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Aveva letto così tanto le poesie, che alcune le sapeva a memoria, le ripeteva a voce alta mentre cercava altri libri, rideva e le decantava.
Stava in piedi sulla scala decantando una poesia sull’amore muovendo anche le braccia e tenendosi sommariamente. Si allungò verso un libro che non riusciva a prendere. La porta si spalancò facendo entrare qualcuno, non ci badò era probabile fosse suo padre unico a poter entrare in quel luogo senza bussare. Si allungò ancora un poco e finalmente stava per prendere il libro, quando la scala traballò troppo e lei perse l’equilibrio cadendo nelle braccia di qualcuno.
Aveva chiuso gli occhi per lo spavento, sentiva due braccia forti tenerla stretta. Cautamente aprì gli occhi trovandosi due profondi occhi neri davanti. Un viso squadrato, carnagione scura, ma non esageratamente scura.
L'uomo la posò lentamente a terra, era anche maledettamente alto, oltre che muscoloso.
«Gr… grazie.» Disse timidamente verso lo sconosciuto, le guardie dietro di lui erano sorprese dall’accaduto e dalla velocità con cui lui aveva reagito.
La fissava come se la vedesse benissimo anche dietro quel velo, si sentì insicura, piccola e indifesa. Ne era intimorita.
Pochi istanti dopo entrò suo padre, li guardò sorridendo. «Vedo che vi siete già conosciuti!» Esclamò infine.
«Amyna, lui è il tuo sposo…» Disse una quantità assurda di nomi, cognomi e quant’altro. Le sembrava quando le avevano detto il nome completo del suo cavallo. Quel pensiero la fece sorridere. Lui la guardò e di nuovo ebbe l’impressione che potesse vederla sotto il velo. Infastidita fece la linguaccia. Lui alzò un sopracciglio e si voltò verso suo padre. «Non dovrebbe star sola qui dentro, era in bilico sulla scala e per poco non si rompeva l’osso del collo. L’ho presa al volo.» Incrociò le braccia sul petto.
Quel fantastico enorme petto muscoloso, Amyna si riscosse, arrossendo a quei pensieri lascivi, e su come si era sentita bene stretta nelle sue braccia.
Lui la guardò di nuovo con mezzo sorriso. «Sei cresciuta in America..» Disse con tono quasi infastidito.
«Si, esattamente, Signore.» Di tutti i nomi detti, non ne ricordava nemmeno uno. Guardando i suoi profondi occhi neri ci vide il suo cavallo.
«Cosa studiavi?»
«Lingue.»
«Quali?»
«Inglese, francese, tedesco, oltre ad una specializzazione per l’arabo e alcuni suoi dialetti.»
Lui apparve sorpreso. Per metterla alla prova le disse qualcosa in un dialetto a cui lei rispose, poi in un altro e rispose di nuovo.
Alla fine sorrise divertito. «Piena di sorprese.» Mormorò.
Amyna emise un lieve sbuffo e borbottò. «Non sai quante.»
Lui scoppiò in una bellissima, sensuale risata, che la sciolse come il burro. Cosa le stava succedendo, non era mai stata così, anzi, uomini come lui li aveva sempre detestati, tenendoli alla larga con risposte sarcastiche e battute secche. Con il suo "quasi" marito non ci riusciva. Vedeva solo quegli occhi neri indagatori.
Suo padre sorrise e poco dopo lo accompagnò nelle sue stanze.
Amyna crollò sul divano, le tremavano le gambe. Si era eccitata a quel piccolo contatto durato pochi secondi.
Si passò una mano sul volto, lo sentì ancora caldo per i rossore che le aveva imporporato le guance.
Guardò fra le mani il libro che aveva preso.
“La Regina del deserto” non era una sola poesia, ma varie poesie dedicate al deserto e a quel paese.
Ridacchiò fra sé, lei non era una Regina, ma le sarebbe piaciuto diventarlo.
***
Cenò con suo padre e il suo futuro sposo, alla fine chiese se poteva accomiatarsi e tornò in camera sua. Anche se le piacevano i discorsi dei due uomini sulla politica generale di quel momento, non poteva fare né domande, né dire nulla. Quindi, prima che le sfuggisse qualcosa, diede la buonanotte, fece un lieve inchino e se ne andò.
Al mattino, come sempre, si preparò da cavallerizza e scese. Vide molto più fermento del solito, i cavalieri a cavallo erano il doppio ed erano vestiti in nero, tutti da berberi. Di loro si vedevano appena gli occhi coperti dai loro mantelli scuri, e seduti sopra a cavalli neri.
Le fu portato King e gli fece una carezza dolce, dopo un poco arrivò anche il gigante nero. Si voltò e vide il suo futuro sposo uscire, vestito anche lui da berbero, con il classico copricapo, però mostrava il viso.
La guardò serio e si avvicinò al grande cavallo. «Ciao Goliath.»
Lei sorrise, il nome gli si adattava. Salì su King, con un movimento fluido, lo guardò: anche lui senza aiuti salì sul cavallo che scalpitava.
Per la sua stazza era giusto quel cavallo, un'altra tipologia avrebbe reso lui ridicolo. Ma su Goliath era maestoso, o meglio, cavallo e cavaliere erano maestosi.
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