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Risa cattive e grida disperate, come schegge roventi in fondo al cranio. Ombre nere tramutate dalle fiamme in spettri paurosi contro il sipario della notte.

Tavish urlava e si dibatteva, lottando contro lacci e pastoie invincibili. Urlava, urlava, urlava...

Quando si sentì afferrare e scuotere, si rivoltò come una belva furiosa, spingendo sotto di sé l'avversario e levando il pu­gno duro come pietra per colpire.

- Tavish, noooo!!! -

Occhi grandi e scuri in un volto pallido come la luna.

Il silenzio della notte inghiottì la sua furia e Tavish riconobbe la ragazzina, arrestando la mano serrata a un pollice scarso dal suo viso.

Crollò a sedere tremando sconvolto.

- Per i sette gironi di Kariun! Cosa ci fai qui? -

- Dormivo fuori, giuro! - balbettò Shamira senza osare muoversi. - Poi tu gridavi... Cre­devo che qualcuno uccideva te! Gridavi tanto forte! - singhiozzò affranta.

- Era per questo che non ti volevo intorno - borbottò avvicinandosi piano, sfiorandole la gota umida con dita incerte. - Quando mi succede non capisco quello che faccio. Io... Mi... dispiace. -

La ragazzina si spinse a sedere e si passò la piccola mano sul viso, tentando un debole sorriso.

- No importa. Nessuno fatto male. Brutto sogno fa paura, ma no ferisce. Adesso lascia che io aiuta te dormire bene. -

- Aiutarmi? Sei una maga, forse? - sospirò dandole uno scappellotto che somigliava molto a una carezza. Poi le volse le spalle scuotendo la testa.

- Tu no ride! Anche io brutti sogni! E allora sorella grande cantava me buona canzone e brutti sogni andare via! -

- Certo, brutti sogni. Magari un mostro cattivo che ti tirava i piedi quando dormivi – disse ironico riaggiustando le coperte sconvolte.

- Tu burli! Tu no credi me! - protestò la ragazzina indispettita. - Anche tu avere brutto sogno se cattivo Kadir  voleva arrostire te con suo drago! -

L'ombra di sorriso sul volto di Tavish scomparve come non fosse mai esistita.

- Che... che storia è questa? - chiesecon voce roca.

- No storia! Tutto vero! Io volevo vedere valle dove una volta era mio villaggio. An­ziani dicono sempre quanto verde e alberi e acqua pulita. Così io salito collina - raccontò simulando con le piccole dita i passi di qualcuno che salisse con fatica. - Ma valle verde come mai stata. Solo grandi buchi, dove uomini scavare per cercare non so cosa. Tutto brutto e sporco. Niente alberi. Niente erba. Acqua come fango. Io triste. Poi Kadir con drago piove su me da cielo - disse allargando le braccia e muovendole come fossero ali, inclinando il corpo nell'imitazione di una picchiata.

- Suo vento mi butta giù, lunga per terra. Io guarda drago e drago guarda me. No riesco a muovere e drago comincia a gon­fiare per soffiare suo fuoco. Però... poi cosa strana. Altro drago attacca lui. Io no visto niente altro. Scappata senza fermare sino mio villaggio. E brutti sogni per tanti giorni. Però sorella grande Naima cantava a me sua canzone e allora brutti sogni an­dare via! - e così dicendo trasse dalla giubba il piccolo ciondolo di metallo grezzo, come a dar concretezza a quel ricordo con l'unica cosa che le rimaneva di lei. 

Le mani di Tavish ora tremavano, come avesse la febbre.

- Tu no bene! Troppo tempo no dormire - stabilì la ragazzina prendendo tra le sue una di quelle palme grandi e gelate. - Ora mette giù, io canto per te e tu stare bene ancora. -

Tavish, stranamente docile, si raggomitolò sulla vecchia coperta sdrucita, lasciando che la ragazzina lo rimboccasse come fosse stato lui un bimbo spaurito.

Poi udì la sua voce chiara levarsi nel buio in un canto che sapeva di sole e frutti ma­turi, spazi sterminati e terra scura. Un'unica lacrima tracciò sulla sua guancia polverosa un solco simile a una cicatrice.

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