8. A confronto
Di certo Anais non avrebbe mai immaginato che sua tesi di laurea potesse portarla a vivere in prima persona un'esperienza del paranormale. Ormai, quello alla Maison d'Albignac era diventato un appuntamento fisso. Si recava lì ogni giorno nel tardo pomeriggio, dopo aver staccato al centro commerciale. Portava con sé il suo blocco degli appunti e ascoltava con attenzione crescente quello che i conti avevano da dirle.
In poco tempo, aveva raccolto una quantità di informazioni indescrivibile. Persino nonna Jolande, che all'inizio si era mostrata così fredda con lei, aveva finito per lasciarsi andare con i pettegolezzi più piccanti sulla vita a Versailles. Cose che di certo non erano finite in mezzo ai lustri volumi di storia francese su cui la ragazza aveva svolto le precedenti ricerche.
Ai tempi della Rivoluzione, solo Tristan si trovava a Parigi. I genitori del giovane conte non amavano la vita di corte e cercavano di trascorrere il più tempo possibile nella Maison d'Albignac, la loro tenuta di caccia.
«Io odiavo questo posto. Mi sentivo solo, lontano da tutto il fermento che stava accadendo a Parigi. Era come se mi stessi perdendo qualcosa di importante della mia vita. Buffo, vero, considerato che dovremo restare qui per sempre?» le aveva confessato all'inizio.
Oltre ai particolari storici, Anais aveva finito per scoprire alcuni aspetti interessanti sulla loro natura di spettri, o almeno era così che preferivano definirsi. Il più curioso era il fatto che diventassero completamente invisibili nel momento in cui venivano toccati dalla luce del sole, mentre con il calare della notte i loro tratti diventavano più nitidi, il colore argenteo lasciava posto a quello naturale della pelle e dei capelli. Avrebbe potuto credere che fossero corporei, se non fosse stato per il fatto che riuscivano comunque ad attraversare i muri. Per non parlare della luce innaturale che pervadeva i loro sguardi.
Avevano conservato tutte le abitudini che avevano in vita. Le ripetevano ogni giorno come se niente fosse, rendendosi conto che il tempo aveva continuato a scorrere solo quando Anais arrivava nella tenuta. In quel momento, era come se si risvegliassero di colpo da un lungo sonno. La fissavano smarriti, per poi riprendere da dove avevano interrotto.
Anche per Anais i pomeriggi trascorsi alla Maison d'Albignac avevano in qualche modo rimesso in moto il suo eterno presente. Da quando erano iniziate le visite, qualcosa dentro di lei aveva ricominciato a scorrere. Un obiettivo da portare avanti, un appuntamento fisso con qualcuno che la faceva stare bene. Una sensazione che credeva di aver dimenticato, e che non aveva nulla a che vedere con il suo rapporto di amicizia con Nancy.
Tristan in particolare sembrava nutrire una certa simpatia nei suoi confronti. Si attraevano come due piccoli soli, ognuno affascinato dal mondo alieno in cui viveva l'altra. Entrambi curiosi delle loro rispettive vite, che però non potevano né vedere né toccare.
Ben presto, un filo sottile aveva iniziato ad avvolgersi intorno a loro, lento e inesorabile, fino a quando Anais non si rese conto di aver iniziato a desiderare l'impossibile.
Quegli occhi scuri che la scrutavano incuriositi mentre lei gli raccontava di come funzionava il mondo stavano iniziando ad attrarla come una falena alla luce. Quando le tenebre calavano, era come se la morte stessa tornasse sui propri passi. Tristan tornava corporeo, e ai suoi occhi appariva nelle vesti di un giovane come tutti gli altri. Una persona proprio come lei, sognatrice e sola.
Avevano finito per immergersi nelle loro rispettive solitudini prima ancora di rendersene conto, quando ormai era troppo tardi per tornare indietro.
E, mentre pensieri pericolosi si facevano sempre più largo nella sua mente, Anais si ritrovava a sperare che quel sogno così surreale durasse per sempre.
«Perché hai accettato l'accordo con il duca di Rochefort? Non potevate fuggire e basta?»
La domanda le sgorgò dalle labbra improvvisa quanto inaspettata, un boccone amaro che ormai sfrigolava da troppo tempo.
Tristan si voltò verso di lei, le labbra appena dischiuse nel tentativo di scegliere le parole giuste per affrontare una verità così dolorosa. Erano entrambi seduti sui gradini d'ingresso della villa, un concerto di grilli che assisteva alla loro bizzarra conversazione. Illuminata dal dolce chiarore della luna appena sorta, Anais gli appariva più bella che mai. Il parco del castello brulicante di lucciole sembrava una distesa incantata di stelle.
Si era fatto molto tardi, ma nessuno dei due aveva il coraggio di interrompere l'incantesimo.
«Posso fidarmi di te, Nanà?» chiese piano.
«Tutto quello che vuoi, Tristan.»
Una lieve fitta attraversò il petto della ragazza. Lei per prima non aveva ancora avuto il coraggio di raccontargli nei dettagli di che cosa era diventata la Francia dopo la Rivoluzione. Eppure entrambi sapevano di nascondere un segreto che scottava, qualcosa che non avrebbero potuto nascondere ancora a lungo se volevano fidarsi davvero l'uno dell'altra.
Allungò impercettibilmente la mano verso di lui, quasi a volergli fare coraggio. Le loro dita si sfiorarono, senza incontrarsi.
Il giovane sospirò. «E va bene, allora. Ma sappi che non ti piacerà.»
Era giunto il momento di rivelare la vera natura del peso che lo opprimeva da più di due secoli.
**** Buongiorno a tutti! Anche oggi ho pensato di anticipare l'aggiornamento a domenica, vista la settimana fitta di impegni che mi si prospetta davanti. Il capitolo era un po' breve, ma finalmente si avvicina il momento in cui scopriremo che cosa è successo davvero a Tristan e alla sua famiglia.
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Un abbraccio e buona domenica!
F.
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