10. Un segreto spettrale


Fu nel momento in cui si ritrovò ad accogliere ospiti che Anais si rese conto di quanto la sua casa fosse in disordine. E di aver perso completamente il ricordo di quando avesse fatto le pulizie l'ultima volta. Rimettere in sesto la casa le parve una missione a dir poco disumana, durante la quale dovette fermarsi più volte a prepararsi un caffè per non stramazzare sulle pile di panni sporchi o direttamente sull'aspirapolvere. Si sentiva le ossa a pezzi e le faceva male la schiena.

"Non ho neanche venticinque anni e mi sembra di averne novanta" si rimbrottò a un certo punto, stanca ed esausta, mentre sorseggiava l'ennesimo caffè della mattinata – l'ultimo, dal momento che iniziava a sentire una certa tensione sullo sterno – e al tempo stesso contemplava con un certo autocompiacimento la visione della casa perfettamente in ordine, pronta ad accogliere Tristan e la sua famiglia.

Solo allora si ricordò di avvisare Nancy, dal momento che ormai era impossibile tenerla fuori da quella faccenda assurda. Tergiversò per minuti interminabili, incapace di trovare le parole giuste per descriverle la situazione.

Ciao, Nancy. Devo parlarti di una cosa allucinante che mi è successa. Ti ricordi la Maison d'Albignac? Ho scoperto che i fantasmi esistono davvero, vuoi conoscerli?

No, l'avrebbe come minimo mandata a quel paese.

Ciao, Nancy! Lo sai che sto frequentando un ragazzo? Cioè, non è proprio un ragazzo... è nato più di due secoli fa!

Okay, con questa avrebbe chiamato come minimo la neuro. Doveva essere più diplomatica.

Ciao, Nancy. Ti va di passare da me più tardi? Devo dirti una cosa. Mi dispiace, niente spoiler! Ah, portati una felpa per sicurezza. Ti spiego con calma davanti a una bella tazza di caffè. Fammi sapere.

Ecco, così andava molto meglio. Anais digitò il messaggio e lo inviò; poi corse sotto la doccia. Rimase per istanti interminabili sotto il getto d'acqua calda, nonostante fuori facesse un caldo d'inferno e non avesse acceso l'aria condizionata. In qualche modo, dentro di lei sentiva sempre un brivido di freddo.

Un vuoto che niente e nessuno avrebbe mai potuto colmare, e che per qualche motivo le ricordava fin troppo da vicino la figura trasparente di Tristan e le sue ombre.

****

Nancy era rimasta del tutto allibita nel ricevere una proposta tanto strana da parte di Anais. In tutti quegli anni, l'amica non l'aveva mai invitata a casa sua. Per qualche minuto, venne colta dal sospetto che fosse successo qualcosa di grave. O magari che avesse deciso finalmente di fare coming out.

Si avviò verso Montmartre verso le sette come promesso. Il cielo appariva velato da nuvole di calore che sembravano voler stritolare la città al disotto di una cappa color grigio ferro, ben lontana dall'idilliaca visione di una sera di piena estate.

"Devo proporle di andare un finesettimana in Normandia, a quella zucca vuota. Almeno ci svaghiamo un po'" si ritrovò a pensare mentre marciava fuori dalla metro e prendeva ad arrampicarsi lungo le ripide stradine di uno dei quartieri più pittoreschi di Parigi.

Individuò il condominio in cui l'amica viveva e si attaccò al citofono finché non ricevette risposta.

«Ciao, sono io! Va tutto bene o devo chiamare la polizia?»

«Veramente speravo che portassi una bottiglia di champagne, così da festeggiare questo evento storico» dall'altro capo, la voce di Anais gracchiò una risata. «Dai, sali. Sono al quarto piano. Ah, porta pazienza, ma l'ascensore è rotto.»

«Posso sopravvivere, credo.»

La porta scattò e Nancy si arrampicò per quattro rampe di scale. Anais l'aspettava sulla soglia, un sorriso di profondo imbarazzo stampato in faccia. La ragazza era indecisa se trovare più fuori luogo gli indumenti invernali che indossava nonostante fuori facessero trentasette gradi o il color giallo canarino della felpa con il cappuccio tirata fin sotto il mento.

«Non dirmi che ti sei buscata il Covid per la prima volta in tutti questi anni perché giuro che ti ammazzo con queste mani» esordì, impallidendo.

«Niente Covid, tranquilla. Solo che potresti sentire un po' di freddo, qui dentro. Ti avevo anche detto di portarti dietro una felpa, spero solo di non aver fatto la figura della pazza.»

«Infatti, lo sei! Che sta succedendo, Nanà?»

La risposta arrivò nel momento in cui l'amica aprì la porta dell'appartamento, da cui fuoriuscì una ventata di aria gelida e pungente, neanche vivesse all'interno di una cella frigorifera.

«Ma che...?»

«Ti prego di non farti prendere dal panico, non c'è nulla di cui preoccuparsi. Solo che avrei preferito che li vedessi con i tuoi occhi, prima di parlartene.»

«Guarda che così non mi stai tranquillizzando affatto!»

«Ti assicuro che sono innocui.»

«Ma chi?»

Nancy la seguì all'interno dell'appartamento, dove la temperatura sembrava scesa di almeno quindici gradi. Era come se fosse appena scoppiato un temporale estivo.

«Si può sapere a che razza di temperatura tieni l'aria condizionata? Per caso hai deciso di far collassare il riscaldamento globale?»

Poi gli occhi bruni della ragazza caddero sul climatizzatore appeso nel corridoio d'ingresso. Aveva acceso il riscaldamento.

«Ma che cosa...?»

Fu allora che Nancy si rese conto di non essere sole in casa. Cinque figure opalescenti si aggiravano per il soggiorno, le cui imposte erano chiuse. I loro aspetto non lasciò spazio ad alcun dubbio. Li aveva già visti una volta, immortalati all'interno della cornice di un ritratto.

«Non è possibile!»

Nell'udire la sua voce, gli spettri si arrestarono. Camille era la più vicina. Si avvicinò nella loro direzione, i piedi che sembravano sfiorare appena il terreno al disotto dell'ampio abito che indossava.

«Ciao. Tu dovresti essere Nancy, non è così?»

Ma la ragazza non rispose. Era già crollata sul pavimento, pallida come un cadavere.

****

Nancy impiegò diversi minuti prima di riprendere conoscenza. Quando riaprì gli occhi, era adagiata sul divano del soggiorno, il campo visivo occupato per la maggior parte dall'espressione tesa di Anais. Insieme a qualcun altro. Qualcuno di molto trasparente.

«State lontani da me!»

«Calmati, Nancy. Non fanno niente, sono solo... fantasmi.»

«E questo dovrebbe farmi stare più tranquilla?» La ragazza provò a divincolarsi, salvo scorgere le espressioni sconcertate dei conti d'Albignac, che la fissavano ritratti in un angolo del soggiorno.

«Mi rincresce, temo che reagiscano tutti così nel momento in cui ci vedono per la prima volta» commentò Tristan, desolato.

«Oddio, ma quel coso parla!»

«Quel 'coso' si chiama Tristan. È uno dei conti d'Albignac.» La situazione era diventata talmente surreale, che Anais riusciva a stento a trattenere le risate.

«Non prendermi per il culo!»

«Ma che maleducata.»

Nancy trasalì, lo sguardo puntato su Camille che la fissava con aria di sufficienza. «Cioè, ma ti sei vista? Sei...?»

«Vestita in modo bizzarro? Trasparente? Vogliamo parlare di te?» chiocciò lei in tono di sfida.

«No, cioè...»

"Accidenti, sei la ragazza più bella che abbia mai visto" si ritrovò a pensare la ragazza con un brivido.

«Cosa c'è, il rospo ti ha mangiato la lingua?» incalzò Camille nel mentre.

«Insomma, tutti quanti, cerchiamo di ricomporci e ritrovare un po' di sane buone maniere.» Questa volta fu nonna Jolande a farsi avanti. Tese una mano argentea in direzione di Nancy, come per salutarla. «Non temere, cara, non è nostra intenzione farti del male. È normale essere spaventati la prima volta, ma sappi che la tua amica Anais si è offerta di aiutarci a uscire da questa spiacevole situazione.»

«Tu cosa?!»

Per poco Nancy non svenne di nuovo. Anais si precipitò al suo fianco, un'espressione desolata stampata sul volto. «Lo so, è da pazzi, e sapevo che avresti reagito così. Ma ti prego di fidarti di me, ora ti racconterò tutto dal principio. Poi sarai libera di mandarmi a quel paese, una volta finito.»

«Farai bene, perché sarei davvero molto tentata.»

«Posso farmi perdonare con una bella tazza di caffè americano?»

«Con molto zucchero, grazie.»

Nancy ascoltò tutto con estrema attenzione, i grandi occhi bruni sempre più spalancati per lo stupore man mano che l'amica andava avanti con il suo racconto. I conti d'Albignac si sedettero intorno a loro, scrutandole curiosi. Di tanto in tanto, la ragazza fu colta dal dubbio che Camille in particolare non riuscisse a scollare lo sguardo da lei, quasi avesse visto un alieno. La cosa le diede tremendamente fastidio.

«E questo è quanto» fece Anais alla fine del racconto.

La sua espressione serafica le diede i nervi quanto le occhiate inquisitorie della contessa.

«Fammi capire bene,» chiosò, mentre si massaggiava le tempie doloranti «in tutti questi giorni non hai fatto altro che andare avanti e indietro dalla Maison d'Albignac, per poi caricarti un'intera famiglia di fantasmi in macchina e arrivare qui come se niente fosse per dare la caccia a... non voglio neanche sapere in che stato si trovano i resti di questi poveracci! Okay che ti serviva uno stimolo, ma qui stiamo volando un po' troppo alto.»

«Non sono morti, Nancy. Hanno solo perso i loro corpi, e sono sicura che si trovano da qualche parte qui a Parigi.»

«Ma ti rendi conto che in tutto questo tempo può essere successo loro di tutto? E se non li trovassimo? O se fossero andati distrutti?»

«Dubito che lo siano, perché temo che in quel caso noi tutti saremmo svaniti nel nulla» intervenne Tristan a quel punto.

«E tu come fai a saperlo?»

«Io...» Anais rivolse un'occhiata nervosa al suo nuovo amico. Di colpo le era balzata in mente un'idea folle. «Posso provare, Tristan?»

«A fare cosa?»

«La prova del sale.»

Il giovane rimase per un attimo interdetto, come in preda a un'emozione incontenibile. Entrambi sapevano cosa sarebbe successo, qualora fosse stato imprigionato all'interno di un cerchio di sale, ma nessuno dei due aveva mai avuto il coraggio di tentare.

«Mi fido di te, Nani.»

«Nani?!»

«Sempre meglio di Nanà, non credi? Torno subito.»

Anais allungò un buffetto sulla spalla di una sempre più sconvolta Nancy, la quale per poco non si rovesciò addosso l'ultimo rimasuglio di caffè rimasto.

«Voi siete pazzi. Siete tutti pazzi» commentò in preda al panico.

Anais tornò in una manciata di secondi con una confezione di sale marino tra le mani. Fece cenno a Tristan di mettersi al centro del soggiorno, poi rovesciò il contenuto intorno a lui, fino a creare un cerchio.

«Ma che stai facendo?» Nancy li fissò perplessa, mentre l'amica faceva due passi indietro.

«In teoria, sto cercando di dimostrarti che Tristan e la sua famiglia non sono dei semplici fantasmi.»

Per un paio di secondi non accadde nulla; poi, di colpo, la figura opalescente del giovane prese a cambiare. I suoi contorni si fecero più nitidi, la sfumatura argentea che gli pervadeva l'epidermide scomparve. In quel momento, il conte d'Albignac in carne e ossa era in piedi al centro del soggiorno.

«Ma... sono di nuovo io!»

Il giovane si fissò incredulo le mani, per poi provare a toccarsi il busto e l'orlo dei vestiti. Un'espressione di puro stupore si delineò nei suoi occhi scuri.

Nel vederlo così, Anais avvertì una stretta attanagliarle lo stomaco. Per giorni interi non aveva fatto altro che immaginarlo, e ora era proprio davanti a lei, vivo e tangibile. Tristan esisteva davvero. Era una persona proprio come lei.

Tese la mano nella sua direzione, come per sfiorarlo. Tristan fece per raggiungere le sue dita, quando un'improvvisa smorfia di dolore gli spezzò i lineamenti delicata del volto. Si ritrasse al centro del cerchio, scosso e spaventato al tempo stesso.

«Non posso uscire» osservò.

«Ma io posso entrare» Anais mosse un passo verso di lui, fino a entrare nel cerchio.

Si ritrovarono uno di fronte all'altra, immobili e attoniti al tempo stesso. Era come ritrovarsi catapultati in un sogno, il più assurdo e folle che entrambi avessero potuto concepire. Anais arrossì, mentre le labbra si schiudevano in un sorriso.

«Ha funzionato» sussurrò.

«Okay, ragazzi, siete stupendi.»

La voce di Nancy fece trasalire entrambi. La ragazza li fissava in piedi davanti a loro, le braccia incrociate con fare marziale. L'espressione che aveva sul volto non lasciava spazio a sottintesi.

Anais saltò subito fuori dal cerchio, le orecchie che fumavano.

«Funziona solo se uno di loro si trovano all'interno di un cerchio di sale» spiegò. «Ma l'effetto dura per poco tempo, e solo in assenza di luce. Poi tutto torna come prima.»

«Ma in ogni caso funziona» intervenne nonna Jolande, stupefatta. «Quindi significa che da qualche parte abbiamo davvero un corpo a cui tornare.»

«Mi sembra assurdo, ma possiamo comunque fare un tentativo» sussurrò Nancy. «Ma mi servirà un aiuto. Il che significa anche alzare il sedere e farsi un giro all'università. Questa non è una ricerca che si può fare semplicemente sul Web, e comunque non da sola. Sono stata chiara?»

L'occhiata che scoccò in direzione di Anais non lasciava alcuno scampo. La ragazza sospirò. Sapeva che quel momento sarebbe arrivato, prima o poi. Si voltò verso Tristan e la sua famiglia, in attesa intorno a lei. Non poteva deluderli, non dopo averli portati così lontano.

«D'accordo, farò un tentativo» assicurò.

In tutta risposta, Nancy le rivolse un luminoso sorriso. «Sapevo che lo avresti fatto.»

Corsero ad abbracciarsi, unite in quella folle avventura in cui erano precipitate quasi per scherzo.

Anais appoggiò la testa sulla spalla dell'amica, lasciandosi cullare dalla sua presenza rassicurante. Nancy, il suo pilastro in tutti quegli anni incasinati. Davvero, sarebbe stata persa senza di lei al suo fianco.

«Confesso di avere una paura folle» confessò.

«E di cosa? Vai tranquilla. Tanto, cosa potrebbe mai capitarci?»

Di nuovo Anais avvertì una stretta all'altezza dello stomaco, per quanto ogni cosa sembrasse seguire un filo logico. Avevano trovato una soluzione, bastava semplicemente mettere insieme tutti gli indizi di quella bizzarra caccia al tesoro come avevano sempre fatto quando si trattava di indagare sui misteri di Parigi. Non sarebbe stato niente di diverso rispetto agli articoli che scrivevano per il blog, e magari ci avrebbero anche ricavato sopra qualcosa di interessante.

Sul serio, che cosa poteva andare storto?

**** Avanti, ora uscite le vostre ship! Spero che questo capitolo non sia venuto fuori troppo delirante, perché a giudicare dal soggetto la storia non può che degenerare di qui in avanti... e non vorrei aver creato il peggiore disagio mai uscito dalla mia zucca vuota!

In ogni caso, se non avete ancora scagliato il vostro computer, tablet, cellulare o qualunque altro dispositivo abbiate utilizzato per leggere, sappiate che da qualche giorno sono in libreria con il mio romanzo "La Sentinella".

Per saperne di più, vi aspetto sul mio profilo Instagram le_storie_di_fedra

A presto e buon inizio settimana!

Vostra,

F.

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