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La disavventura con i trafficanti di schiavi, alla fine di tutto, portò a entrambi un'inspe­rata fortuna.

Quando si erano allontanati, la pioggia aveva ripreso a cadere con nuova veemenza. Fu, letteralmente, l'ultima goccia per Shamira. Stremata dalla stanchezza e dagli spaventi, fradicia e intirizzita, non crollò al suolo solo perché il compagno fu lesto a sostenerla.

Tavish l'aveva sollevata tra le braccia come fosse un fuscello e, adocchiando un bar­baglio di luce all'estremità del porto, vi si era diretto senza esitare.

Erano finiti così nell'arsenale di Triana, dove vascelli di ogni foggia e dimensione ve­nivano approntati e riparati per affrontare il mare. La luce giungeva appunto da uno dei capan­noni, dove alcuni trianesi, tra schiocchi e colpi di mazzuolo, erano intenti al riallestimento di una feluca, un'agile imbarcazione a vela usata nella pesca dei tonni.

- Per carità, asilo! - supplicò il ragazzo spalancando la porta socchiusa con una brusca spalla­ta.

Per un momento era calato un gran silenzio. Poi fu tutto un vociare e un trapestio.

Per quella gente di mare la vista del giovane grondante d'acqua, con la fanciulla stret­ta tra le braccia, fu l'evocazione stessa delle tante vittime di procelle e tempeste che avevano visto negli anni. Il circolo di donne, occupate nel rammendo di una vela, si mise in movi­mento con l'istinto delle chiocce verso dei pulcini dispersi. I due giovani furono guidati presso il fuoco, tenuto sempre acceso sotto la caldaia della pece per il calafataggio, avvolti in coperte asciutte, ristorati con bevande calde e cibo.

E ovviamente obbligati a raccontare nel dettaglio il filo delle loro sventure.

- Io e mia sorella siamo arrivati in città stamattina... - Shamira allargò gli occhi alle pa­role di Tavish, ma invece di contraddirlo gli posò il capo contro la spalla, le palpebre soc­chiuse e un lieve rossore sulle guance. - Eravamo diretti qui al porto per cercare lavoro, ma quando è iniziata la burrasca, in piazza è successo il finimondo e ci siamo persi. L'ho ritrovata poco fa, in mano a un branco di negrieri...

Un coro carico di biasimo si levò istantaneamente.

- Canaglie! -

- Povera piccola! -

- Chissà che spavento! -

- Trafficare in persone come fossero bestie! E il gastaldo lascia fare! -

- Ragazzo, se sei stato capace di dare una lezione a quel maiale di Cormac, il lavoro lo hai già trovato, e pure tua sorella. Io sono Diarmid e questo è il mio squero. Dovremo faticar tutto l'inverno per preparar le barche per la prossima stagione di pesca. C'è da lavorar sodo qui dentro e delle braccia in più fan sempre comodo. Te la senti? - disse un ometto dall'età indefinibile, con la pelle cotta dal sole e i capelli arruffati bianchi come il sale, tendendogli la mano callosa.

- Grazie - rispose Tavish stringendola con fermezza nella propria.

- Adesso però lasciateli riposare, poveretti! - si impose una donnina minuta quanto au­toritaria. -Per oggi ne hanno passate sin troppe! -

- Va bene, Maire, come sempre hai ragione tu. Al lavoro, forza, che la Wylan non si ri­parerà da sola! Voi altri rimettetevi in sesto, che da domani ci sarà da sgobbare. Vedremo di trovarvi un posto dove stare. -

Iniziò così la loro nuova vita a Triana.

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