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Che stesse capitando qualcosa di nuovo Shamira lo capì quando, improvvisamente sbilanciata, finì a sedere per terra. La catena non tirava più. Alzò gli occhi e vide che il suo guardiano aveva lo sguardo perso altrove, l'espressione stranita. Poi ci fu un gran trapestio, minacce che divennero guaiti di dolore e una successione di tonfi corredati da urla quando in tre precipitarono in acqua. Infine il carro sussultò come se fosse stato incornato da un toro e di tra le ruote Shamira scorse l'orco che l'aveva catturata afflosciarsi al suolo come un sacco sgonfio.
L'individuo a bordo non attese oltre: balzò a terra e si dileguò neppure avesse visto il diavolo stesso alle calcagna. Ma non appartenevano a nessuna creatura infernale quei piedi dentro a un paio di calzature logore e infangate che stavano aggirando la vettura.
Pioggia e lacrime le offuscavano la vista, tuttavia Shamira non ebbe difficoltà a riconoscere la sagoma dalle ampie spalle e ad aggrapparlesi al collo. Quando le sue braccia la avvolsero in un abbraccio, tutto il gelo che si sentiva dentro si sciolse in lunghi singhiozzi.
- Adesso ce ne andiamo - promise Tavish accarezzandole i riccioli scuri. - Prima però dobbiamo toglierti quest'arnese... Sai chi ha le chiavi? -
La fanciulla tirò su col naso e scosse il capo. Poi si passò il dorso della mano sul viso e guardò verso il carro, dove il gruppo di schiavi stava osservando con silenzioso interesse gli ultimi sviluppi. Cosa si dissero in quella loro lingua esotica, Tavish poté solo immaginarlo, ma non ci volle molto intuito per capire cosa intendessero quando alcuni di loro si sporsero indicando il trafficante accartocciato sul pontile.
Calpestando con apparente casualità alcune mani che si erano aggrappate al bordo della banchina, causando nuovi strilli e tuffi indesiderati, tornò dal malconcio masnadiero per perquisirlo.
- Non fapevo che eva fua, giuvo!!! - biascicò attraverso la bocca sdentata di fresco l'uomo, che a sentirsi strattonare e frugare, temette stesse per piovergli addosso un'altra dose di randellate. - Diceva di non aveve padvone la fua baffavda! -
Bastarda. Anche se smozzicata la parola suonò inconfondibile. Fu il modo in cui lo guardava Shamira da dietro l'angolo del carro, gli occhi spalancati e sgomenti, a trattenerlo dal fracassargli la testa sul pontile come fosse un frutto marcio. Serrando i denti fino a sentirli scricchiolare, afferrò il laccio con le chiavi e glielo strappò dal collo. Poi, senza dire una sola parola, liberata l'amica, le lanciò ai prigionieri.
Non rimase a guardare il resto. Presa Shamira per mano si allontanò in quel suo cupo silenzio senza curarsi d'altro.
Solo ore più tardi, davanti al grato tepore del fuoco acceso di un capannone nell'arsenale, dove avevano trovato al contempo ospitalità e lavoro per entrambi, la fanciulla osò interrogarlo.
- Cosa dire uomo prima che tanto ha arrabbiato te? -
- Non-non è importante - borbottò Tavish preso alla sprovvista. -
- Tu volevi uccidere! Visto io! Quando tu hai occhi di Kadir pure drago avere paura di te! Non arrabbi così per cosa non importante. Cosa dire uomo? -
- Gli occhi del Kadir... Era tanto che non la sentivo questa - disse il giovane con un sorriso amaro. - Lo sai che per domare un drago bisogna riuscire a sostenere e vincere il suo sguardo? Il mio maestro diceva che avevo innato un certo talento. Funziona anche con le persone. -
- Ora tu cambi discorso per non dire! - protestò ostinata. - È per quella parola, vero? Lui chiamato così me anche prima tu arrivi. E altri prima di lui quando io venuta a Lanita. Però non so cosa significa bastarda. Nessuno mai detto. Se insultare me, almeno voglio capire! -
- Sei sicura? -
Il roco sussurro della sua voce quasi si perse nel mormorio del fuoco.
- No. Ma voglio capire uguale. -
Tavish sospirò, poi la guardò e le sfiorò con una carezza timida la guancia liscia, dove capeggiava un grosso livido.
- Voi di Kreen avete la pelle color del cioccolato dolce. Invece la tua è chiara, come quella di noi lanitani. Ti sei mai chiesta il perché? -
- In mio villaggio altri come me. Maschi e femmine, tante estati quanto me. Anziane dire che stato per colpa di Kadir, che presa nostra valle e spaventare mamme quando noi era ancora in loro pancia. Pelle bianca di paura. Però... mio padre fare sempre faccia strana quando sentiva storia, come se avere male in qualche posto. E poi penso che se paura tanta, perché nostre mamme non diventare bianche pure loro? Storia per bambini, come favola. Allora, perché io e altri è così? -
Tavish guardava il fuoco ora, gli occhi grigi assorti in qualcosa che lui solo poteva vedere.
- Quando... Quando un esercito invade un paese... quello che succede dopo la battaglia... Tu non l'hai mai visto un saccheggio: le case che bruciano, le urla, il sangue che scorre come se piovesse, il fetore! Tutto è preda e le donne come tutto il resto. Ho visto succedere a gente di cui neanche sapevo il nome le stesse cose che fecero alla mia famiglia, cose che mi fanno ancora urlare nel sonno. Se... Se quella notte mia madre l'avessero lasciata almeno vivere... forse avrei davvero una sorella con la pelle o i capelli diversi dai miei. -
Shamira non parlava. Guardava il fuoco e basta, gli occhi persi e vuoti come biglie di vetro. Quando una lacrima silenziosa le rigò la guancia, Tavish le circondò le spalle e la trasse a sé.
La scaldò quell'abbraccio, più del fuoco.
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