Capitolo 10: 𝓢𝓮𝓻𝓮𝓷𝓭𝓲𝓹𝓲𝓽𝔂 - Parte 2
«Quindi hai fatto amicizia con Elenì e i suoi amici?» esortò Diana.
«Non lo so».
«Sembrano carini. È stato quello biondo a dirmi che eri rimasta bloccata a scuola».
«Chi? Florian? Davvero?»
«Sì, è venuto qui tutto imbacuccato... mi ha detto che eri col suo amico Cristoph e che sarei stata più al sicuro a casa, perché stava arrivando una tempesta. Mi ha assicurato che tu fossi salva e, poi, è andato via. Non è incredibile che ci siano dei temporali del genere?»
«Sì», mormorò incredula Orchidea.
Perché mai Florian, il giovane con delle olive al posto degli occhi, avrebbe dovuto fare una cosa del genere per una sconosciuta come lei?
«Allora, chi è questo Cristoph? Si è comportato bene?»
«È stato più gentile di quanto mi aspettassi...»
«Elisea com'è?»
«Non ci ho parlato molto... anche perché penso che Elenì mi odi», borbottò il fiorellino bianco.
«A me non è sembrato così e, poi, anche se fosse, ha già provato a scusarsi ieri invitandoti ad uscire. No?»
«Già... Non so», sbuffò lei.
Era molto dubbiosa: aveva accettato, sì, ma non sapeva se ci sarebbe andata. Iniziò a diventare paranoica. E se fosse stato un piano per prenderla in giro? Non era la prima volta che qualcuno...
Guardò fuori dalla finestra per qualche secondo, ammirando il rosa e l'arancio che si battevano per il dominio del cielo, e mentre la madre si alzava con il vassoio di legno su cui giaceva ancora mezza fetta d'arrosto, ormai fredda, iniziò a pensare.
A piccoli passi.
Erano quelle le parole che aveva detto Katrin nell'ultima seduta: «Hai ragione, Orchidea. Fa male. Terribilmente. Ma se non le affronti prima le cose, come pensi di poterle superare in maniera positiva? Vieni qui da me, affinché tu ti possa sfogare e visto che non lo fai volontariamente, te le cavo io le parole... tuttavia non hai notato il cambiamento? Non hai sentito un sasso in meno sul tuo cuore?...»
Era rimasta in silenzio, ma la risposta era «Sì».
Anche dopo aver passato un po' di tempo con la madre, stava meglio.
«A piccoli passi», bisbigliò tra sé e sé. «Mamma...» aggiunse ad alta voce nonostante il timore. «Che ne dici di far rimettere tutte... le cose al loro posto in cucina?»
Per un istante le gambe di Diana tremarono e quella domanda alle sue orecchie pareva solo un refuso. Capì dopo che aveva sentito bene. Fece un cenno con la testa, nascondendo la preoccupazione dietro ad un timido sorriso e lasciò la stanza con una bizzarra sensazione d'orgoglio mista alla paura.
Sempre allo stesso orario, ma dall'altra parte del Paese, in una casa di legno, nascosta dietro il castello di Herbstenburg si trovava Cristoph, seduto sui gradini dell'entrata, che assaporava i colori del cielo e i suoni della foresta. In realtà il suo sguardo era rivolto altrove: un quaderno sulle sue ginocchia. Teneva in mano una matita grafite e continuava a cancellare.
«Non sapevo avessi ripreso a disegnare», affermò una voce a lui amica.
Alzò lo sguardo dello stesso colore del lago e, sorridendo, chiuse il blocco d'istinto. «Che cosa ci fai qui?»
«Ero nei paraggi e ho pensato di fare un salto», rispose il biondo mettendosi accanto a lui.
A dire il vero, Florian andò da Cristoph per il semplice motivo per cui il giovane era costretto a stare sui gradini all'entrata.
Come ogni giovedì sera, il padre era tornato a casa e stava discutendo con la moglie Katrin.
Non era mai un semplice litigio, perché i due sposi non avevano più una relazione sana da quando l'assicuratore tradì la psicologa con il Sindaco e la madre del ragazzo coi capelli corvini lo sapeva bene.
«Che cosa stavi disegnando?» domandò Florian.
«Il cielo» borbottò Cristoph, cercando di nascondere il suo quaderno dietro di sé.
«Non è possibile», esclamò una voce acuta da dentro casa.
«Smettila di urlare», ribatté a gran voce un uomo.
«Come stai?» sospirò l'amico cercando di deviare l'attenzione all'esterno.
«Bene», disse il giovane bruno nello stesso istante in cui un suono pungente di un piatto rotto fece scattare in aria il biondo.
Cristoph affermò subito, con voce calma e pacata e facendo spallucce: «È normale».
«Non dovremmo andare a vedere?»
«No. A quanto pare oggi hanno iniziato una nuova strategia... non li ho ascoltati molto», spiegò lui cose la testa china.
«Mi vuoi raccontare cosa è successo ieri con Orchidea?» rise Florian, ammiccante, cercando di cambiare argomento.
«Sempre se prima, tu mi dici cosa ha spinto Elenì a chiederle di uscire domani...»
«Io e Elisea ci siamo uniti su quel fronte: l'abbiamo convinta a darle una opportunità», mormorò l'amico. «In realtà è stata più Elisea a farle cambiare idea... sai che effetto ha sulla sorella...»
«Sì, come sta dopo l'incontro con Nicole a proposito?»
«Beh, sai le sorellastre non sono sempre gentili», borbottò Florian alzando gli occhi al cielo.
«Quando mai lo sono state?» ribatté Cristoph con tono sprezzante.
«Vabbè dai... qualche eccezione ci sarà».
«Ma hai mai visto Cenerentola?»
«Mi arrendo», parlottò il giovane con delle olive negli occhi e mettendosi in piedi.
«Comunque non credo che Orchidea domani venga», mormorò il ragazzo dai capelli corvini a capo chino.
«Beh se le farai vedere questo disegno, credo che verrà di sicuro».
Cristoph alzò lo sguardo e con una rapidità più adatta a un felino, prese il suo blocco dalle mani dell'amico.
«È bellissimo, Cris», dichiarò Florian. «Perché lo tieni per te?»
Il ragazzo non lo voleva dire ad alta voce, ma era geloso. Non voleva condividere con nessuno la sua visione di quell'angelo, altrimenti se ne sarebbero innamorati all'istante.
D'un tratto, però, si sentì stupido. Quello che aveva accanto non era una semplice persona, bensì il suo migliore amico. Colui che senza la minima richiesta, si era presentato a casa sua solo perché era giovedì.
«Che cosa significa essere Serendipity?» esortò il biondo, citando la scritta sullo schizzo del fiorellino bianco.
«Deriva dall'inglese antico e significa trovare qualcosa di così bello senza sapere di averne bisogno né cercarlo», rispose Cristoph, tracciando con le dita le linee graffite del suo disegno, che ricalcavano perfettamente i lineamenti secchi di Orchidea.
«Ti piace davvero così tanto?»
«Non è che mi piaccia...» Fece una pausa di qualche secondo e il viso del fiorellino bianco prese forma nella sua mente. «È che... quegli occhi riescono a dire più di quanto la sua bocca non faccia e sono... così profondi... non riesco nemmeno a trovare le parole».
«Deve proprio averti stregato per averti fatto perdere l'uso cognitivo del cervello, che ti rende più intelligente di tutti noi», ridacchiò Florian.
«Tanto non credo di interessarle».
«Aspetta». L'amico scoppiò in una fragorosa risata, che dovette piegarsi e sostenersi con le mani sulle ginocchia pur di non cadere. «Vuoi dire che per una volta che a te piace una ragazza, quella non ti vuole?»
«Ti fa tanto ridere?» replicò offeso Cristoph.
Quella conversazione andava ben oltre ad una comune tra due amici.
Aveva un significato più profondo: le risate che si scambiavano i due giovani rappresentavano il motivo per cui valeva la pena ridere. Ridere di pancia. Di testa. Di cuore.
Spazio autrice
Ciao ragazzi e ragazze!
Come state oggi?
Ecco a voi una nuova parte della storia.
Come lo avete trovata?
Conoscevate la parola "Serendipity?"
Riempitemi di commenti! Voglio sapere le vostre opinioni, purché siano espresse in modo educato.
Il capitolo 10 era un passo fondamentale per descrivere l'avanzamento del rapporto madre e figlia e per anticipare una delle caratteristiche di Cristoph.
Grazie per aver letto questo capitolo e se ti piace, non dimenticarti di mettere una ⭐.
Sono sempre ben gradite. Un bacio 🌸
Checca B🌻
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