28
Il tamburo rullava come un cuore ansioso. La folla faceva eco rumoreggiando sommessamente, onde di un mare inquieto confinato dalle transenne ai quattro lati della piazza, illuminata dalle torce e pavesata con i gonfaloni delle contrade.
Tavish, nella tunica blu del rione del Golfo, cercò di ignorare gli astanti concentrandosi sul canapo spesso che serrava tra le mani, il corpo teso come la corda di un arco, i talloni a far leva contro una pietra sporgente del selciato.
- In tutte le città del regno si fanno contese di tiro alla fune, ma non c'è l'uguale con quella di Triana! Dovresti sentirti onorato, ragazzo! - aveva proclamato Diarmid, quando l'aveva informato di averlo ingaggiato per la contesa.
- Ma... ma io sono uno straniero! Non credo che... - aveva tentato di protestare.
- Sciocchezze! - lo aveva interrotto l'ometto con uno svolazzo definitivo della mano ossuta. - Ti abbiamo accolto e hai lavorato alle nostre barche, che sono la vita stessa di questa città. Ormai sei un trianese anche tu. E questo comporta delle responsabilità, specie se si ha la tua forza! - stabilì con veemenza. - È da un intero lustro che la contrada del Golfo non vince il palio della Cavicla, un affronto che deve finire! - E giù a seguire tutta la decantazione di storiche squadre del passato e delle loro gloriose vittorie.
Di fatto Diarmid non mentiva circa la particolarità pressoché unica della tenzone di Triana, diversa da ogni altra nel regno di Lanita e probabilmente anche fuori. La gara, infatti, non si svolgeva tra due, ma tra ben quattro squadre di tiratori che si affrontavano contemporaneamente.
Al centro della piazza veniva posto un palco quadrato rialzato, di circa due passi di lato. Sopra, esattamente al centro, era collocato il simbolo delle quattro contrade.
Si trattava di una grande ruota di legno stesa su un fianco, nel cui mozzo era inserito un vistoso cavicchio di ferro munito di sonagli. La Cavicla, appunto.
La ruota, dipinta di giallo, rappresentava il rione dei Mercanti. La spessa banda di metallo che la fasciava, tinta di rosso, era per gli Artigiani. I raggi della ruota, otto come i venti principali che spiravano a gonfiar le vele, erano in blu, per la contrada del Golfo. La Cavicla, normalmente usata per fissare il giogo dei buoi al timone dell'aratro, era in verde, per i Contadini.
Quattro spesse gomene venivano legate a croce sulla ruota e le squadre, di sei uomini ciascuna, in un totale di sei tirate, avrebbero affrontato le altre in contemporanea, di volta in volta cambiando diposizione fino trovarsi tutte le avversarie direttamente di fronte. Lo scopo era far cadere la ruota con la Cavicla dalla propria parte del palco.
Ora gli uomini del Golfo si trovavano di fronte la fortissima contrada degli Artigiani, che aveva raggiunto il loro stesso punteggio. Erano alla sesta tirata, l'ultima, quella decisiva.
Quando il rullo del tamburo si concluse con un forte colpo, la folla esplose in un boato assordante, mentre i contendenti mettevano nelle gambe tutte le energie residue.
Quello era il segreto per una buona tirata. Più che le braccia erano le gambe a dover lavorare, piccoli passi per prender l'abbrivio e fiaccare la resistenza degli avversari, fino a trascinarsi dietro tutto e tutti.
In lizza tra un paio di colleghi dello squero e tre robusti marinai, Tavish opponeva tutto il proprio peso alla trazione esercitata dai concorrenti, puntellandosi contro i conci sporgenti della piazza, le mani come tenaglie intorno al canapo spesso, le braccia tese in tutta la loro lunghezza...
- Spingete, spingete, spingete! -
Col cuore che pompava come un mantice e ogni tendine teso allo spasimo, si rese conto che stavano lentamente indietreggiando.
- Forza, ancora, FORZA! -
E finalmente lo strappo finale, il colpo della ruota che cadeva e l'urlo impazzito dei blu, che rovesciarono le transenne e invasero la piazza, travolgendo i campioni col loro entusiasmo lungamente deluso.
Tavish si sentì morire. Mani innumerevoli e sconosciute si allungarono ad afferrarlo, stringerlo, sollevarlo...
- No! Per favore! Smettetela! - supplicò, rauco e inudibile, dibattendosi come un pesce preso nella rete.
Fu un'altra voce, limpida e perentoria, a guadagnargli la libertà.
- Va bene festeggiarlo, ma adesso restituitemelo! Il fratello è mio, dopotutto! -
L'ardita protesta suscitò un gran coro di risate, ma infine il giovane poté tornare coi piedi per terra e quando una piccola mano ruvida afferrò la sua, vi si aggrappò come un cieco che incespicasse in un territorio sconosciuto, lasciandosi guidare attraverso la marea che, magicamente, gli faceva ala intorno.
Crollò senza fiato contro una parete spoglia, la vertigine che si ritraeva con il quietarsi del suo cuore, rendendogli gradualmente l'uso dei sensi. Quando finalmente il ronzio di vespaio che gli riempiva le orecchie si spense, udì i richiami angosciati.
- Tavish! Tavish! -
Levò lo sguardo e incontrò il volto livido di Shamira, gli occhi lucidi come fosse sul punto di scoppiare in lacrime.
- Sto bene... Adesso passa... - mormorò tentando un pallido sorriso.
- Non è vero! Sei bianco come uno straccio lavato! -
- Anche tu... -
- Solo perché mi hai spaventata a morte! - protestò lei con voce spezzata.
- Ci sono cose... che han lasciato segni peggiori di quelli che porto sulla schiena - spiegò chinando lo sguardo imbarazzato. - Stare tra la folla mi toglie il fiato... -
- STUPIDO! - singhiozzò la fanciulla agghiacciata dalla scoperta. - Ti ho costretto a seguirmi tutto il giorno tra quella massa di esagitati! Perché non me l'hai detto? -
- Perché non voglio più nascondermi come una cozza su uno scoglio... - sospirò sfiorandole una guancia umida. - Devo imparare di nuovo... È come prendere una medicina amara ed è più facile se con me c'è qualcuno di cui mi fido... Va meglio, adesso... Vieni! Tra poco ci sono la premiazione e i fuochi volanti! -
- No, adesso noi andiamo a casa! - stabilì Shamira severa. - Troppa medicina fa male. E se davvero ti fidi, mi dai retta! - disse prendendolo risolutamente per mano.
- Va bene, va bene! Sono troppo stanco per discutere! - rise divertito da quello sfoggio di autorità, rimettendosi in piedi e spolverandosi sommariamente il fondo delle braghe.
Il tempo del riposo, però, avrebbe dovuto attendere ancora.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top