Capitolo 2

Aletheia si guardò attorno. Era stordita, confusa e non riusciva a muoversi. Provò a chiedere aiuto, ma nessun suono uscì dalle sue labbra. Poi si guardò le mani, divenute piccole come quelle di un neonato.

"Che cosa mi è successo?".

Iniziò a osservare il luogo in cui si trovava. Un tempio antico, le cui colonne erano talmente alte da perdersi fra le nuvole.

Urla agghiaccianti giunsero alle sue orecchie, squarciando la pace apparente di quel luogo. No, non erano urla umane, ma stridii acuti e spaventosi, che facevano tremare persino le ossa.

Il respiro della ragazza si fece affannoso. Cercò di mettersi in piedi, ma ogni sforzo risultò vano. Quel pavimento, candido e freddo, le fece capire di essere nuda ed estremamente vulnerabile.

Poco dopo, un paio di mani la presero dolcemente, avvolgendola in una stoffa calda, e una gentile voce femminile la consolò: "Non temere, Aletheia, noi ti salveremo".

Ma non riuscì a vedere il volto di quella donna, oscurato da un grande cappuccio che le ricadeva sugli occhi.

D'istinto alzò lo sguardo e notò qualcosa di terrificante: tre grandi e strani uccelli si allontanavano nel cielo, squarciando l'aria con le loro grida, seguiti da un uomo che si librava leggero fra le nubi, ridendo con aria folle e selvaggia.

Aletheia tentò di chiedere spiegazioni alla donna che l'aveva raccolta da terra, ma non riusciva a parlare. In preda al panico e all'impotenza, si mise a piangere disperata, quando, infine, un richiamo lontano e familiare catturò la sua attenzione.

«Tea! Ti senti bene?».

La giovane aprì le palpebre, a poco a poco, abituandosi alla luce soffusa della biblioteca.

«Che cosa è successo?» chiese, toccandosi la testa.

«Hai fatto un bel volo, non c'è che dire» le rispose Alessandro, fissandola con i suoi grandi occhi color nocciola.

Lei, ancora confusa dalla caduta, era adagiata fra le braccia del ragazzo, ai piedi della scala. Si sentiva al sicuro, protetta da ogni pericolo. Ma, non appena ne prese coscienza, si allontanò da lui in modo brusco e repentino. Il suo viso da pallido si tinse di rosso vivo e il suo cuore accelerò per la preoccupazione.

"Spero che non si sia accorto delle mie ali" pensò.

«Ehi, tranquilla! Guarda che non mordo» disse lui, divertito.

«S...sì, lo so, solo che non mi piace essere... non mi piace il contratto».

«Vuoi dire contatto? Lo so, me n'ero accorto, scusami se mi sono avvicinato» rispose lui con estrema gentilezza, sapendo quanto Tea detestasse essere presa in giro per il suo buffo modo di parlare. D'altronde aveva capito fin da subito quanto fosse fragile e taciturna. Eppure in lei c'era qualcosa di speciale che non comprendeva.

«Vieni, mettiti a sedere. Ti porto qualcosa di caldo. Direi un buon tè alla menta! Se non ricordo male è il tuo preferito».

La giovane accennò un sorriso, quindi si accomodò su uno dei divanetti vicino all'archivio. Era talmente soffice e comodo che avrebbe schiacciato volentieri un pisolino, ma i ricordi non la lasciavano riposare. Flash sfocati della sua visione tornavano prepotenti a invadere la sua mente di continuo.

"No! Ho paura di vedere di nuovo, non voglio dormire" pensò, in preda al panico. Le fitte alla testa non l'abbandonavano e un bernoccolo iniziò a farsi strada sulla fronte.

Poco dopo, un rumore inconfondibile di tacchi risuonò tra gli scaffali, accompagnato da una voce alterata che discuteva animatamente con Alessandro.

«Ti ho già detto che sta bene, Siry, ha solo sbattuto la fronte sull'ultimo gradino della scala».

«Non mi risulta tu sia un dottore, Ale! Per chi si fa male qui dentro, rispondo io. Siete sotto la mia responsabilità».

Alessandro abbassò la testa, conosceva il suo capo da molti anni e sapeva quanto si fosse dedicata alla biblioteca e quanto della sua vita privata avesse sacrificato per seguire l'amore incondizionato per i libri.

Non appena raggiunse la ragazza sul divano, Sirenis, avvolta dal suo immancabile tailleur scuro, si fece posto accanto a lei. Il ragazzo, invece, si sedette di fronte a loro, sul divanetto gemello. Porse ad Aletheia una tazza di tè caldo e sfoggiò uno dei suoi sorrisi. Ma la tensione nell'aria si era fatta elettrica.

«Quante volte ti ho detto di fare attenzione quando sali sulle scale scorrevoli?» sbuffò la donna, guardando con compassione la fronte rossa e gonfia della ragazza.

«Tante...» balbettò in risposta Aletheia.

«E allora, se sai quanto devi stare attenta, come diavolo hai fatto a cadere dalla scala? Potevi ammazzarti!».

«Ho avuto un girocapo, mi dispiace».

Alessandro camuffò un sorriso carico di tenerezza. Le parole strambe di Aletheia lo mettevano sempre di buonumore.

«Santo cielo, Tea! Potevi chiedere ad Ale di salire, se non ti sentivi bene! Ma poi che cosa stavi cercando in cima allo scaffale? I libri più richiesti sono tutti a portata di mano».

«Un volume di mito greco. Non l'avevo mai visto. Grande... vecchio, ma... la copertina brillava».

«Scusa, ma in quale scaffale si trova?»

«Scaffale 347. Invent... ario 5632».

Sirenis conosceva la biblioteca come le sue tasche e la collocazione di quel libro mitologico non le diceva proprio nulla.

«Non credo di averlo mai visto».

«Forse era nelle collezioni di quel donatore. Sai, quel signore che conoscono tutti a Ronciglione. È partito qualche mese fa per andare a stare dalla sorella» intervenne Alessandro.

«Già, ricordo, è stata Gloria a catalogare i volumi di quell'uomo. Io non lo sopportavo, ogni volta mi faceva una corte spietata e dovevo nascondermi per ore in ufficio. Forse quello che ha visto Aletheia è uno dei suoi». Poi guardò la ragazza, bianca come un vecchio straccio. «Domani te ne stai buona buona a casa e non si discute» le ordinò la donna.

«Ma non è nulla, davvero» rispose lei, tentando di alzarsi, invano.

«Anzi, te ne vai al pronto soccorso, che con quel bernoccolo stai assomigliando sempre di più a un unicorno» continuò Sirenis.

Un ambiguo silenzio calò fra i tre, che subito dopo si misero a ridere di gusto.

Aletheia, però, aveva un tarlo che non le dava pace. Chi era davvero quel collezionista? E se sapesse qualcosa sulla visione che aveva avuto? E dov'era finito l'uomo che cercava quel libro?

«Andiamo, bella addormentata. Ti accompagno». Alessandro irruppe nei suoi pensieri, porgendole il braccio.

La giovane riuscì a mettersi in piedi con gran fatica, prese il soprabito e si avviò all'ingresso insieme al ragazzo.

«Ehi! Tea!» la chiamò Sirenis, prima che i due uscissero. «Mi raccomando, riposati! Domani non ti voglio vedere».

La ragazza annuì. In fondo, il capo le voleva davvero bene.

Quando uscì dalla biblioteca il sole era ancora alto. La strada era piena di persone affaccendate nelle ultime commissioni prima del pranzo.

«Senti, Tea, ti va di organizzare con noi l'evento della biblioteca? Perché non facciamo una bella festa?» le propose il ragazzo.

Aletheia camminava con grande attenzione, cercando di evitare che quei giramenti di testa la facessero finire di nuovo fra le braccia di Alessandro.

«A me ecco... non piacciono le...».

«E dai! Almeno una volta potresti partecipare alle nostre attività. Noi ti siamo amici, non hai nulla da temere».

La ragazza lo guardò, era tentata di accettare, ma sapeva di non poter fare eccezioni.

«Sai, potremmo invitare anche il collezionista».

«Ma chi è quest'uomo?» chiese lei.

«Dai! Non lo conosci? È Il signor Bernini! Magari potremmo chiedergli se ha qualche bel libro da mettere in palio come premio per la festa!».

Camminarono ancora lungo la via, oltrepassando un negozio dopo l'altro, quando lei rispose con grande entusiasmo, sorprendendo l'amico.

«Andiamo a trovare il colazionista! Ci sto!». Quella era l'unica possibilità di avere notizie non solo sul libro, ma, forse, anche sulle terribili immagini che l'avevano sconvolta.

Alessandro si mise a ridere di gusto. «Il signor Bernini dev'essere un grande appassionato di cornetti e caffelatte».

La ragazza abbassò lo sguardo, fissando i suoi piedi che si muovevano lentamente, e iniziò a torturare con le dita i verdi capelli per l'imbarazzo. Non ne diceva mai una giusta.

«Non ti preoccupare, sistemeremo anche questo problema. Se ti fidi di me, ovviamente».

Aletheia lo guardò incredula e, per un momento, abbassò la guardia. «Dici davvero?».

«Certo! Ma prima andremo dal collezionista. Sabato partiremo per Siena!» disse Alessandro, avvicinandosi alla sua auto per accompagnare l'amica all'ospedale.

«Per favore, Ale, portami a casa, non voglio andare al pronto soccorso. Sto bene, sono solo stanca» mentì Aletheia, pensando a ciò che nascondeva sotto la larga maglia.

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ANGOLO DELL'AUTORE

Allora che ne pensate del... collezionista? Vi ha incuriosito? Pensate che sappia qualcosa? Ci vediamo il 15 ottobre con il terzo capitolo! E mi raccomando... restate connessi! un abbraccio, FM

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