La foresta

Il sorriso trionfante di Tom fu l'ultima immagine che vidi prima di venire avvolta dall'oscurità. Non ebbi il tempo di soffermarmi a pensare a quel sorriso che il mio corpo fu strattonato violentemente da una parte all'altra, come all'interno di una cella piccola e rasente alla claustrofobia dalle pareti lisce e compatte. Senza neanche rendermene conto, a causa del disorientamento dovuto al buio pesto e ai miei spostamenti involontari, sentii il mio corpo avvolto e il mio volto schiaffeggiato con forza da quelle che prima sembravano solide pareti che sembravano aumentare di numero. Mi sentii soffocare e il panico sopraggiunse, non facendo altro che aumentare quel senso di claustrofobia, mentre venivo sommersa da quell'ammasso di strati. Cercai di alzare le braccia e le mani per provare a liberarmi ma riuscii solo a muovere le dita, talmente quel fascio di strati era stretto. Impedita in qualsiasi movimento mi imposi la calma dato che andavo spesso in apnea sia per la scarsezza di ossigeno sia per il panico; ripensai a quella donna anziana e il suo ricordo riuscì a tranquillizzarmi e a farmi confidare nel libro in cui ero intrappolata. Ben presto però la mia calma venne scalfita da un dolore allo stomaco che mi mozzò il fiato; sentii quei fasci stringermi ancora di più, al limite della sopportazione, quando poi di colpo allentarono la presa sul mio corpo che rotolò nuovamente mentre il mio volto tornava ad essere schiaffeggiato. Capii che il viaggio doveva essere arrivato al termine quando lentamente finii di rotolare e gli ultimi schiaffi meno violenti terminarono. Non ebbi nemmeno il tempo di riprendere fiato quando mi sentii catapultata fuori dal libro con una spinta energica. Atterrai di schiena e trattenni il respiro per lo spavento e per il dolore prima di voltare la testa da una parte all'altra per capire dove fossi. Mi si presentò davanti un paesaggio a me familiare: un cielo leggermente nuvoloso contro cui si stagliavano vette innevate di montagne, sotto di me prati che si estendevano in tutto il circondario e che mi trasmettevano malinconia. Quelle sensazioni non mi erano nuove e immagini sfuggenti andavano e venivano nella mia mente prima che potessi focalizzarle e ricordarle. Sentii che quel posto era terribilmente sbagliato, che nella sua quiete immutata c'era qualcosa che non andava, la mia presenza lì era fuori posto e sicuramente dava fastidio a qualche abitante altrettanto silenzioso e inquietante. Mi si accapponò la pelle per quei pensieri, sentendomi vulnerabile ed esposta lì distesa su quel prato,in mezzo a quella natura ostile che attendeva una mia mossa sbagliata per rivoltarsi contro di me.

Era questo il motivo del sorriso di Tom? Sapeva che il libro mi avrebbe portata qua? Che questo posto sarebbe stato una trappola peggiore di casa sua? Mi chiesi.

Nonostante le alte probabilità di un nuovo pericolo in agguato e forse di una situazione peggiore di quella affrontata in casa di Tom, sospirai sollevata al pensiero della mia fuga. Mi misi a sedere e la fitta all'addome mi fece tornare bruscamente alla realtà. Tastai con cautela la fasciatura macchiata del mio sangue e srotolai le bende per controllare in che condizioni fossero le ferite. Il respiro mi si mozzò e le mie spalle furono scosse da violenti tremiti; riavvolsi le bende attorno all'addome in fretta per poi portare una mano sulla bocca nauseata. Chiusi gli occhi non volendo credere a ciò che avevo appena visto, sdraiarmi di nuovo su quel prato era il mio unico desiderio in quel momento e soprattutto lo era rimanere immobile per sempre e fondermi a quella natura dalla morta quiete. Sentivo pulsare alle tempie e alle orecchie quello stesso sangue che allo stesso tempo macchiava il terreno etereo di rosso e di nero. Le mie mani si sporcarono di quelle sostanze, una liquida e l'altra viscosa, mentre una lacrima solitaria mi solcava il viso, contratto in una smorfia innaturale. Odio era ciò che provavo, un sentimento così devastante da provocarmi una sgradevole sensazione di vuoto allo stomaco e un desiderio folle di distruggere qualsiasi forma di vita esistente fino a che non ne sarebbero rimaste che le ceneri. Strinsi convulsamente quei fragili fili d'erba, conficcando le unghie nel terreno umido, mentre una rabbia cieca sembrava riuscire a raschiare la mia gola in attesa di lasciar sfuggire urla che rimasero silenziose. Li strappai uno dopo l'altro provando una soddisfazione senza eguali con quelle mani ormai diventate appiccicose per la presenza del sangue. Fu quel pensiero a farmi aprire gli occhi e a farmi rendere conto delle emozioni che avevo appena provato. La natura che mi circondava sembrava essersi dissolta per un momento mentre la vista mi si appannava e il mio respiro affannoso dominava su tutte le altre sensazioni. Affondai le mani nuovamente nel terreno cosparso di sangue, temendo di svenire da un momento all'altro, per poi ritrarle velocemente e provare ripulirle su una porzione di prato pulita. Portai le gambe al petto e appoggiai la testa contro le ginocchia paralizzata dall'orrore, quando mi parve di udire un rumore. Sgranai gli occhi cercandone la fonte invano e trascorse così tanto tempo da quando l'avevo avvertito che mi convinsi che fosse tutto dovuto alla mia suggestione. Sentendomi troppo esposta mi alzai a fatica, combattendo contro il mio corpo rigido che ostacolava qualsiasi movimento, e mi nascosi dietro il tronco di un albero, la cui larghezza era doppia di quella del mio corpo. Quando il mio respiro si calmò, seppur di poco, osservai con riluttanza la ferita costatando la presenza del sangue nero che sporcava il mio miscelandosi in un nauseabondo connubio. Mi resi conto che con quell'atteggiamento ero più vulnerabile di qualsiasi preda, così mi sforzai di riflettere sulle possibili cause di quella sgradita sorpresa. Mi chiesi se ciò fosse stato causato dal mio spostamento attraverso il libro, così mi avvicinai al punto in cui il sangue era entrato a contatto con i fili d'erba notando con orrore ciò che questo aveva provocato distogliendomi dalla ricerca del libro. La parte di prato che era stata a contatto con il sangue rosso era stata corrosa ma non fu quello a sconvolgermi, piuttosto ciò che aveva provocato il sangue nero: dal punto di prato che era stato intaccato, una scia di erba era stata devastata come se un incendio fosse scoppiato solo in quel tratto per poi fermarsi ad un albero spaccato a metà e completamente annerito, come se l'opera fosse stata interrotta. Sgranai gli occhi mentre stentavo a credere che quella potesse essere opera mia e quasi mi sentii mancare mentre provavo un profondo disgusto per me stessa. Conficcai le unghie nel mio palmo per cercare di rimanere lucida e non farmi prendere dal panico, dovevo a tutti i costi rimanere ancorata alla realtà nonostante quella che avevo davanti sembrava così autentica, così vera. Voltai le spalle a quello scempio e mi misi alla ricerca di quel libro per capire dove mi trovassi e cosa mi stesse succedendo ma di esso non vi era più traccia. Mi sentii tradita da quella donna a cui avevo dato la mia fiducia con fin troppa facilità e per la frustrazione portai le mani ai capelli per poi ritrarle di colpo, ricordando di cosa fossero macchiate, per via dell'odore. Chiusi perciò le mani a pugno e mi incamminai alla ricerca di una fonte d'acqua per lavare via dai palmi il sangue che ormai si era coagulato, non riuscendo a pensare ad altro. In quell'apparente e irreale tranquillità, nei fianchi morbidi delle colline verdi su cui mi accingevo a scendere, nelle foreste di sempreverdi da cui non si udiva alcun umore, provai un forte senso di abbandono e di solitudine. Soffocante, quella situazione, quel posto, quel mio stesso corpo era soffocante. La brezza che mi accarezzava il volto e i capelli ma che in realtà avrebbe voluto solo sfregiarmi, il contatto con l'erba e il terreno soffice, accogliente e fresco che invece avrebbe voluto ustionarmi i piedi come tizzoni ardenti, tutto in quella natura fintamente innocua e sciagurata si travestiva di una bontà e perfezione che non gli apparteneva per poi rivelarsi, solo quando esso lo avrebbe deciso, per quello che era. Eppure cosa c'era di strano in tutto ciò? Le persone non fanno la stessa cosa? Sono accecati e sedotti dalla menzogna perché in realtà ne hanno bisogno come io in quel momento avevo bisogno di quel posto tranquillo che di innocuo non aveva nulla. Si è alla ricerca di una verità che in realtà non si vuole e mi chiesi che senso avesse tutto quello, mi chiesi se valesse la pena combattere, mi chiesi se tutto ciò non fosse solo uno stupido capriccioso gioco di qualcuno più potente che si diverte con le vite di tutti, nel manovrarle, nel stravolgerle. In quel preciso momento sembrò che ogni cosa si fosse fermata per prendere fiato e riversarsi contro di me con tutta la sua inaudita violenza ed il suo alito di morte. Ripensai a ciò che accadde prima che arrivassi lì,a Damon, a Tom ...

Il ricordo di quel sorriso diabolico mi fece venire la pelle d'oca e sentii un'improvvisa ansia, mentre il sudore freddo lungo la colonna vertebrale mi faceva rabbrividire, quando un pensiero si insinuò nella mia mente. Il fatto che fossi riuscita a convincerlo facilmente a far liberare Damon, a lasciarmi in pace, anche un bambino l'avrebbe trovato strano. Mi chiesi perché mi avesse fatto promettere di sposarlo se sapeva già che sarei scappata mentre un altro pensiero ancora più terrificante si concretizzava.

E se quel libro ce lo avesse messo lui di proposito? Se questo itinerario fosse stato deciso fin dall'inizio? Pensai mentre mi fermavo di colpo con il cuore in gola.

Scossi il capo pensando che se fosse stato così già mi avrebbe trovata e sarebbe venuto a prendermi per riscuotere il prezzo per la liberazione di Damon. Proprio nel momento in cui cominciavo quasi a credere che quel posto alla fine potesse rivelarsi un rifugio, un altro suono mi fece sobbalzare e lanciare un urlo inducendomi a portare una mano alla gola. Mi coprii la bocca con mani tremanti e occhi spalancati per il madornale errore che avevo appena fatto, rendendomi facilmente localizzabile. Guardai con la coda dell'occhio,allarmata, in direzione della foresta di alberi alla mia sinistra da cui avevo avvertito il rumore e rimasi in attesa non riuscendo a muovere un solo muscolo, mentre ogni fibra del mio essere mi gridava di scappare e nascondermi. Fissai un albero dopo l'altro ma neppure un'ombra aveva lasciato il suo posto e per un attimo credei di aver immaginato tutto di nuovo quando un distinto rumore di un ramo spezzato rivelò il contrario, provocandomi un altro sobbalzo. Iniziai a camminare malferma sulle mie gambe che tremavano convulsamente, decisa a non rimanere in balia di chiunque o qualunque cosa si celasse dietro l'oscurità. Mi guardai attorno continuamente per non essere attaccata alle spalle, sicura che la mia espressione mal celasse il mio terrore e il mio disorientamento. Continuai ad andare avanti riuscendo ad acquistare velocità e ad allontanarmi dalla fonte di quel rumore che non si era più presentato. Mi fermai un momento per capire dove stessi andando per poi comprendere con orrore che il prato, delimitato dalle foreste ai miei lati, si stava assottigliando e che andando avanti sarei stata obbligata ad addentrarvi. Con il respiro affannoso e i capelli appiccicati al collo per il sudore girai più volte su me stessa non riuscendo a trovare una via d'uscita e comprendendo che vi erano solo due possibilità: andare avanti e affrontare la foresta o tornare indietro e affrontare la fonte del rumore da cui stavo scappando. Un calpestio di foglie però non mi diede il tempo di pensare a quale soluzione fosse più conveniente ed il terrore mi gelò il sangue nelle vene quando compresi che i calpestii erano più di uno e provenivano da entrambi i lati. Impulsivamente corsi avanti capendo di essere ormai circondata e che tornare indietro sarebbe stato un suicidio. Sollevai con le mani la lunga veste bianca per andare più veloce cercando di evitare il contatto con i lunghi rami degli alberi facendo più rumore del dovuto. La voce di Tom, all'improvviso, mi rimbombò nella mente come se urlasse quelle parole direttamente al mio orecchio:

<<Dove credi di andare ? Credi di poter scappare? Il tuo futuro è con me accettalo!>>

Quella voce e quella risata erano così vicine e penetranti che sembravano essere state partorite dalla mia stessa mente piuttosto che urlate da una fonte esterna.

E se si fosse insinuato nella mia mente ? Mi chiesi terrorizzata prima di addentrarmi nella foresta e farmi largo con le braccia tra i rami che si impigliavano nella veste e mi graffiavano il viso, le braccia e le gambe.

I rumori si fecero sempre più vicini ed io corsi più velocemente possibile, riuscendo a vedere a malapena dove mettevo i piedi, grazie alla luce che filtrava dal fogliame piuttosto rado. Mi voltai indietro intravedendo un'ombra tra i cespugli e persi l'equilibrio scivolando sul terreno umido. Provai ad aggrapparmi ad un ramo ma questo, che mi graffiò, si ruppe facendomi perdere la presa e cadere rovinosamente giù per una ripida discesa. Portai le braccia al viso provando a proteggerlo, mentre il mio corpo privo di ogni controllo ruzzolava tra rami secchi e pietre. Dopo minuti che parvero ore la caduta si arrestò e mi lasciai sfuggire un gemito di dolore quando sbattei la tempia sinistra contro un masso non molto acuminato. Provai a rialzarmi senza successo stremata e impaurita dal fatto di non sapere dove mi trovassi, dato che il fogliame era più fitto e gran parte della foresta era nascosta dall'ombra. Mi misi a sedere a fatica provando una fitta di dolore, seguita da un fastidioso formicolio, alla testa e portai la mano sinistra sulla tempia pulsante rivelandola imbrattata di sangue scarlatto e nero. Feci un respiro profondo per non farmi prendere dal panico e mi chinai ad osservare la mia mano ancora sporca di sangue quando d'improvviso una mano ben diversa dalla mia strinse la mia spalla.

Mi ha trovata! Fu il mio ultimo pensiero.

SPAZIO AUTORE

Ciao a tutti, mi scuso per il mio enorme ritardo e vi assicuro che continuerò ad aggiornare la storia fino alla sua conclusione.

Detto ciò vi auguro un sereno Natale con la pubblicazione di questo capitolo che spero vi piaccia.

Buona lettura.

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