Cap.5 - [Disperazione]

Prefettura di Tokyo, ore 12:30.

Sento il rumore della pioggia che cade sul suolo.
Si appoggia delicatamente sulle foglie delle piante, sprofonda negli oceani e sbatte sul pavimento.
Mi rilassa, mi porta nei miei mondi immaginari dei quali sono invidiosa.

Vivo in un paesino costernato da pioggie, immerso nella natura.
Chiusa in quattro mura dipinte di bianco, arredata con due mobili.
Sono un anno e sette mesi che non esco di casa.
L'unica cosa che voglio è mio figlio.
Sono disperata.
Voglio morire.
Non riesco a capire come si possa essere privati di un figlio in questo modo.
Mi è stato portato via...
Ho il tremolio, non dovrei scrivere ma ne ho bisogno.
Le lacrime stanno bagnando il foglio sul quale sto scrivendo.
Non riesco a smettere.
Rivoglio la mia vecchia vita di sempre, vorrei che lui fosse qui accanto a me e mi dicesse che sono una mamma troppo apprensiva e che dovrei lasciargli spazi.
Mi manca come fosse l'aria.
Ho il cuore lacerato, è stato ferito troppe volte.
Non si riaggiusteranno mai le ferite.
Mi sento vulnerabile e fragile.
Cosa ho fatto di male, per il quale tutto ciò sta capitando a me...

"La povera donna smise di scrivere per le forti lacrime che scesero dal suo viso distrutto e bianco cadaverico per la morte di suo figlio.
Non riuscì a superare la morte ed in quel momento capì quanto la vita sia importante, che i momenti quotidiani che le persone hanno
un giorno potrebbero andare perse.
Basta poco.

"La donna, dalle forti lacrime accasciò la testa sul libro, ineggiando il nome del figlio ripetutamente.
Solo da quel momento ebbe realizzato che era tutto vero, suo figlio era scomparso.
La stanza era tutta buia e soltanto la luce dell'abat-jour , nell'angolo destro in alto della scrivania, illuminò lei sofferente.
Si addormentò con le lacrime in procinto di scivolare sul suo viso, adagiata sofferentemente sul quaderno, seduta alla scrivania."

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