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- Me lo dici perché Kieran ce l'ha tanto con te? -

Tavish interruppe il meticoloso lavorio del coltello con un sospiro.

Erano al terzo giorno di navigazione. Anche se ai due ragazzi era stato riservato un viaggio da ospiti, erano troppo abituati alla perenne attività per starsene con le mani in mano e avevano trovato il modo di rendersi utili anche nelle mansioni giornaliere della galea, fosse aiutare in cucina piuttosto che tener lustro il ponte.

Ma in quelle ore del primo pomeriggio, in cui il sole picchiava e riduceva al minimo il lavoro dell'equipaggio, i due giovani compagni si erano trovati un angolino in ombra vicino alla cambusa, dove sonnecchiare e ingannare il tempo. Di solito Tavish intagliava con il coltello qualche scheggia di legno pescata chissà dove, mentre Shamira si sforzava di mettere a frutto le lezioni di Mastro Kasey sul libro che le aveva regalato.

Tavish era paziente quanto Shamira curiosa. A volte erano proprio le parole del libro a ispirare le domande della fanciulla, se non ci pensava il tedio di un passo particolarmente difficile. Di solito il compagno soppesava il quesito prima di rispondere. Quella volta il suo silenzio si protrasse così a lungo che lei si pentì di aver parlato.

- Scusami... A volte dovrei proprio mordermi la lingua. -

- No... - sospirò mestamente il giovane. - Hai diritto di saperlo, visto che sei dovuta fuggire anche tu per questo. Il comandante Kieran era il mio mentore... e io ho ucciso suo figlio, Dreki - disse con voce spenta.

Shamira sobbalzò. Lei quel nome lo aveva già sentito!

Tavish aveva abbandonato il lavoro di intaglio in grembo. I suoi occhi si erano fatti distanti e infinitamente stanchi.

- Le cave di pietraluce di Kreen sono sempre state un luogo dove confinare gli indesiderati di Lanita, buoni solo per fare i muli nel lavoro sfiancante della miniera. E i guardiani venivano scelti con il medesimo criterio. Io ci ero stato spedito per la mia inettitudine allo sciacallaggio, Dreki per il motivo opposto. Se suo padre non fosse stato chi sai, probabilmente lo avrebbero mandato direttamente ai lavori forzati - sospirò.

- Dreki aveva un'indole prepotente, uno di quelli che da bambini si divertono a uccidere un cane a bastonate solo per vedere che effetto fa. Che poi fu il motivo per cui gliele suonai il giorno che ci siamo conosciuti. Quando Kieran iniziò a istruirlo alle armi, credo che mi fece suo compagno sperando che potessi contenerne le intemperanze. A suo modo, almeno a quei tempi, credo mi considerasse davvero un amico e mi dava retta. Ma diventare un Kadir offrì a Dreki l'opportunità di poter esercitare le proprie peggiori inclinazioni ed essere pure pagato per farlo. Anche quando non era necessario. Quel giorno, sulle colline di Kreen, ti avrebbe fatto arrostire dal suo drago solo per ingannare la noia. -

- Vuoi dire che tu... - balbettò Shamira.

- No, non l'ho ucciso quel giorno... purtroppo. Quella volta mi sono limitato a fargli fare un bagno fuori programma: il suo drago ha perso l'assetto e sono finiti entrambi in un bacino di drenaggio. Comunque Dreki non me la perdonò. Non gli bastava che fossi stato degradato, ci si mise d'impegno per rendermi la vita un inferno... e ci riuscì abbastanza bene.

È stato più o meno in quel periodo che ho sorpreso Naima nel magazzino dei viveri. Ho voluto bene davvero a tua sorella... anche se la mia era anche disperazione. Ero solo un ragazzino: non ne potevo più di essere solo.

Non so quando Dreki l'ha scoperto. Seppe dove ci incontravamo di nascosto e si portò dietro quattro dei suoi nuovi compari, per esser sicuro che non avremmo avuto scampo. Sì, li ho uccisi, lui e tutti gli altri! Concedendogli quella morte rapida che negarono a Naima... -

Il volto di Tavish era livido, gli occhi un cumulo di nubi pronto a sciogliersi in pioggia. Li chiuse e la sua voce divenne atona, come se parlasse di cose accadute a uno sconosciuto.

- Kieran ottenne di potersi occupare personalmente della mia punizione. Non avevo neppure più la forza di urlare. Sarei dovuto morire allora e invece, non so come, sopravvissi. Il resto lo sai... Quando me lo sono trovato davanti allo squero mi si è gelato il sangue. Ero terrorizzato. Gli è stato facile cogliermi alla sprovvista con gli occhi del Kadir. Se Diarmid non si fosse messo in mezzo, non sarei riuscito a muovere un solo passo. -

Shamira, pallida e atterrita da tutto quanto aveva udito, rimase colpita da quell'ultima osservazione.

- Gli occhi del Kadir? Cosa significa? -

- Credo di avertene accennato una volta. È l'ultima prova per diventare un Kadir. Ricordi? Quella volta, quando Dreki ti sorprese sulle colline, non riuscivi a muoverti anche se sapevi che il suo drago stava per ucciderti. È uno dei poteri di quelle belve intrappolare le prede con lo sguardo. Un Kadir deve essere in grado di domare quella malia e usarla a sua volta. Più o meno bene tutti i Kadir sanno esercitarla contro le persone non addestrate. In pochi contro un altro Kadir. -

- E Kieran è uno di quei pochi? -

- Sì, è abbastanza abile, molto più di me sicuramente. Inoltre mi ha colto di sorpresa. E mi odia. La collera aiuta. -

Shamira spalancò la bocca sorpresa.

- Allora avevo ragione! C'erano delle volte che guardavi i sorveglianti dell'uliveto in un modo... E quando eravamo in fila insieme! Pensavo solo che avessero paura di te! -

- Oh, sì, ne avevano, anche se non capivano esattamente perché - sogghignò Tavish al ricordo. - Con loro era persino troppo facile. Ottusi come cinghiali. Io volevo solo essere lasciato in pace, ma a te non davano abbastanza da mangiare e ti imbrogliavano sul compenso. E poi han tentato di separarci quella volta di Gola Secca. Praticamente mi ci hanno costretto! -

- L'hai fatto anche con me! Quella notte, quando i pirati ci hanno sorpreso sul molo. -

- Volevo solo aiutarti a sopportare la paura! - si affettò a giustificarsi. - Non... Non potrei mai costringerti a far qualcosa che non vuoi! -

- Lo so... - sussurrò la fanciulla posandogli il capo contro la spalla e avvolgendogli il braccio con il proprio.

Tavish arrossì avvertendo i contorni del suo giovane corpo attraverso il leggero tessuto della camicia, ma non osò ritrarsi. Il tepore di quel contatto gli placava il cuore.

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