Capitolo 9: 𝕌𝕟𝕒 𝕟𝕠𝕥𝕥𝕖 𝕕𝕚 𝕥𝕖𝕞𝕡𝕖𝕤𝕥𝕒 - Parte 2


Qualsiasi tipo di contatto le provocava un sussulto, una paura incessante dei suoi ricordi passati. Si girò e quello che vide la stupì. «Scusa non volevo», disse Cristoph. «Senti... non prendertela per prima... Elenì cerca di proteggere la sorella...»

«Io non voglio fare del male a nessuno... dico davvero».

«Lo sappiamo... la nostra intenzione non era quella di offenderti così. Vogliamo solo aiutare Elisea...» sospirò il ragazzo degli occhi dello stesso colore del lago di quel Paese. «Che ne dici di conoscerci meglio? Noi andiamo in biblioteca a studiare oggi e visto anche il vento gelido che è arrivato... insomma pensavamo di andare là. Unisciti a noi».

«Non credo di essere ben voluta dai Elenì».

«Ha paura e non voleva dire quelle cose. È stata Nicole a tirargliele fuori», spiegò lui.

«A quanto pare, Nicole tira fuori sempre il meglio dalle persone», borbottò Orchidea con sarcasmo nella voce.

«Che cos'è successo con lei?»

«Mi ha detto delle cose su di voi e...»

«Immagino cosa ti avrà detto», bofonchiò Cristoph, accennando un sorriso. Il suo viso era tornato a risplendere e quello mise a proprio agio il fiorellino bianco, il quale così assuefatto da quello scintillio che accettò l'invito offritole nell'esatto momento in cui la campanella rimbombò per tutti i corridoi.

Sembrava davvero tutto così assurdo: Elenì la odiava, perché era uscita con Nicole e la cosa comica era che l'aveva fatto solo per sopravvivenza. Non le stava simpatica la figlia del sindaco, ne aveva soltanto paura. Paura che le rovinasse la vita in quella nuova località che le era totalmente sconosciuta.

Considerava folle il fatto di aver accettato di unirsi al gruppo studio di quel pomeriggio e, entrando in classe, si sedette al suo posto con la testa fra le mani.

Per il resto delle ore di lezione Orchidea tentò di seguire attentamente, ma il suo cervello non faceva altro che pensare all'uscita cui avrebbe dovuto accettato di partecipare.

Si sarebbe tenuta in biblioteca, eppure lei non aveva la più pallida idea di dove essa fosse.

Stava andando sempre più panico... mentre colui che aveva espresso l'invito sedeva con una mano appoggiata sotto il mento e gli occhi cerulei rivolti fuori dalla finestra, fantasticando peggio di un bambino su quello che era successo durante la pausa pranzo.

Un leggero colpo sulla spalla lo riportò coi piedi per terra; si voltò di poco, cercando di non farsi vedere dal professore alla cattedra, e concentrò l'attenzione verso il suo compagno, nonché migliore amico, Florian.

«Che c'è?» bisbigliò Cristoph.

«Orchidea si è tanto offesa prima?» domandò il ragazzo con le olive negli occhi.

«No, non credo. Penso che abbia paura di non piacere ad Elenì».

«Di cosa avete parlato?» rimandò l'amico.

«Le ho chiesto scusa e ho detto che si comporta, ci comportiamo così per proteggere Elisea...»

«Credi che tornare a scuola... possa farla stare meglio?» chiese Florian.

«Zia Giorgia non può permettersi un'istruzione privata e, sì, penso che posso aiutarla», ammise lui.

«Ma è fragile», ribatté preoccupato il ragazzo biondo.

«Chi non lo è in questo mondo?» rinviò Cristoph. «Ognuno di noi è fragile... solo che, essendo fatti tutti in modo diverso, reagiamo di conseguenza».

«Ho i brividi. Sembri quasi tua madre», sogghignò l'amico e risero insieme per qualche secondo, finché il professore dell'ora non se ne accorse e li richiamò.

Il silenzio tornò e quell'assenza di rumori lo catapultò di nuovo nella sua testa, dove il volto di Orchidea era dipinto e pronto per farne una scultura di marmo, bianco proprio come lei.

La campanella di fine giornata rimbombò in tutte le aule: Cristoph balzò in piedi, quasi buttando la sedia a terra, mentre il fiorellino bianco, con la speranza che si dimenticassero di lei, fece tutto con calma.

Il ragazzo dai capelli corvini si appoggiò al muro di pietra, vicino alle porte d'entrata, quando Florian, accompagnato dalle sorelle Maser, disse: «Non vieni a casa con noi? Le ragazze vogliono passare a casa a prendere un cappotto più pesante...»

«No, sto aspettando Orchidea» fece spallucce con un sorriso da ebete stampato sul viso.

«Perché l'hai invitata?» sbottò Elenì incrociando le braccia al petto in contemporanea al risolino del suo fidanzato che sghignazzava: «Ecco perché eri su di giri durante la lezione...»

«Non ero su di giri», sbuffò Cristoph.

Solo Elisea fece un sorriso e bisbigliò: «Per me va bene».

Sospirando, il giovane coi capelli corvini ne fu grato; era un po' in dubbio, perché quella ragazza che ai suoi occhi pareva un angelo, sembrava molto distante e incomprensibile.

Che fosse veramente un angelo? pensò lui, guardando il cielo per qualche secondo.
Il vento si alzò sempre di più: le foglie volavano alla stessa velocità delle macchine, che si sbrigavano a tornare a casa visto il maltempo in arrivo, e una strana sabbia si alzava da terra accecando il povero ragazzo.

In tutto ciò il fiorellino bianco, inconsapevole del tempo passato e di quello che stava capitando all'esterno, si nascondeva in bagno, dove lavandosi continuamente il viso con dell'acqua fredda, cercava di riprendersi dall'ansia.

In giardino, in un impeto di coraggio, misto al timore, Cristoph prese la decisione di entrare, di nuovo, nell'edificio e andò direttamente nei bagni, visto che erano le uniche stanze le cui porte non venivano bloccate dal meccanismo tecnologico, ed emanò un sospiro di sollievo nel vederla là col viso umido e il corpo piegato sul lavandino.

«Orchidea», mormorò incantato.

«Ciao...» balbettò sbigottita. «Stavo per arrivare... dovevo solo... darmi una sciacquata». 

«Pensavo ti fosse successo qual...» parlottò lui quando d'un tratto l'intero paese venne invaso da un'assordante sirena.

«Che cos'è?» urlò il fiorellino bianco con le mani sulle orecchie.

«È un avviso», rispose lui ad alta voce.

«De che?»

«Con l'innalzamento del clima e il surriscaldamento globale si sono sviluppate delle tempeste forti che qui mettono fuori uso praticamente tutto», spiegò il ragazzo coi capelli corvini.

Uscirono dal bagno e corsero con foga verso la porta d'ingresso, ma era bloccata.

«Il sistema è andato per stasera», continuò lui. «E siamo gli unici qui dentro».

«Come fai a saperlo?» chiese Orchidea angosciata.

«Mentre entravo ho visto di sfuggita il bidello che sigillava la sala mensa», rispose Cristoph nel contempo in cui la sirena cessò il suo canto.

«Che cosa facciamo adesso?» esortò lei iniziando ad ansimare.

«Andrà tutto bene» disse lui avvicinandosi d'istinto e accarezzandole le braccia. Solo dopo alcuni secondi si accorse di essersi preso troppe libertà; fece un passo indietro e involontariamente mormorò: «I tuoi occhi hanno una bellissima sfumatura di verde...»

Il fiorellino bianco si imbarazzò all'istante e cercando di non mostrarlo, borbottò: «Che cosa facciamo adesso?»

«Il bagno è il posto più sicuro», rispose Cristoph, incamminandosi, ma vedendo la latitanza nel suo angelo aggiunse: «Queste cose sono normali qui da noi. Sei perfettamente al sicuro. La pietra ci proteggerà».

«E se si rompesse qualche vetro?»

«Sono in plexiglass».

«E se un albero cadesse sull'edificio?»

«Si romperebbe l'albero e non la scuola».

«E allora, perché andiamo in bagno?» esortò lei confusa.

«Perché stare in questi corridoi grandi, mi mette i brividi», ammise lui ridendo.

L'ululato del vento iniziava a farsi sentire sempre di più, anche attraverso le spesse pareti e così i due ragazzi si rifugiarono all'interno del bagno delle donne.


Spazio autrice

Hey guys! Ciao amici! Come state?
Oggi doppia pubblicazione: che cosa ne pensate?
Venerdì arriva la 3 parte con tanti scleri. Siete pronti?

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