16. La custode dell'aldilà
Fare la spesa era un'altra delle imprese quotidiane che per Anais arrivava a diventare di dimensioni bibliche. Nel bel mezzo del suo totale disordine, il solo pensiero di vestirsi per uscire di casa e acquistare i beni necessari ad arrivare viva alla fine della settimana le suscitava un moto di vertigine al limite di disgusto. Per lei, i supermercati erano paragonabili a qualcosa di simile a un girone infernale.
Ogni volta aveva come l'impressione di perdersi al loro interno, pure se faceva rifornimento nello stesso posto da anni. Era come se una mano dispettosa si divertisse a cambiare posto alle cose in continuazione, con il risultato di farla vagare tra gli scaffali per un tempo incalcolabile, nella speranza di sopravvivere all'aria condizionata sparata ai limiti del legale insieme all'irritante musica di sottofondo diffusa da un sistema di amplificazione a dir poco pessimo. Per non parlare della coda alle casse, con gente che sembrava avere sempre troppa roba rispetto ai normali standard di consumo di un essere umano; o all'ansia di dover affrontare quelle automatiche, che puntualmente avevano qualcosa che si inceppava e le toccava chiamare qualcuno ad aiutarla. E infine c'era il viaggio a ritroso con le braccia cariche di roba, con il sole a picco e la caligine che le infestava i polmoni, per poi correre a mettere in ordine la spesa prima di dimenticarsi le cose in giro per la casa.
L'unica cosa che le piaceva davvero di quella sorta di rituale satanico era il dover redigere la lista. Si metteva lì, armata di taccuino e di penna bic, mentre cercava di fare ordine nella sua vita con un semplice elenco di cose importanti. Evitare il cibo spazzatura. Comprare tanta frutta e verdura, insieme ai tè e alle tisane per dormire. Non dimenticare i prodotti per la cura del corpo e per l'igiene della casa. Ricordarsi di tanto in tanto di prendere un capo di abbigliamento nuovo, o un libro da leggere.
Quasi invidiava Tristan e la sua famiglia. Loro non avevano bisogno di tutto questo. Non deperivano, non ingrassavano e non apparivano mai malati o trasandati. Era come se dovessero uscire da un momento all'altro per una serata di festa.
Mentre arrancava lungo il marciapiede ricoperto di cartacce, Anais si chiedeva se davvero avesse fatto la cosa giusta nel rifiutare la proposta del duca di Rochefort. Di sicuro avrebbe avuto molte meno preoccupazioni. Ma quella mattina c'era anche qualcos'altro, a inquietarla. Il pensiero di occhi invisibili che spiavano di nascosto i suoi movimenti, celati dietro un quotidiano mentre scendeva in metropolitana o dietro le lenti scure degli occhiali da sole. Quiete indiscrezioni che potevano celare un nuovo mietitore armato di falce pronto a calare su di lei al primo passo falso.
Al solo pensiero, la ragazza avvertì un brivido di pura adrenalina attraversarle la spina dorsale. Un segnale nitido quanto doloroso di quanto fosse viva. In qualche modo, la sensazione di camminare su quel filo pericoloso non le dispiaceva affatto. Non aveva mai saputo cosa si provasse davvero a trovarsi a un passo dal perdere tutto, lei che sotto sotto aveva sempre sguazzato sul fondo dell'abisso. Qui la posta in gioco era diversa. Non si trattava più di nuotare, e neanche di stare a galla il più a lungo possibile, ma di riuscire a sfidare le leggi di gravità fino a volare.
Si accorse di essere seguita solo nel momento in cui raggiunse l'uscita della metro, l'odore di plastica bruciata che le scavava nelle narici. La donna bionda non aveva cessato un solo istante di camminare dietro di lei, pur mantenendosi a una certa distanza. Alta, bionda, di mezza età, era in apparenza la persona più discreta e trasandata che potesse incontrare. Ma c'era qualcosa, dietro l'espressione torva scavata nei suoi occhi, che non lasciava ombra di dubbio: stava seguendo uno schema preciso, e il suo obiettivo era proprio lei.
Anais avanzò di qualche passo, il cuore che accelerava allo stesso ritmo con il respiro. La donna era ancora dietro di lei. Avanzava a passi lenti quanto ostinati. Capì subito che non le conveniva scappare. E che l'unico modo per avere una possibilità di sopravvivenza in un eventuale scontro era quello di affrontarla in campo aperto, in mezzo al boulevard battuto dal sole mattutino e pieno di persone in marcia verso le loro rispettive vite.
Si girò con decisione e la fissò dritta negli occhi, poco importava se di lì a poco avrebbe fatto una figuraccia epocale. Sarebbe stato di gran lunga più confortante l'aver preso un abbaglio che ritrovarsi alle calcagna un nuovo, temibile scagnozzo del duca.
«Ha bisogno di qualcosa, signora?»
La donna si fermò proprio davanti a lei. «Anais Marchand?»
No, non era uno sbaglio.
«Sì?»
«Ho bisogno di parlarti. Mi chiamo Marie Ariette Dubois. Mi occupo di paranormale. Non so se hai mai sentito parlare di me.»
Fu come una secchiata d'acqua gelida in pieno volto. Quella donna trasandata... era la Dubois? Nancy sarebbe andata letteralmente fuori di testa, se solo l'avesse saputo!
Cercò di mantenere la calma. Una tipa del genere avrebbe potuto benissimo essere una matta qualunque. Sempre considerato che l'aggettivo 'matta' calzava alla perfezione con Marie Ariette Dubois, l'investigatrice del paranormale autrice di uno dei loro podcast preferiti. Proprio quello che aveva permesso loro di mettersi sulle tracce dei conti d'Albignac.
«Come ha fatto a trovarmi?» chiese, nella speranza di far apparire la sua voce il più ferma possibile.
La donna sorrise, indicando Montmartre alle loro spalle, proprio nel punto in cui sorgeva il cimitero monumentale. «Loro non hanno smesso un solo istante di fare il tuo nome.»
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Si fermarono in un caffè a pochi passi da casa sua. Non era saggio in ogni caso parlarne a viso aperto, con occhi e orecchie indiscreti pronti a carpire i più assurdi controsensi della natura.
Anais le raccontò tutto dal principio. Si meravigliò di se stessa nel rendersi conto che le apparve molto più facile di quanto si fosse aspettata. La Dubois ascoltò con attenzione, le dita intrecciate sotto il mento aguzzo e la testa che faceva su e giù al ritmo con le sue parole. Dietro le enormi lenti degli occhiali da vista, i suoi occhi apparivano scuri e attenti.
Era proprio lei, non c'era alcun dubbio. Le aveva persino mostrato i documenti, oltre che rivelato alcuni dettagli della prossima puntata del podcast. Anche la Dubois era partita brancolando nel buio durante il periodo del lockdown, alla ricerca di un progetto che la tenesse abbastanza impegnata quando nessuno sembrava più ascoltarla. Non aveva mai fatto mistero di essere stata allontanata dall'università, nel momento in cui aveva reso note le sue tesi sul paranormale, in particolar modo gli ectoplasmi. E, ora che ce l'aveva di fronte, Anais sapeva che aveva perfettamente ragione.
«Quindi lei conosce il duca» si lasciò andare alla fine.
La Dubois annuì. «Gran parte delle anime che si aggirano in questa città sono state imprigionate a causa sua. Spettri, fantasmi, ombre... chiamali come preferisci. Ma sono tutti legati al duca. È proprio grazie alla loro energia vitale se lui è in grado di vivere così a lungo. Incatena i loro sogni, le loro paure e anche le loro speranze attraverso le sue pratiche occulte, patti che nessuno può sciogliere. Loro gli consegnano la loro vita, ed è per questo che sono costretti in quella forma sospesa tra la vita e la morte.»
Anais si sentiva sul punto di vomitare. Non riusciva a smettere di pensare a Tristan, e alla runa inquietante incisa sulla sua pelle perlacea, l'unico segno concreto su un corpo evanescente. Una cicatrice, una maledizione.
«Come fa a sapere tutte queste cose sul duca? E perché non ne ha mai parlato all'interno del suo podcast?» incalzò.
«E come potrei? Sai anche tu che cosa succede a coloro che si mettono contro di lui» gli occhi scuri della Dubois si tinsero di terrore, al punto da apparire ancora più grandi dietro le lenti degli occhiali. Anais rabbrividì, la nausea che si era fatta insopportabile. Sapeva che cosa provava in quel momento, lo aveva percepito fin troppo chiaramente una manciata di sere prima, mentre si sentiva così sola e vulnerabile di fronte all'abisso. «Ma non posso più ignorare le suppliche di tutte quelle anime. Loro mi parlano da troppo tempo, ormai. Fin da quando ero una bambina. Vagano nei cimiteri e negli angoli dimenticati della città, chiedendo di essere liberate. Non arresteranno mai la loro marcia, hanno di fronte tutta l'eternità se necessario. È stato proprio questo a spingermi a parlare degli Albignac, tempo fa. In tutti questi anni, sono stati fra i pochi a essere stati avvistati, anche se la maggior parte dei testimoni non aveva la minima idea di che cosa stessa accadendo. Non pensavo che qualcuno riuscisse davvero ad avvicinarli. E ora che sono tornati a Parigi, un vento nuovo ha iniziato ad agitare le loro voci. La leggenda di un essere umano in grado di restituire loro ciò che è stato strappato via con l'inganno.»
Un nuovo brivido percorse la spina dorsale di Anais. «Che cosa?»
La donna sorrise. «Speranza» disse semplicemente. «Ogni prigioniero custodisce la chiave per uscire dalla propria cella senza saperlo. Loro conoscono il modo per sfuggire alla maledizione, ma non hanno mai avuto il coraggio di affrontarlo. Ormai non hanno più nulla a richiamarli al mondo dei vivi. Ma tu sì.»
La ragazza avvertì il proprio cuore accelerare vertiginosamente i battiti, il sangue ribollirle nelle tempie. «Cosa devo fare?»
«Cercali. Parlagli. Nella notte, proprio come di sicuro avrai fatto con il tuo prezioso conte d'Albignac. Loro non vedono l'ora di raccontarti la loro storia.»
Per poco Anais non rovesciò la tazzina colma di caffè insieme a tutta la tovaglia, prima di correre via e andare a recuperare Tristan. La speranza di poterlo davvero stringere tra le sue braccia esisteva davvero, e riposava nel cuore più oscuro e decomposto di Parigi.
***** Buongiorno a tutti! Anch'io mi sono concessa qualche giorno di vacanza, per cui torno ad aggiornare solo ora. Siamo entrati nel cuore caldo di questa storia e presto Anais e Tristan si troveranno ad affrontare una sfida molto più grande di loro, che in qualche modo arriverà a sfidare la morte stessa.
Intanto colgo l'occasione per ringraziare tutti coloro che stanno sostenendo questa piccola storia, seppur appartenente al passato. L'idea infatti mi è arrivata molto tempo fa - pensate che ci stavo lavorando ben prima del crossover! - ma mi sembrava ingiusto lasciarla nel cassetto prima di occuparmi di progetti futuri. Per cui, grazie davvero a chi in privato o di persona mi ha inviato feedback, consigli e addirittura un augurio di poterla vedere trasformata in un libro cartaceo nel prossimo futuro! - perché no? -
Intanto vi mando un forte abbraccio e vi ricordo il mio profilo Instagram le_storie_di_fedra, sul quale potrete seguire tutti gli aggiornamenti sia su questo canale che sui miei fantasy già disponibili in libreria.
Vi avverto che i prossimi aggiornamenti rischiano di slittare: sto affrontando infatti un periodo pieno di scadenze, non solo a livello lavorativo ma anche per quanto riguarda fiere e consegne (vi annuncio già che il secondo romanzo edito da una casa editrice è in dirittura d'arrivo!).
Ci leggiamo presto, su questi schermi e non solo <3
Un abbraccio.
Vostra,
F.
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