capitolo 15


Pochi minuti dopo che fummo sbarcati dalla nave io, Jason ed il resto dei soldati appena arrivati ci radunammo al centro dell'accampamento, schierati in ranghi ordinati, pronti ad ascoltare il discorso di Agamennone, re di Micene, che sarebbe stato il capo dell'esercito.

Passai in rassegna gli uomini che si trovavano alle spalle del condottiero, erano altri re: ne riconobbi alcuni per sentito dire come Achille, dai capelli biondi come il grano, o come Patroclo, al suo fianco, che con sguardo risoluto e curioso studiavano tra le fila di noi nuovi arrivati.

Poi il mo sguardo fu catturato da un paio di occhi marroni che erano fissi esattamente nella mia direzione; preoccupata mi sistemai meglio l'elmo in testa, sperando che l'uomo non sospettasse nulla anche se in quei due occhi color cioccolato avevo visto celata una grande astuzia e un'intelligenza che non avrei dovuto sottovalutare.

"Soldati, non sono qui per darvi il benvenuto e spero che voi non ve lo aspettiate." Prese parola Agamennone.

"Se siete qui, se siamo qui noi tutti, è perché morire non ci fa paura: abbiamo lasciato i nostri padri, le nostre spose e i nostri figli a casa per venire a combattere per qualcosa di assai più grande di ciò che ci siamo lasciati alle spalle." Continuò l'uomo spostando lo sguardo tra i vari schieramenti.

"Spero siate pronti e consapevoli di ciò che vi aspetta perché qui un singolo momento di distrazione può costarvi la vita e può costare a noi tutti la vittoria."

"Ho in oltre l'onore di presentarvi re Idomeneo di Creta che da oggi sarà il mio secondo in comando..." non appena sentii il nome di mio padre sbiancai e smisi di seguire il discorso di Agamennone.

Non potevo minimamente credere che mio padre fosse lì, a Troia, non sapevo nemmeno avesse lasciato Knosso.

Ero preoccupata all'idea di averlo intorno per l'intera durata della guerra: se prima avevo paura di essere smascherata da qualcuno come donna, figuriamoci quanto la mia ansia fosse aumentata da quel momento.

Evidentemente Jason capì la mia situazione perché mi prese la mano ed intrecciò le sue dita con le mie, infondendomi un senso di calore e sicurezza che solo lui mi sapeva dare.

Finché avevo lui ero al sicuro. O almeno, questo era ciò che pensavo.

Il giorno dopo mi svegliai ore prima dell'alba, indossai l'armatura e uscii dalla mia tenda. Avevo deciso che non mi avrebbe potuto far male prendere un po d'aria da sola essendo me stessa, almeno per qualche minuto.

Stavo appunto camminando tra due file di tende che fungevano da dormitori quando sentii dei passi provenire da dietro di me: spaventata mi nascosi nella prima tenda vuota che trovai: peccato che capii troppo tardi di non essere sola.

Istintivamente portai una mano alla spada, preparandomi ad attaccare o a difendermi da chiunque si trovasse in quella tenda con me.

"Chi sei?" chiese una voce, una voce che riconobbi come quella di Cole.

"C-Cole, sono io." Risposi titubante, non sapendo se avessi fatto veramente bene a fidarmi.

"Melissa?! Che ci fai qui? Mi avevi promesso che saresti restata sulla nave e che ti saresti fatta riportare a Creta il prima possibile." Disse lui incredulo mentre io abbassavo definitivamente la guardia.

"Io... ti ho mentito, ecco. Mi dispiace Cole ma ho dovuto, altrimenti non mi avresti mai lasciata sbarcare e combattere.

"Infatti: ed avrei avuto ragione a non volerti qui; io non ti voglio qui Melissa, per il tuo bene e per quello di tutti è meglio se ti fai riconoscere. Scappa, torna a casa; questo non è il tuo posto." Disse lui in tono freddo, molto più distante di quanto non fosse mai stato.

"No, ora sono qui e non ho la minima intenzione di andarmene. E, tanto per essere precisi, non sono più Melissa." Dissi io in risposta con lo stesso tono distante che aveva usato il mio amico.

"Ah no? E chi saresti allora?" chiese lui facendo un passo verso di me per esaminarmi più da vicino.

"Nessuno." Gli risposi in tono piatto. "Non sono nessuno; solo un soldato che compie il suo dovere." Continuai.

Cole restò in silenzio per qualche attimo per poi scuotere la testa.

"Non ti riconosco più Melissa; cosa ti ha ficcato in testa quell'Ateniese, eh?" Disse lui, alludendo a Jason.

"Non tirarlo in mezzo, lui non c'entra nulla con tutto questo: è una cosa che ho scelto io di fare e che io sto portando avanti da sola." Dissi

"Lui sa tutto e ha deciso di coprirmi perché, se tu non te ne fossi ancora accorto, mi ama più di quanto dovrebbe e questa cosa è un pericolo più per lui che per chiunque altro ma lui sembra non curarsene perché vuole che io raggiunga il mio sogno e che impari dai miei errori da sola." Dissi, iniziando ad alterarmi leggermente.

"Melissa, c'è un motivo se gli ateniesi ci odiano! Lui ti sta solo usando per poter spodestare il nostro governo e dì vendicare tutti i giovani che tuo nonno Minosse ha mandato a morire in quel labirinto. Non lasciarti andare alle sue lusinghe Melissa, ti prego." Disse lui.

"Tu non lo conosci Cole, non sai nulla di lui. Ed evidentemente non sai molto nemmeno di me se hai tutti questi pregiudizi sulla nostra storia e non riesci a fidarti del mio giudizio." Dissi.

"Hai ragione, non mi fido di te, non più da quando lui è entrato nella tua vita. Per questo non ti ho detto nulla della mia situazione e del perché io ora mi stia nascondendo in questa tenda come una donnetta." Disse, suscitando la mia curiosità.

"Beh, io ti ho detto tutto ciò che ti servisse sapere di me perciò ritengo giusto che tu ricambi il favore." Dissi.

Lui annuì e prese un respiro profondo chiudendo gli occhi per un attimo prima di iniziare a parlare.

"Io... non dovrei essere qui, a combattere; sono un disertore, più di chiunque altro. E tutto perché mi sono lasciato ammaliare da ciò che sapevo di non poter avere."

"Spiegati meglio." Sbottai io, un po delusa dalla sua mancanza di fiducia nei miei confronti.

tic diventava più insistente.

"Si chiama Cassandra, lei è-" "è la sorellastra di Paride, quello che ha portato via Elena a Menelao." lo interruppi, facendo un passo indietro, stupita.

"Tu... no, dimmi che non è vero, dimmi che scherzi. Cole..."

Lui sospirò e fece per dire qualcosa ma il rumore di passi proveniente dalll'esterno lo costrinse a tacere.

Mi guardai intorno cercando una via d'uscita: presi un elmo e me lo infilai in testa per poi dirigermi verso l'uscita della tenda che si trovava dal lato opposto rispetto a quello da cui provenivano le voci dei soldati.

"Ciao Cole." Dissi senza guardarlo per poi uscire dalla tenda.

Dopo qualche secondo sentii alle mie spalle la tenda aprirsi nuovamente e capii che Cole era uscito dal nostro nascondiglio.

Non mi voltai, non lo guardai; ignara della rabbia che avevo scaturito in lui.

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