4^capitolo
Rientro a casa. Il suono dei pensieri sembra rimbombare fra le pareti, come se cercasse di soffocare un grido disperato. Vado in cucina, dove trovo mio padre seduto a tavola e mia madre, con un occhio nero, che serve i piatti. Per tutto il pranzo rimaniamo in silenzio, in un doloroso silenzio. Ormai la nostra situazione familiare è così, ci teniamo tutto dentro e facciamo finta di niente. Vedendo quell'uomo mi viene da piangere, urlare, gridare al mondo di cosa è capace di fare. Ma l'unica cosa che faccio e infilzare le penne al sugo e portarmele alla bocca. È mio padre ad interrompere l'imbarazzo:
-Vado a lavorare
Così si alza dal posto, si dirige verso l'appendipanni e dopo qualche secondo si sente la porta sbattere. Io fisso mia madre, sempre con rigoroso silenzio, e con quello sguardo gli comunico tutto quello che provo. Lei mi risponde con un sorriso visibilmente forzato, fatto solo per incoraggiarmi. Senza dire niente vado in camera mia e mi fiondo sul letto. Le lacrime scendono lentamente e mi riscaldano il viso. Ma le asciugo subito: mi è successo di peggio, non vale la pena sprecare lacrime per cose che mi accadono quotidianamente. Prendo il lettore mp3 e infilo lentamente le cuffiette nelle orecchie. Metto la canzone '39 dei Queen. Mi piace tantissimo, mi ricorda momenti felici, le giornate passate in famiglia anni fa con il cd dei Queen nello stereo. Mi permetto, per l'ennesima volta, di sognare. Sognare una vita migliore, una società migliore, un mondo migliore. Ma sono solo una ragazza di 17 anni, con una scintilla speranza e nessuna esperienza. A quest'età la vita dovrebbe essere più spensierata, e invece no, per me almeno non è così. Chiudo gli occhi. Forse, un giorno, potrò fare la differenza.
Spazio autrice:
Spero che la storia vi stia piacendo...per qualche consiglio lasciate un commento!
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