capitolo 17
Le guardie mi strattonarono in malo modo per tutto l'accampamento fino a che non raggiungemmo la tenda di Agamennone e di mio padre; mi costrinsero ad inginocchiarmi, le mani legate strettamente da una corda dietro la schiena, e mi strattonarono il capo all'indietro, così che i due generali potessero vedermi chiaramente in volto.
"Bene bene, vedo che non c'è fine all'insubordinazione." Disse Agamennone esaminandomi con uno sguardo tra lo scandalizzato e il malizioso.
"Evidentemente il discorsetto che ti ho fatto a Knosso non è bastato a farti mettere la testa a posto." Disse mio padre voltandosi verso di me per poi tirarmi uno schiaffo sul lato destro del viso che iniziò subito a bruciare mentre i miei occhi si riempivano di lacrime per il dolore e per la paura.
"Padre..." Tentai di supplicarlo di capire ciò che avevo fatto e le ragioni per le quali lo avevo fatto ma vidi un lampo di furia correre negli occhi grigi dell'uomo che interruppe la mia parola sul nascere.
"STAI ZITTA STUPIDA RAGAZZA!" sbottò mio padre prendendomi per le spalle in modo brusco e spintonandomi all'indietro per farmi tacere.
"Sono stanco di sentire la tua voce, se fosse per me tu ora saresti già stata giustiziata per raggiro ed insubordinazione, per una buona volta chiudi quella bocca se non vuoi che sia io a trovare un modo per farlo!"
"Via, via, Idomeone, non mi sembra affatto il caso di sprecare così una giovane di così bell'aspetto; potrebbe tornare molto utile nel momento in cui si dovesse reclamare un qualche premio." Disse Agamennone cercando di calmare mio padre e rivolgendomi poi un sorrisetto malizioso che non trovai troppo rassicurante.
Alle parole dell'Atride però non potei far altro che rabbrividire pensando a ciò che quegli uomini, che avevo visto così possessivi ed avari nei confronti delle ragazze che consideravano come loro premi di diritto, avrebbero potuto fare di me e del mio corpo ma decisi di stare in silenzio anche perché la furia di mio padre nei miei confronti mi aveva scossa parecchio.
"Portatela via." Tagliò corto mio padre voltandomi nuovamente le spalle.
Mi fecero alzare in piedi e fui nuovamente trascinata via dalle guardie, i polsi che mi bruciavano per il contino strofinare sulla corda che li legava insieme, la guancia dove mio padre mi aveva schiaffeggiata che bruciava e probabilmente arrossata.
Mentre i soldati mi conducevano bruscamente in giro per l'accampamento vidi Jason uscire dalla sua tenda, il suo sguardo si incrociò con il mio e fu in quel momento che la paura prese il controllo su di me.
"JASON!" Gridai disperata cercando di dimenarmi dalla presa delle guardie, inutilmente, dato che quelle mi strattonarono via ancora più violentemente.
Cercai di dimenarmi altre volte per poter tornare dal ragazzo che mi aveva rubato il cuore ma il massimo che riuscii a ottenere fu che caddi in avanti dopo che una guardia mi aveva tirato un calcio in uno stinco dato che continuavo a dimenarmi.
Persi totalmente l'equilibrio dato che avevo le mani legate dietro la schiena e il mio viso andò a schiantarsi sul terreno causandomi un fortissimo dolore al naso che iniziò a sanguinare copiosamente e ritrovandomi anche numerosi graffi sul viso.
Avrei voluto gridare a Jason che lo amavo, avrei voluto correre tra le sue braccia, al sicuro, avrei tanto voluto ascoltare ciò che Jason mi aveva raccomandato giorni prima e essere restata al sicuro; ma non avevo il potere di tornare indietro nel tempo, nessuno lo aveva.
Fui portata in una tenda vuota, le mani mi furono strattonate dietro la schiena e furono legate ad un massiccio palo di legno contro il quale fui costretta a sedere; il mio viso, un tempo roseo e ricoperto di lentiggini ora era pieno di lividi violacei e graffi, del sangue mi usciva ancora dal naso per la caduta di prima.
Sospirai, ma dalle mie labbra non uscì altro che un gemito di dolore e disperazione; io non ero scappata da Creta per questo, non avevo annullato la mia identità per poi essere costretta alla prigionia.
Ero consapevole che le Moire tessessero il filo della mia vita e che quel filo poteva venir tagliato da un momento all'altro ma mai come in quel momento mi ero sentita in bilico tra la vita e la morte.
Era ormai calata la sera quando sentii la tenda aprirsi e vidi qualcuno venirmi incontro: tenni la testa bassa, cercando di ricompormi un minimo.
Vidi un paio di schinieri che si piazzavano davanti a me mentre il loro proprietario si inginocchiava davanti a me e mi prendeva il mento tra due dita, costringendomi ad alzare lo sguardo per incrociare il suo.
"J-Jason... cosa ci fai qu?" chiesi con la voce rotta e leggermente incrinata.
"Volevo sapere come stavi, non posso sopportare di vederti in questo stato, principessa." Disse lui quasi in un sospiro, il tono della sua voce era dolce e calmo, ma sapevo che era triste e spezzato, forse persino più di me.
"Principessa una volta forse, ora credo di essere a stento una ragazza." Dissi, guardando nuovamente a terra.
"Mels." Disse Jason senza ottenere risposta.
"Mels, guardami." Insistette prendendomi il mento tra le dita nuovamente.
Alzai lo sguardo e vidi i suoi occhi che una volta erano di un azzurro così intenso, ora erano quasi grigi, sbiaditi, spenti; ed era colpa mia.
"Come ci hanno ridotti, eh bellissima?" chiese lui mentre mi accarezzava delicatamente il profilo del viso con le punte delle dita.
"Non lo so, mi dispiace Jason, è colpa mia, è tutta colpa mia, ho sbagliato tutto. Jason perdonami..." dissi mentre la mia voce si spezzava e qualche lacrima scendeva sulle mie guance.
"Cosa? No no, Melissa, amore mio, non è colpa tua, nulla di tutto questo è colpa tua. Tu hai fatto solo ciò che il tuo cuore e il tuo istinto ti dicevano di fare e sei così coraggiosa e forte e determinata nonostante tutto e... sono così fiero di te. Tu non hai sbagliato nulla, sei perfetta Mels. Non prenderti la colpa di cose che nessuno può controllare." Disse ma le sue parole furono interrotte da una guardia che entrava nella tenda.
"Tempo." Disse il soldato in tono freddo e impassibile.
"Datemi solo un altro minuto." Disse Jason al generale per poi voltarsi di nuovo verso di me.
"Ascolta, noi troveremo una soluzione, okay? Verrò a liberarti e poi potremo tornare insieme. Resisti." Disse il biondo in tono conciso ma senza fretta.
"Lo farò, per te, promesso." Dissi io cercando di trattenere le lacrime.
"Resisti e ti giuro che farò tutto ciò che è in mio potere per riportarti da me Melissa."
"Soldato, devi andartene." Insistette la guardia facendo un passo verso Jason che però ignorò la situazione.
"ti prometto che non appena potrò farò in modo che tu sia il mio premio, troverò un modo, e una volta che saremo di nuovo insieme nulla e nessuno ci separerà, mai più" Disse Jason a bassa voce, quasi in un sussurro portando la sua fronte contro la mia.
Mi sarebbe piaciuto rimanere in quella posizione per sempre ma presto Jason fu strattonato via da me dalle guardie che ormai dovevano aver perso la pazienza.
Mentre il biondo si allontanava sentii il mio cuore spezzarsi ed una parte di esso se ne andò con il ragazzo che amavo.
Una volta che Jason fu uscito dalla tenda chinai nuovamente il capo, non riuscendo a trattenere un singhiozzo che mi fece tremare leggermente.
Non sarei mai riuscita a resistere, nonostante lo avevo promesso a Jason, era una cosa troppo grande da portare avanti da sola.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top