Capitolo 5
Dormì fino a sera, anche se non fu un sonno molto tranquillo, dato che la ferita le doleva molto, pur cercando di non darlo a vedere. La temperatura non aveva ancora iniziato a scendere, tanto che Abel aveva chiesto a Candela e Simona di andarle a preparare un composto di erbe per fargliela abbassare. Nel frattempo, si erano dati un po' il cambio tra tutti quanti per permettere, anzi, per imporre al medico di sgranchirsi un attimo le gambe. Manuel ne aveva approfittato in quei pochi minuti.
«Jana, mi sarei ucciso se ti fosse accaduto qualcosa. Vorrei stare ogni secondo al tuo fianco, per aiutarti a riprenderti come tu hai fatto con me, ma non mi è possibile, purtroppo. Maledico il giorno in cui ho sposato mia moglie, perché l'unica donna della mia vita sei stata e sarai sempre tu. Se sopporto la sua presenza è per il figlio che porta in grembo, questo è il solo motivo. Non so se mi stai sentendo, ma dovevo dirtelo. Adesso c'è Abel nella tua vita e la situazione è diventata così complicata. Mi distrugge il pensiero che tu possa essere di un altro uomo, ma l'idea che oggi saresti potuta morire, mi ha quasi ucciso. Nonostante non possa essere fisicamente al tuo fianco quanto vorrei, lo sono con il cuore. Desidero che tu lo tenga bene in mente.» Concluse, baciandole la mano con amore. Prima di andare via, le bagnò un po' la fronte e le labbra con la pezza bagnata, nella speranza che potesse esserle un po' di conforto. Nonostante la fioca luce della candela, gli parve di vedere un'espressione più serena e distesa sul viso di lei e questo lo riempì di gioia.
Poco dopo il suo ritorno ai piani alti, Abel rientrò in stanza.
La breve camminata, gli aveva fatto bene, si sentiva un po' meglio.
«Amore, mi senti?» La febbre non sembrava diminuire, quindi era necessario fargliela abbassare. Gli si spezzava il cuore al doverla svegliare quando sembrava finalmente aver ripreso sonno, però non poteva fare diversamente. Prima di tornare in camera, era passato in cucina a prendere il composto che si era fatto preparare. Poi, aveva lasciato detto di prepararle anche una ciotolina di brodo di pollo.
Impiegò qualche istante per aprire gli occhi.
«Abel, come stai?» Chiese lei, visibilmente stanca. Il medico non sapeva se mettersi a ridere o a piangere. È incredibile, nonostante fosse stata sul punto di morire, la prima cosa che aveva chiesto è se lui stesse bene.
«Sì, amore mio, io sto bene, ma non sono io il ferito.»
«Tu e gli altri non dovete preoccuparvi per me, sto già molto meglio.» Disse lei, prima di essere colta da un brivido appena il dottor Bueno le scostò le coperte.
«Sì, sì, sei proprio credibile. Già che ci siamo potremmo anche andare a fare una bella cavalcata.»
«Perché no?» Replicò lei, mentre il medico la sollevava un po' per farle bere il composto. Vedendola molto infreddolita, le posò la sua giacca sulle spalle.
«Stai finendo le giacche.» Disse lei, per farlo ridere un po'. Era riuscita nell'intento.
«Ho seguito la tua ricetta.» La "rassicurò" lui, mentre si preparava ad imboccarla.
«Ti prego Abel, posso ancora bere da sola.» Rispose orgogliosamente la ragazza.
«Adesso devi farti aiutare e per me non è affatto un peso. Dai, bevine un po'. Cerchiamo di far abbassare la febbre. Prima ti riprendi, prima potrai tornare a tutti i tuoi bizzarri piani, no?»
«Va bene.» E senza ulteriori lamentele, la ragazza bevve tutto il contenuto fino all'ultima goccia, con grande soddisfazione del suo medico.
I due rimasero un po' a parlare, fin quando Jana non vide Abel rimettersi su quella scomoda sedia.
«Che stai facendo?» Domandò lei, evidentemente contrariata.
«Ecco, mi sto mettendo a sedere.» Rispose lui, poggiandole un fazzoletto bagnato sulla fronte.
«Questo lo vedo, la domanda è perché non ti metti sul letto dato che è grande abbastanza per entrambi, anzi, sono io che sto invadendo i tuoi spazi quindi sarebbe meglio me ne tornassi nella mia stanza.»
«Ma non se ne parla proprio. E poi come dovrei fare a controllarti? Resterai qui e punto.»
«Sì e poi ci daremo il cambio quando ti si bloccherà la schiena.» Replicò lei.
«Per te, dormirei su una sedia anche tutta la vita se necessario.» Rispose il medico con un sorriso.
«Abel, per favore, almeno appoggiati un po'. Non riesco a riposarmi, sapendoti così scomodo.»
«Sei più cocciuta di un mulo. Va bene, ma ti lascio la maggior parte del letto.» Chiarì subito lui, andandosi a sedere con solo una gamba sul lato estremo del letto. Era già un grande passo dalla sedia!
«Sei più tranquilla adesso?»
«Diciamo di sì.»
«Allora che ne diresti di riposare?»
«Ci proverò.» Rispose con una smorfia di dolore che non riuscì proprio a nascondere.
«Ti fa molto male.» Asserì preoccupato il medico. Purtroppo, non poteva fare altro per alleviarle il dolore.
«No, tranquillo, è sopportabile.» Rispose lei, senza alcuna convinzione.
«Potrei chiederti un favore?»
«Dimmi tutto.»
«Ho molto freddo, mi potresti stare vicino?»
«Certo.» Rispose lui, rimboccandole le coperte fino al collo e mettendosi vicino a lei.
«Passerà tutto, amore. Te lo giuro.»
«Sì, lo so. Solo che adesso è un po' fastidioso.» Dopodiché, il sonno ebbe di nuovo la meglio su di lei, addormentandosi sulla spalla di lui.
Neanche un paio d'ore dopo, verso l'una di notte, quando Abel era riuscito ad approfittarne cinque minuti per chiudere gli occhi, fu svegliato dal sonno agitato di Jana.
«Jana, stai bene? Cosa c'è?» Chiese allarmato il dottore.
«Devo... rimettere.» Riuscì a dire lei, dandogli appena il tempo di agguantare il primo secchio disponibile. Le tenne la testa e il secchio per tutto il tempo. Aveva pochissimo nello stomaco, più che altro erano conati. Non ci voleva proprio, aveva iniziato a sudare freddo e la camicia da notte stava iniziando a macchiarsi di sangue.
«Maledizione.» Disse Abel a denti stretti. Aveva aspettato che i conati diminuissero, prima di somministrarle un antiemetico, nella speranza che facesse effetto.
«Scusami.» Esordì la giovane con un filo di voce. Ormai era quasi incosciente. Abel le somministrò un farmaco per provare a farle abbassare la febbre, dato che il tentativo con la tisana non era andato in porto.
«Amore, non ti devi scusare di niente. È normale, può succedere di rimettere a poche ore da un intervento, lo sai. È colpa mia, avrei dovuto aspettare per i liquidi.»
«Come ti senti adesso?» Chiese lui.
«Non proprio benissimo, ma mi sembra di avere meno nausea.» Rispose lei, esausta.
«Bene, aspettiamo faccia effetto l'antiemetico che ti ho dato. Adesso devo controllarti la ferita, però. Penso ti sia saltato qualche punto. Riesci a stare un attimo appoggiata alla testiera del letto?»
«Sì.»
«Va bene.» Le poggiò un cuscino dietro la schiena, le abbassò la larga camicia e le tolse le bende per vedere bene il danno. Fortunatamente, si fa per dire, le erano saltati tre punti, ma il sangue aveva ripreso a fuoriuscire, perciò doveva richiuderli. Si armò di guanti, ago e filo e si mise al lavoro. Jana stringeva i denti per non urlare, ma, anche volendo, non avrebbe avuto la forza.
«D'accordo. È finita, amore.»
Prese delle garze pulite e gliele riavvolse intorno. Ormai nessuno dei due si preoccupava più troppo del fatto che, in tutto ciò, lei fosse nuda.
Una volta terminato, la rimise giù molto delicatamente, anche se non se accorse nemmeno, dato che era già profondamente addormentata. Nel frattempo, lui andò un attimo a ripulire il secchio, preoccupato potesse riservire. In cucina, incontrò Pia, Simona e Candela che si erano alzate per farsi una tisana.
«Dottore, che state facendo? E Jana come sta?»
«Purtroppo, non molto bene. Ha rimesso quel poco che aveva nello stomaco e, per lo sforzo, le è saltato qualche punto.»
«O Vergine santissima, ma adesso sta meglio?» Chiesero le tre praticamente all'unisono.
«Si è addormentata profondamente quando le stavo risuturando la ferita, non credo nemmeno se ne sia accorta per quanto era stremata. Io ne ho approfittato un attimo per venire a svuotare il secchio. Spero davvero non riserva, però è meglio averlo a portata di mano.»
«Povera ragazza, sta soffrendo le pene dell'Inferno e noi non possiamo fare niente per aiutarla.» Disse Pia frustrata.
«Non dite così Signora Adarre, Jana ha il sostegno di tutti e vedrete che si riprenderà presto. Dobbiamo solo starle vicino e avere pazienza. Adesso scusate, ma torno da lei. Buonanotte.»
«Buonanotte, dottore.»
Una volta in stanza, trovò Jana ancora profondamente addormentata, ma a giudicare dalla sua espressione, non sembrava un sonno tranquillo. Si sdraiò su un fianco accanto a lei e le continuò ad accarezzare i capelli per un tempo indefinito e a passarle una pezza umida per rinfrescarla.
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