Scoperte

Mi trovavo nel buio più completo cercando invano di aprire gli occhi dalle palpebre incredibilmente pesanti. Mi sentivo impotente, passiva e oppressa come se qualcuno mi avesse sepolta sotto un cumulo di terra e credetti di essere stata davvero sotterrata a metri di profondità per via del terpore eccessivo attorno a me nonostante un'inavvertita sensazione di freddo che mi fece rabbrividire. Aprii con immenso sforzo gli occhi non riuscendo a focalizzare per qualche minuto; poi però delle immagini si susseguirono nella mia mente, il malessere di Melania, l'ospedale... Un'angoscia tremenda mi tolse il respiro appesantendomi il cuore. Mi alzai sollevata nel notare che mi trovavo in una stanza anche se a me sconosciuta. Essa era molto semplice, interamente in legno; al centro vi era un letto, sul quale ero distesa fino a qualche secondo prima, stretto ed in ferro battuto con alla testata disegni in stile liberty, alla sua sinistra un comodino da tre cassetti con sopra una lampada bianca non molto grande ed invece in fondo un armadio a quattro ante che arrivava fino al soffitto costituito da travi.  Di fronte ad esso infine vi era una finestra, in quel momento aperta, che dava su un balconcino molto piccolo dove al massimo potevano stare contemporaneamente tre persone. Ecco da dove proveniva quella sensazione di freddo. Solo quando vidi delle foto appese alla parete che mi ritraevano mi resi conto finalmente di trovarmi in camera mia. Ma perchè non ero in ospedale al fianco di Melania? Chi mi aveva portato qui ? Aprii subito la porta dirigendomi verso quella principale quando mia madre mi fermò.

<< Des, dove stai andando?>>mi disse preoccupata e osservando il mio abbigliamento, solo allora mi accorsi di essere in pigiama e con le pantofole.

<< Devo andare da Melania in ospedale, ha bisogno di me mamma>> dissi correndo verso la mia stanza per vestirmi.

<< Ma cosa stai dicendo?  Melania in ospedale? Aspetta, non correre lei è qui, l'ho fatta accomodare nella stanza degli ospiti>> disse in fretta e ancora più allarmata di prima<<Sicura di stare bene? Che ti succede?>>

Rimasi a fissare il vuoto, sconvolta così tanto da sentir la testa girare; lei era lì, davanti a me sorridente e spensierata con quel sorriso che mi confortava facendomi sentire a casa.

<< Melania, non ci posso credere, è un miracolo!>> le dissi abbracciandola così forte da farle mancare il respiro<< i medici dicevano che non c'erano più speranze e invece eccoti qui io.. io..>> balbettai piangendo e ridendo allo stesso tempo.

<< Des, io non ho mai rischiato la vita! Cosa dici?>> mi disse in tono apprensivo.

<< Non è possibile! Io ti ho vista ieri mattina ansimare nel corridoio della scuola e..>> cominciai a ribattere sciogliendo l'abbraccio.

<< Tu non sei andata a scuola ieri, hai dormito per più di ventiquattro ore! Sicuramente avrai sognato tutto ma ti assicuro che non ho rischiato la vita, puoi stare tranquilla>> concluse ridendo.

Mi calmai felice che fosse stato solo un brutto sogno. Arrivati a scuola Andromeda mi corse incontro abbracciandomi ed io esitai nel ricambiare sentendomi profondamente tradita da parte sua senza sapere perchè. Tornai a casa distrutta, il che era strano dato che avevo dormito così tanto, sentivo le gambe cedere e la testa farsi pesante; avevo bisogno di prendere un pò d'aria e nel dirigermi verso la finestra  notai con sgomento ed orrore che lì fuori c'era Damon intento a fissare la mia finestra. Sentii un dolore atroce alla testa ricordando l'entrata di Damon in casa mia, il biglietto, tutto. Corsi via andandogli incontro scorgendo in lui un barlume di sorpresa, lo afferrai per le braccia in cerca di un appoggio per via della mia stanchezza improvvisa.

<<Damon, ho bisogno che tu mi faccia vedere la tua macchina!>>

<<Perchè dovrei?>> mi rispose con un ghigno.

<< E' importante>> gli dissi guardandolo dritto negli occhi con aria supplicante e stanca.

<<Se lo faccio cosa otterrò in cambio?>> mi disse con tono malizioso e squadrandomi dalla testa ai piedi.

Senza pensarci lo schiaffeggiai così forte da notare la sua guancia arrossarsi sempre più  e lui rimase lì, calmo a guardarmi come soddisfatto e allo stesso tempo infastidito e quando iniziò ad andarsene lo fermai prendendolo per un braccio  attirando la sua attenzione su di me.

<< Non seguirmi più! Non entrare più a casa mia! Lasciami in pace!>> dissi fremendo di rabbia e orgoglio.

Lui avvicinò una mano verso la mia guancia per accarezzarla ma io mi scostai <<questo lo vedremo>> disse infine andandosene.

Lui sapeva, non si era stranito delle mie parole, forse non avevo sognato tutto ma avevo bisogno di prove e lui non me le aveva date.Decisi che sarei andata all'ospedale in cerca dell'armadietto che avevo rotto in quella notte maledetta. Rientrai in casa in cerca della mia bicicletta non trovandola al suo posto e vedendo mia madre disorientata in proposito. Stupida! pensai. La prova era lì sotto il mio naso. Era stata sicuramente nascosta da mia madre perchè non volevo andare in macchina con Damon. Dopo aver cercato in tutta la casa alla fine la trovai in uno scantinato coperta da un telo dietro vari scatoloni. Una volta ritrovata decisi di andare lo stesso in ospedale; fui vicina alla meta quando una decappottabile nera, la quale ricordavo posseduta da Damon, attirò la mia attenzione. Era parcheggiata davanti la scuola ed accostando dietro l'auto vidi il suo proprietario entrare nella struttura con circospezione. Decisa a smascherarlo lo seguii. Stava salendo le scale dirigendosi al secondo piano ed io aiutata dai suoni degli strumenti, degli studenti che si riunivano a scuola per provare, riuscii a non farmi sentire. Era nella nostra classe con una bidella, la porta era spalancata, erano abbracciati, poi lui cominciò a tenerle la testa tra le mani e lei conficcò le unghie nella schiena di Damon ,come se provasse un dolore insopportabile, che infine le staccò la testa che rotolò fino ai miei piedi. I suoi occhi erano completamente bianchi e spettrali. Mi sentii stordita, nauseata, terrorizzata e non riuscii a bloccare un lamento dovuto a quell'orrore. Gli occhi di Damon erano puntati su di me, pieni di morte. Cominciai ad indietreggiare, ogni fibra del mio corpo mi gridava di scappare; mi voltai verso le scale correndo ma le gambe cedettero per un'improvvisa stanchezza e ruzzolai giù sbattendo la testa. Temevo che mi avrebbe raggiunto ma lui con mia sorpresa si muoveva lentamente fissandomi come se volesse rendere il tutto una lenta agonia. Mi alzai avvertendo subito una fitta fortissima alla caviglia sinistra, era slogata, accidenti! Corsi, zoppicando,stringendo i denti lungo il corridoio che mi capitò prima accecata dal dolore e dalla paura in cerca di qualche via d'uscita. Ma finii solo per ritrovarmi in un vicolo cieco con porte chiuse da lucchetti e catene. Mi guardai intorno nel panico ed entrai nel bagno, che si trovava alla mia destra, chiudendomi dentro e bloccando la porta con il peso del mio corpo. Nel frattempo presi una scopa lì vicino pronta a difendermi, sentivo le lacrime scendere e mischiarsi col sangue che usciva copioso dal mio naso. Sentii i suoi passi lenti farsi sempre più forti e scanditi quando non rimase che il silenzio; speravo non sentisse il mio respiro affannato e sofferente per via della caviglia. Ad un tratto venni sbattuta a terra violentemente talmente la forza con la quale aveva aperto la porta. Mi rialzai con fatica e usando tutte le forze di cui potevo disporre cercai di colpirlo con il bastone della scopa in piena faccia ma lui lo bloccò con la mano attirandolo verso di lui. Presa velocità uscii dal bagno scivolando e tentando invano di scappare. Damon mi prese per le braccia bloccandomi definitivamente a causa della sua morsa d'acciaio.

<<Vuoi calmarti?>> mi disse vedendomi ancora scalciare e cercare di vincere lui e la spossatezza.

<< Quindi ero questo quello che volevi, uccidermi!>> dissi con rabbia e dimenandomi ancora di più<< Fa presto>> conclusi stanca e consapevole di non poter più scappare.

<<Se avessi voluto ucciderti l'avrei già fatto. No, da te voglio ben altro>> disse sorridendomi.

<<Sentivo fin dall'inizio che c'era qualcosa di sbagliato in te>>dissi tremando convulsamente.

Damon notando quanto fossi spaventata mi lasciò le braccia e mi bloccò prendendomi per il polso quando io accennai alla fuga.

<< Non ha più senso scappare>> mi disse serio.

Riluttante mi sedetti per terra non riuscendo a rimanere alzata per via della caviglia. Damon invece era in piedi e sovrastava su di me facendomi sentire ancora più oppressa.

<<E le mie amiche? Cosa vuoi da loro?>> gli chiesi turbata.

<< Niente, mi servivano per arrivare a te, credo che me ne libererò presto>> rispose con noncuranza.

<<Non sfiorarle nemmeno, hai capito?!>> gli gridai furibonda.

<<Ed io cosa avrò in cambio?>> mi chiese abbassandosi in modo da poterci guardare negli occhi.

Diceva la verità, le avrebbe uccise veramente, erano solo uno strumento e mi aveva appena dimostrato di poter prevaricare su di me con la forza non avevo scelta che stare al suo gioco e al momento giusto non rispettare il patto che stavo per proporgli.

<<Quello che vuoi, ti darò quello che vuoi ma tu lasciale stare, sparisci dalle loro vite>> dissi infine.

<<Bene>> concluse trionfante e sollevandomi da terra.

Mi tenne per la vita accarezzandomi i capelli, mi condusse alla sua macchina ed io una volta entrata ebbi finalmente la conferma che quello di ieri non era stato un sogno. La sua macchina era proprio quella decappottabile nera.





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