capitolo 14


Avete presente la sensazione che si prova quando il tempo scivola, veloce e irrefrenabile, tra le mani e sembra di vivere la vita come se essa fosse un film; il resto del viaggio verso Troia per me fu così e i tre giorni che ci separavano dal momento in cui saremmo sbarcati sulla terra nemica passarono in un battito di ciglia.

E lentamente, quasi come l'azione di un veleno, più volevo stare con Jason, e godere della sua compagnia e del nostro amore, più mi rendevo conto che il tempo che avevamo a nostra disposizione era ormai agli sgoccioli.

L'ultimo giorno che passai sulla nave fu sicuramente uno tra i più memorabili della mia vita.

Innanzitutto per la prima, e forse anche ultima, volta mi sentii parte dell'equipaggio di quella trireme quando ci radunammo tutti nella mensa per discutere sul piano d'attacco del giorno seguente come avevo sempre visto fare agli uomini dell'esercito di Darrethen e come io avevo sempre sognato di fare.

Ma questo fu nulla in confronto a ciò che successe dopo, durante quell'ultima notte di viaggio.

Mi trovavo nella mia cabina a sciogliermi i capelli dalla treccia che avevo tenuto durante il giorno per essere più comoda nell'allenarmi quando sentii bussare alla porta.

"Avanti." Dissi alzandomi, i piedi nudi che rabbrividirono leggermente al contatto con il pavimento della nave e lasciando la mia lunga chioma rosso fuoco a ricadermi sulla schiena, coprendo la leggera scollatura del mio abito.

Fu Jason, con mia sorpresa, ad aprire la porta della mia stanza.

"Ciao." Disse semplicemente avvicinandosi dopo essersi richiuso la porta alle spalle.

"Ciao." Risposi io con un lieve sorriso.

"Non ti avevo mai vista con i capelli sciolti." Osservò il biondo portandomi una ciocca, che mi copriva il viso, dietro l'orecchio. "Stai bene," constatò con un sorriso, inclinando leggermente il capo verso destra.

"Grazie." Risposi io, felice del piccolo complimento.

"Sai che non devi ringraziarmi per queste cose, sto semplicemente dicendo la verità, principessa." Disse lui avvicinandomisi ancora di più e avvolgendomi dolcemente le braccia attorno alla vita.

"lo so, ma continuerò a ringraziarti comunque." Dissi io con un piccolo sorriso mentre gli poggiavo dolcemente una mano sul petto coperto dall'armatura.

Jason sorrise leggermente per poi avvicinarsi per baciarmi; fu un bacio lungo, meno timido di quelli che ci eravamo scambiati fino ad allora.

Dopo qualche istante chiusi gli occhi, perdendomi in quel bacio che stava lentamente diventando più intenso. Sentii Jason portare una delle sue mani sulla mia nuca, come se avesse paura che io mi tirassi indietro; lentamente feci scorrere le mie dita lungo le sue forti braccia: partendo dai dorsi delle mani ed arrivando fino ai lati del suo collo, dove posai le mani dolcemente.

Un gemito quasi inudibile lasciò le mie labbra quando sentii la sua lingua sfiorarmi timidamente le labbra, come se mi stesse chiedendo il permesso per andare oltre; mossi le mani dal suo collo portando le braccia attorno ad esso e schiudendo le labbra con un lievissimo sospiro.

Capii, come se fosse un sesto senso a dirmelo, che Jason aveva paura: paura di perdermi, mi amava, voleva che avessimo un futuro insieme, voleva farmi felice. Ma aveva paura. E questi sentimenti riuscirono a farmeli capire perfettamente attraverso il bacio che stavamo condividendo.

"So che se ti dicessi di non prendere parte alla guerra e di tenerti al sicuro tu non lo faresti comunque. Però ti prego promettimi che farai attenzione, per favore." Disse il biondo con l'affanno dopo che ci fummo staccati per prendere fiato. "Tutto quello che vuoi." Dissi io in risposta tornando a cercare le sue labbra.

Mi sentivo quasi in paradiso: Jason mi accarezzò nuovamente le labbra con la lingua per poi esplorare al loro interno mentre la mia lingua si intrecciava alla sua. Nessuno dei due aveva intenzione di fermarsi, sapevamo si starci spingendo più avanti di quanto avessimo mai fatto, ma non ci importava.

La consapevolezza che probabilmente uno dei due non sarebbe uscito vivo da quella guerra ci stava facendo dimenticare di tutto il resto, quella sensazione mi opprimeva il petto, divorandomi lentamente e non avevo intenzione di sprecare più nemmeno un secondo.

Jason mi sollevò da terra prendendomi per la vita e mi adagiò dolcemente sul letto, sdraiandosi sora di me; sentii il materasso sprofondare leggermente sotto il nostro peso mentre il biondo scendeva con le labbra sul mio collo.

"Jason, non so se dovremmo... gli altri potrebbero sentirci..." dissi mordendomi il labbro inferiore pensierosa ma lui mi portò un dito alle labbra zittendo ogni mio dubbio. "Se non ora quando?" chiese in un sussurro, la voce leggermente rauca che mi portò a sentire un brivido percorrermi la schiena.

Annuii mentre lui tornava a baciarmi ardentemente il collo lasciando qualche piccolo segno rosso. Pensai che per lo meno il mattino dopo avrei avuto l'armatura a coprirmi spalle e collo, altrimenti non avrei saputo spiegarmi sotto lo sguardo deluso, e forse anche un po offeso, di Cole.

Jason lentamente iniziò a sfilarmi la veste bianca mentre le mie guance si tingevano di un leggero rossore sotto il suo sguardo liquido che percorreva il mio corpo.

"Se prima ti reputavo bella ora penso che quella parola non sia minimamente abbastanza per descriverti, nessuna parola che io conosca è abbastanza." Disse lui incatenando i suoi occhi azzurri nei miei.

"Allora non parlare." Dissi io in un sussurro puntellandomi sui gomiti per portare il mio viso più vicino al suo. "Non dire una parola e mostrami quanto mi ami." Conclusi mentre lui si sfilava la tunica per poi tornare sopra di me.

Ora, se non ci fosse stato il terrore di perderlo da un momento all'altro credo che non mi sarei spinta così oltre con Jason ma in quel momento nulla aveva importanza al di fuori di noi due.

"Non hai idea di quanto io ti ami Mels, non ne hai assolutamente idea, principessa." Mormorò lui, la voce leggermente rauca, mentre con le mani scendeva dolcemente lungo il mio corpo.

"Oh, io credo di avere un'idea invece." Risposi io sussurrando nel suo orecchio. "Ma perché non me lo dimostri comunque...?"

Delle prime ore del giorno seguente ho vaghi ricordi: io che mii sveglio tra le braccia di Jason nella mia cabina, con le prime luci del sole a scaldarmi la pelle.

Quel giorno la guerra avrebbe avuto inizio e nessuno avrebbe mai potuto accettare che una donna come me vi prendesse parte, e nemmeno io potevo farlo ma nemmeno potevo pensare di mollare tutto ora che ero così vicina a quello che era stato il mio sogno per tutta la mia vita.

Avevo bisogno di un modo per prendere parte a questa guerra senza essere riconosciuta.

Mi portai davanti allo specchio ed esaminai il mio corpo: avrei fatto non poca fatica a fingermi un uomo ma dovevo farcela ad ogni costo.

Spostai il mio sguardo dai miei piedi in su, fino agli occhi ed in essi vidi riflesso un verde smeraldo che però aveva già perso un po della lucentezza che lo aveva caratterizzato fino a pochi istanti prima: stavo iniziando a perdere la mia identità, ed era così che le cose dovevano andare.

Alzai una mano e la portai ad una ciocca dei miei capelli rossi, vi feci scorrere dentro le dita lentamente, con cura, prendendo lentamente consapevolezza del fatto che sarebbe stata l'ultima volta che lo facevo.

Pensai a quando, solo la notte prima, era stato Jason a fare quel gesto e sperai che non reagisse troppo male a ciò che stavo per fare; capii che il resto di me potevo nasconderlo sotto l'armatura, i capelli, rossi e lunghi, quelli non potevo nasconderli in alcun modo e questa era una questione che andava risolta.

Lentamente portai la mano destra al manico del pugnale che si trovava su un mobile li accanto ed estrassi la lama dal fodero: fissai per qualche istante il mio riflesso nel metallo freddo prima di raccogliere tutti i capelli nell'altra mano e portarli sulla spalla. Fissai il loro riflesso un'ultima volta, con un triste sospiro, per poi portarmi la lama verso i capelli e tagliare via la maggiorparte della loro lunghezza con un colpo secco ma preciso.

Se prima avevo una chioma rosso-fuoco che arrivava oltre alla metà della mia schiena ora mi ritrovavo i capelli che non superavano le spalle.

Non appena mi vidi allo specchio dalle mie labbra uscì un leggero urlo di disperazione per ciò che avevo appena fatto. Mi passai nuovamente le dita tra i capelli, cercando di abituarmi al cambiamento il più in fretta possibile ma non potei far nulla per fermare le lacrime che scesero a bagnarmi le guance.

Non avevo appena tagliato via solo più di venti centimetri dei miei capelli, ma anche la mia storia, la mia identità.

Sentii la porta aprirsi alle mie spalle e, attraverso lo specchio, vidi Jason entrare nella stanza: non appena mi vide strabuzzò gli occhi e fece per dire qualcosa ma io glielo impedii perché non appena lo vidi mi fiondai tra le sue braccia, nascondendo la mia faccia nell'incavo del suo collo.

Lui ricambiò immediatamente la stretta e prtò una mano alla mia nuca, passando le dita tra quel poco che restava dei miei capelli.

"Cosa hai fatto Mels?" mi chiese in un sussurro lui, continuando a tenermi stretta a se.

"Non ne ho idea, so solo di averlo fatto, per proteggermi: per proteggerci tutti." Risposi io, la voce leggermente rotta dal pianto che non era ancora cessato.

Sospirai, mentre Jason si allontanava leggermente per esaminare la mia nuova capigliatura.

"Stai bene anche così, bellissima." Mi disse lui baciandomi dolcemente la sommità del capo.

Sorrisi, Jason era capace di farmi sorridere anche quando avevo appena tranciato via la mia identità, il mio segno distintivo.

"Grazie." Risposi con l'accenno di un sorriso mentre mi asciugavo le ultime lacrime che transitavano sulle mie guance lentigginose.

Un corno risuonò per la nave: velocemente mi misi l'armatura e calzai l'elmo in testa, guardandomi allo specchio non mi riconoscevo più.

Uscii sul ponte della nave insieme a Jason, restammo mano nella mano il più a lungo possibile ma, quando iniziai ad intravedere gli altri soldati aggirarsi per il ponte feci scivolare la mia mano via dalla sua stretta sicura.

"Pronta?" mi chiese lui dolcemente ma in tono fermo. Annuii soltanto, non gli rivolsi una parola, non uno sguardo, Non avevamo più tempo, non avevamo più la possibilità di stare insieme, era ora di aprire gli occhi alla realtà.

Era il momento: il momento di scrivere il mio destino

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