Lei, che guardava il cielo.

Era una ragazzina uguale a tutte le altre. Non era né troppo alta né troppo bassa, aveva i capelli come le sue coetanee, gli occhi erano nella norma, non aveva nulla di particolare. Prendeva l'autobus come tutte, andava a scuola come tutte e come tutte aveva preferenze su libri e film.

Lei non andava male a scuola, anzi, ma nessuno la prendeva in giro per questo. Veniva trattata bene e lei amava quel rispetto reciproco. Non era la migliore e doveva metterci tutta la sua forza di volontà per riuscire a prendere un buon voto, ma ci riusciva, il più delle volte.

Però in una cosa era diversa: le sue candide ali.

Nessuno poteva vederle, ma lei le avvertiva chiaramente, pesanti sulla schiena. Si afflosciavano sul suo corpo quando leggeva, erano ben dritte quando arrivava a scuola la mattina, premevano contro la sua schiena quando si sdraiava a pancia in su.

Ogni volta che il suo sguardo si posava su uno stormo di uccelli che migravano o semplicemente si libravano in aria, sognava di saper volare ed essere libera come loro. Poter vedere il mondo da sola.

Ogni mattino alzava lo sguardo verso l'azzurro, desiderosa di arrivarci.

Ma le sue ali erano troppo piccole per poter volare. Non l'avrebbero sostenuta.

Aveva provato tantissime volte a saltare dal suo letto cercando di rimanere almeno per pochi secondi sospesa in aria, ma l'unico risultato erano lividi su gambe e braccia.

Nessuno però li notava, come le ali. Erano invisibili per tutti.

Era una questione di tempo prima che scoprisse che le ali potevano anche crescere.

Fu quando un giorno le venne detto bruscamente di tacere che sentì un pizzicorio sulla schiena, seguito da un brivido. Le era cresciuta una piuma.

Quella ragazza qualsiasi si accorse che le piume crescevano dopo gli eventi spiacevoli, grandi e piccoli, come un segno del fatto che fosse capace di sopportare il dolore.

Era grande ormai. Nessuno si rivolgeva più a lei come prima, non era più una bambina, e per questo le sue ali crebbero velocemente in poco tempo.

Non era abituata, tutto qui. Se lo fosse stata, forse sarebbero rimaste semplicemente quelle piccole alucce che non la sostenevano nemmeno nei salti.

Solo che spesso le frasi crudeli non venivano dagli altri, ma da dentro di sé.

Forse hanno ragione, farei meglio a tacere.

Le parole le facevano male, che fossero sue o degli altri.

La sua unica consolazione era sapere che le sue ali diventavano ogni giorno più grandi e belle.

L'unica cosa che ti piace di te stessa è invisibile a tutti.

Ogni giorno guardava il cielo malinconicamente e piano piano iniziava a chiedersi se ne valesse la pena.

Sentire tutte quelle cose, da persone che credeva vicine...

"Non siamo mai state amiche."

"I miei problemi sono più grandi dei tuoi."

Forse sì... Forse voglio solo attenzioni... Sono un'egoista...

Perfino studiare le divenne ancora più impegnativo, e non volle più uscire di casa.

Non faceva più sport.

Non parlava con nessuno.

Era già via, sul vento. Lassù, in cielo.

Le sue ali erano diventate ingombranti, gli altri continuavano a schiacciarle e pestarle poiché lei era costretta a trascinarle per terra come un mantello per quanto erano diventate grandi.

A nessuno interessa davvero se soffro, eppure continuo a provare a farlo vedere.

Nonostante tutti i segnali che cercasse di lanciare, nessuno li vedeva o li afferrava o capiva cosa stesse succedendo. Non era colpa di nessuno, né sua né degli altri.

Mi hanno tutti... Abbandonata...

Suo padre doveva partire.

Sua madre non cercava nemmeno di capire il perché del suo stato d'animo.

Si sentiva sotto continua osservazione e giudizio. Sempre. Perfino da chi non conosceva.

Prendere un voto basso, seppur sufficiente, era abbastanza per farla scivolare dal suo labile equilibrio.

"Credo che sia un modo frettoloso e impulsivo di risolvere qualcosa" sentiva dirsi. Sapeva che erano parole giuste, e che lei era sempre stata troppo debole per provare.

Non eccelleva mai in nulla, era sempre e solo mediocre.

Non una brava studentessa.

Non una fantastica ragazza.

Né bella.

Né troppo gentile.

Nemmeno brava a fare quello che le piaceva.

Però voleva disperatamente attenzioni, da tutti.

Non so fare niente... Nemmeno volare. Non sono utile a nessuno. Voglio poter scappare. Voglio poter andare via.

Sei stupida. Non sai fare altro che lamentarti quando basterebbe agire per risolvere i tuoi problemi.

Debole. Troppo debole.

"Va tutto bene?"

No! Non va tutto bene! Vi odio, vi odio tutti!

"Hey, perché piangi?"

Io non ce la faccio. Sarebbe così semplice...

"Rispondi però!"

Non... Trattatemi... In quel modo...

Scusate. Scusate.

Un giorno decise che sarebbe volata via. Ormai le ali erano enormi, abbastanza grandi da portarla in luoghi lontanissimi.

Ogni persona, ogni parola o gesto che le avevano causato sofferenza si erano materializzate attaccandosi a lei, alla sua schiena e ingigantendo le ali fino a che lei non riuscì quasi più nemmeno a stare in piedi per il loro peso.

Non aveva più provato a volare da quando era piccola, ma salì sul balcone di casa e spiegò le ali contro il vento.

Assaporò l'aria che sbatteva sul suo viso anonimo e faceva danzare i capelli passati sempre inosservati.

È così difficile rendere tutti orgogliosi. Si sbaglia così facilmente. Ma adesso sarà tutto molto più semplice. Basta guardare avanti.

Le passò tutto davanti agli occhi.

Era tutto troppo buio da sopportare. Faceva male. Voleva andare via.

Voglio farlo...

Quando iniziò a cadere giù forse non se ne accorse nemmeno.

Le sue ali erano troppo pesanti e la stavano trascinando verso terra, come se volessero essere risucchiate all'interno di essa. Le troppe piume la stavano facendo precipitare.

Impaurita, chiuse gli occhi. Ma quando li riaprì stava planando dolcemente verso il cielo.

Era leggera, eterea e dolce, della stessa sostanza trasparente e impalpabile delle sue ali.

Aveva sempre desiderato volare e finalmente lo stava facendo. Volava leggiadra verso le nuvole. Era felice.

Non le importava del suono delle sirene, delle urla disperate della madre o del corpo stranamente somigliante a lei, steso in una pozza di sangue sul marciapiede.

Quasi non le importava nemmeno del ragazzo che prendeva a pugni il muro, pensando di non poterla più tenere tra le braccia. Ormai per lui era andata.

Oh...

Quasi.

Si accorse solo in quella forma che effettivamente c'era chi voleva bene anche a una ragazza anonima come lei.

Oh...

Forse qualche buona caratteristica la aveva. Era solare. Gentile. Buona con tutti, anche con chi la trattava da nemica. Sotto un certo aspetto si poteva anche definire bella. E essere la seconda della classe era segno di grande intelligenza.

Ormai però non poteva fermare il suo volo.

L'unico momento in cui si sentì davvero egoista fu quando capì il dolore che aveva portato a chi le voleva bene.

Ma ormai era tutto finito. Avrebbe dovuto aspettare che gli altri tornassero da lei.

Aveva la possibilità di volare dove desiderava, ma restò per sempre seduta accanto a chi l'amava. Perché capì finalmente ciò che poteva far crescere le ali al posto del dolore, senza che esse la attirassero verso il basso.

L'amore.

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