capitolo 8

"Chi siete?" chiesi rivolgendomi alla ragazza dai capelli azzurri; sentivo intorno a lei un'aura potente, magica, che non sapevo spiegarmi.

"Chiamatemi Astrid Thalassios." Rispose lei.

"Non vi ho chiesto come vi chiamate, ma chi siete." Risposi io irritata. Non mi piaceva che le persone interpretassero le mie domande a loro piacimento, non in situazioni come quella.

"Lo so cretese, ma i nomi sono potenti, e possono dare una spiegazione molto più accurata di quella che potrebbe dare un romanzo intero su chi io sia."

A quel punto intervenne Cole: "sentite, non può bastarci il vostro nome in questo momento. Chi siete? E cosa volete da Melissa?"

La sconosciuta allora allungo una mano sopra la superfice cristallina dell'acqua e un tridente di bronzo comparve nella sua mano.

"Sono Astrid Thalassios, figlia di Poseidone e prediletta di Atena; e voi mortali? Voi chi siete ?

"Io sono Melissa, principessa di Cret-" "Non mi riferivo a te, la tua è una storia diversa, complicata. Parlavo ai due giovani che ti fanno da... scorta?"

Stava scherzando?! Si trova davanti una ragazza armata e pensa che io abbia bisogno di una scorta?

"Semmai è lei che fa da scorta a noi" sdrammatizzò Jason. "Comunque io sono Jason Nikostratos, generale dell'esercito ateniese, uccisore dell'Hydra, figlio di Menesteo di Atene." Ero stupita, un mio commilitone era un principe e non mi aveva informata? Chissà se capiva la situazione che avevo vissuto per anni a Creta? Chissà se sapeva cosa significava vivere una vita che non si riesce a sentir propria?

"Io sono Cole Hideratos, generale Cretese, portabandiera del mio popolo, conquistatore di Mikonos e dell'esercito barbaro."

Chi ero io in confronto a quei tre? Nessuno, non avevo fatto nulla nella mia vita per meritarmi di essere li in quel momento. Mi inchinai rivolgendo la mia devozione sia alla semidea che ai miei due compagni perché si meritavano che non fossi solo io ad essere riconoscente loro ma molti altri dovevano fare un passo indietro e guardare più agli altri e non solo a loro stessi.

"Che fai li per terra?" mi chiese Cole divertito.

"Alzati Melissa, tu più di questi due qui con te dovresti ricevere ammirazione." Non capivo; è vero, ero una principessa ma tutto qui, non avevo mai preso decisioni iche avevano avuto importanza, non avevo mai fatto nulla.

"Io sono solo io." Riuscii a dire. "Non ho fatto nulla e per tanto non mi merito nulla."

La ragazza mi porse una mano e mi aiutò ad alzarmi. "Hai fatto molto più di quanto immagini Melissa, ricorda le mie parole."

"Voi nemmeno mi conoscete, come potete dire ciò di una persona a voi sconosciuta?" le chiesi leggermente irritata.

"Sono progenie divina, mia cara, certe volte so molto più di ciò che vorrei." Mi rispose lei in tono gentile per poi rivolgersi a Cole. "A proposito, mi dispiace molto ma i vostri destini dovranno prendere strade diverse, è stato deciso così." Cole arrossì per poi sbiancare di botto ed abbassare lo sguardo, era... ferito?

Lui, uno dei più forti uomini che conoscevo era capace di crollare così di fronte alla notizia di qualcosa che non era ancora accaduto e che potenzaialmente poteva non accadere mai.

"che intendete dire?" chiesi alla semidea che nel frattempo aveva riposto il tridente in una collana d'oro.

"Lui lo sa, e questa non è la nostra priorità ora." "E quale sarebbe allora?" chiese Jason seccato, beh, come dargli torto dopotutto, quella avrebbe dovuto solo essere una visita di perlustrazione ed invece ci stavamo trattenendo troppo.

"Intanto torniamo alla nave, poi le cose andranno come le Moire vorranno."

"Aspetta, torniamo? Cosa ti fa pensare che noi vogliamo prenderti a bordo?" cheesi io.

"Voi avete bisogno di me, non lo sapete ancora ma presto la mia presenza sulla vostra nave sarà di vitale importanza."

"Dobbiamo fidarci di lei?" mi sussurrò Jason ad un orecchio.

"Non vedo ragioni di diffidare, almeno per ora; e poi è un'eletta e discendente degli dei." Gli risposi io.


Pochi minuti dopo eravamo nuovamente sulla nave, i soldati erano rimasti inizialmente seccati dalla presenza di un'altra donna ma, appena avevano scoperto chi era, avevano iniziato a trattarla con estremo rispetto mentre io le perdevo sempre più.

Trovai Jason che lucidava una spada a doppio taglio nell'armeria della nave, anche alla fioca luce delle candele i suoi occhi risultavano comunque più azzurri del cielo e i suoi capelli più dorati del grano.

"Scusa se disturbo." Dissi io entrando nella stanza. "Non disturbi Melissa, tanto qui ho finito." Disse lui riponendo la sua spada nel fodero attaccato alla cintura e riponendo gli strumenti che aveva utilizzato.

"Volevo chiederti perché non mi hai detto di essere un principe? Sai che avrei capito, sono una regale anche io." Gli dissi mentre ci incamminavamo nello stretto corridoio della nave; il soffitto era così basso che il ragazzo si dovette chinare leggermente per passare senza battere la testa.

"Perché non lo sono, o meglio non più. Ho tre fratelli maggiori, si occupano e si occuperanno loro della politica, a me erano rimaste poche scelte e ho scelto di fare il soldato; ora ho la certezza di aver scelto bene." Ancora una volta questo giovane era capace di lasciarmi senza parole, aveva rinunciato al trono per diventare un soldato?! Se anche io avessi potuto scegliere avrei fatto la stessa cosa.

"Sai, siamo più simili di quanto pensassi. Mi sei simpatico Jason, vedi di restare vivo in questa guerra." Gli dissi io sorridendogli per poi dirigermi alla mia cabina.


La cabina dove alloggiavo non era molto grande, aveva lo spazio di cui necessitavo, non le grandi stanze del mio palazzo a Creta; la parte che più preferivo della stanza erano le grandi finestre che davano sul mare, da esse entrava sempre molta luce e un alone azzurrato inondava le pareti di legno chiaro. Un letto, uno scrivano, delle tende di seta bianca ed una libreria erano gli unici arredi della stanza.

Da quel giorno avrei dovuto condividere la mia cabina con Astrid, ero abbastanza felice della cosa, nelle notti di temporale era un po inquietante dormire da sola nella cabina di una nave con i soldati che urlavano ordini sul ponte.

I soldati avevano persino insistito che la semidea avesse una cabina privata e che essa fosse la più grande della nave, ella aveva ringraziato ma aveva detto che preferiva condividere la cabina con me. Il mio arrivo, invece, era stata tutta un'altra storia: mi ero dovuta sistemare con i rematori fino a quando Jason, che era il capitano della nave, non mi aveva offerto la sua cabina.

Ero sicura che su quella nave il rispetto me lo sarei dovuta guadagnare faticosamente, a suon di spade e con la determinazione e lo spirito combattivo che nessuno pensava potessi avere.

Ma io ero li proprio per quello, non ero una ragazza come le altre ed era ora che il mondo lo capisse.

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