Questo è innegabile, ma non è lo stesso per lui: dobbiamo essere oggettivi, sono stata solo uno
sfogo. Non gliene voglio, non ci perdo nemmeno tempo.
- Altea, sei troppo fredda.
Lo sai anche tu che questo è il mio modo per non soffrire. E poi ho te, Zo, Nico e Vanessa, non ho bisogno di un uomo per stare bene – non stava mentendo, eppure sapeva che per quella volta la corazza sarebbe stata più fragile.
Lo aveva rivisto dopo mesi, incatenato e debole, e la ferita si era riaperta sanguinando copiosamente amore: quel corpo buttato lì le ricordava quando si svegliava nel cuore della notte a causa degli incubi e lei tentava di farlo riaddormentare sussurrandogli parole gentili, mentre quel guizzo di follia le faceva tornare alla mente quella violenta gentilezza che usava quando stavano insieme e che le provocava brividi per tutto il corpo.
Sì, stava ancora male, ma voleva aiutarlo in silenzio senza ricevere nulla in cambio, perché quello era il solo modo per non avere rimpianti. Fino all'ultimo lo aveva visitato e sostenuto non per lui, ma per stare bene con sé stessa, perché lo voleva davvero.
E ancora ora, nonostante tutto, lo faceva perché lo voleva, senza curarsi del male che aveva subito.
Un toc toc alla porta del "Giardino dell'Esperadi" l'aveva fatta sobbalzare.
- Chiuso!
- Sono io – la voce del Conte Riario si era fatta spazio attraverso le porte e si era infilata nelle orecchie di Altea – Posso entrare?
L'ultima persona che voleva vedere in quel momento:- Sì, vengo ad aprirvi – si era rassettata la gonna e aveva aperto la porta trovandoselo davanti.
- Con permesso...- le aveva sorriso gentile facendo un passo avanti e sfiorandole con una mano il fianco.
- Venite. Vi posso offrire qualcosa?
- Magari uno dei vostri tè, se vi fa piacere – Girolamo sembrava circospetto.
- Sì, certo! - si era illuminata – Ne ho uno che ho chiamato "Paradiso primaverile" con albicocca, pesca, malva e girasole. Vi va bene?
- Sì – era più distante del solito. Si era seduto su uno sgabello davanti al tavolo e aveva seguito attento ogni movimento di Altea in silenzio religioso, fino a che lei non gli aveva versato una tazza e si era seduta davanti a lui.
- Grazie – aveva preso una sorsata e aveva riposato la tazza sul tavolo di legno. Un lungo sospiro:
-Ho parlato con Da Vinci, credo che voi lo sappiate.
- Sì, mi aveva detto delle sue intenzioni.
- Dice che siete preoccupata per me - Perché Leonardo non se ne sta mai zitto?- E io mi chiedo come sia possibile, che non ha senso – Altea aveva già aperto la bocca per giustificarsi – Io non mi merito che odio da voi - le aveva detto secco prendendo una sorsata come faceva sulla nave – Per il mio comportamento: vi ho usata, ho sfruttato il vostro corpo per darmi pace, mentre voi mi stavate donando un pezzo della vostra anima per curare la mia martoriata – il tono era tranquillo, ma venato da una leggera emozione- Beh, sì, vi ho sfruttato, è innegabile, ma in quel momento era quello che volevo davvero. Volevo voi, i vostri modi gentili, la vostra testardaggine, la risolutezza con cui affrontate la vita, ma anche il vostro viso dolce, le labbra rosee e la luce che emanano i vostri occhi verdi. Quindi, vi chiedo scusa di essere sparito, i miei demoni hanno avuto il sopravvento e ho temuto che poteste fuggire per paura. Invece mi sbagliavo, voi ci siete sempre stata e ora vorrei esserci anch'io per voi – Altea, dentro, aveva sentito le farfalle finalmente liberarsi e volare per tutto lo stomaco, era commossa da quelle parole – Non pretendo che voi mi perdoniate subito, ma vi chiedo almeno di seguirmi a Firenze, voglio lasciarmi il passato alle spalle e ricominciare, anche con voi. Accettate? - le aveva preso delicatamente la mano, guardandola speranzosa.
- Sì – aveva stretto la presa.
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