Capitolo 2
Nel frattempo, dentro...
«Maria, posa degli asciugamani aperti sul tavolo, dopodiché va a far sterilizzare i miei strumenti in acqua bollente...» Le disse Abel, mentre cercava di tenere Jana il più stabile possibile.
«Tranquillo dottore, l'ho già fatto una volta con Jana, ormai sono quasi un'esperta...» Replicò la giovane cameriera, cercando di trattenere le lacrime alla vista dello stato dell'amica.
«Dio mio dottore, sta perdendo davvero troppo sangue...»
«Maria, ti giuro che la salveremo. Adesso fa' come ti ho detto, te ne prego.»
«Certo, come ordinate. Torno in un baleno.» Dopodiché balzò fuori dalla stanza ad avvertire tutti su cosa fare.
«Coraggio amore mio, sei la persona più forte che abbia mai incontrato, supererai anche questa. Non devi arrenderti, chiaro?» La incoraggiava, mentre la posava delicatamente sul tavolo, poggiandole un cuscino sotto la testa.
«Abel...» Disse lei con un filo di voce, prima di cadere nuovamente nell'oblio.
«Avanti amore, avrei voluto aspettare com'era giusto, ma le circostanze, purtroppo, non me lo permettono. Ti devo spogliare.» La ragazza aveva smesso di rispondere e il battito stava rallentando sempre di più.
Per non muoverla troppo, era stato costretto a tagliare l'uniforme sul davanti con una forbice. La parte più difficile, fu estrarle le braccia. Adesso poteva vedere la situazione con più chiarezza e non era affatto incoraggiante. Rimossa momentaneamente la giacca, aveva potuto vedere che la ferita era troppo vicina al cuore, ma avrebbe dovuto aprire per capire esattamente il punto.
Nel mentre aspettava la strumentazione, aveva iniziato a preparare la stanza, montando dei teli ai lati del tavolo e disinfettando il più possibile l'ambiente. Sarebbe anche servita una luce in più. Aveva sistemato Jana nella posizione più comoda possibile e l'aveva coperta con un telo fino al punto della ferita. Adesso, si poteva solo sperare che qualche frammento d'osso non andasse a compromettere ulteriormente la situazione.
La stava guardando senza veli, una cosa che si era previsto di fare solo dopo il matrimonio. Era bellissima. Sarebbe potuta sembrare un angelo se non fosse stato per tutto quel sangue. Si sentiva tremendamente in colpa per non aver aspettato fino a quel momento, l'aveva immaginata una cosa molto più romantica per entrambi, ma non aveva altra scelta.
Finalmente, Maria fu di ritorno con tutto l'occorrente, vale a dire, gli strumenti, molti asciugamani, garze, bendaggi, un grembiule, guanti e cuffietta sterili. Questi ultimi li aveva portati anche a lui.
«Ti ringrazio tantissimo. Ti devo chiedere, però, se pensi di farcela ad assistermi, perché non sarà affatto un bello spettacolo.»
«Di solito, è Jana a farlo, io non ne so nulla di medicina e operazioni.»
Nel frattanto, Manuel non ne poteva più di starsene relegato fuori con tutti gli altri perciò, infischiandosene degli ordini dell'amico, entrò. Era in gioco la vita della donna che amava e non poteva restare fuori a braccia incrociate. Avrebbero dovuto portarlo via con la forza.
«Manuel che fai qui? Ti ho detto di restare fuori.»
«Mai. Dimmi che cosa posso fare per aiutare.»
«Non avvicinarti. Questa zona è sterilizzata per modo di dire e già così potrebbe prendere infezione. È una situazione critica e delicata, non ci possono stare troppe persone.» Ribadì l'amico, preparandosi ad incidere. Questo fu troppo per Maria, la quale fu colta da un capogiro.
«Se gli strumenti cadessero, sarebbe un guaio, giusto?» Domandò Manuel ancora sulla soglia.
«Maria, posa la vaschetta sul comodino e raggiungi gli altri. Hai già fatto tantissimo. Ah, provvedi a fornire Manuel di camice, cuffietta, guanti e un qualcosa per coprirsi naso e bocca. Ovviamente, tutto sterile.»
«Va b- bene. Jana, ti prego, non ti arrendere.»
Tutto il necessario non tardò ad arrivare e a Manuel fu finalmente concesso di entrare. Dovette ricorrere a tutto il suo autocontrollo, in quel momento decisamente scarso, per non dare di stomaco. Poteva intravedere il cuore di Jana battere, seppur non con forza. Anche lui, da molto più tempo del medico, sognava di giacere con la ragazza, ma mai avrebbe voluta vederla così, in pericolo di vita, senza protezioni ed esposta, stesa su un tavolo.
Abel stava avendo dei problemi nell'estrarre la pallottola che, in quel momento, faceva da tappo. Lui obbediva ciecamente a quello che diceva l'amico. Dopo un tempo che gli sembrò davvero interminabile, riuscirono a estrarre il proiettile e a tamponare l'emorragia.
«E adesso che succede?» Domandò Manuel, mentre Abel finiva di suturare.
«Possiamo solo sperare che la ferita non si infetti e che Jana recuperi. Anzitutto, serve sangue. Posso scoprire il suo gruppo sanguigno.» Spiegò il medico più a sé stesso che all'amico, mentre si puliva le mani. Aveva i vestiti tutti macchiati di sangue.
«E come?» Chiese l'altro, accarezzando amorevolmente il viso della giovane, mentre Abel era girato.
«Con un metodo scoperto da poco. Però, mi serviranno dei campioni per scoprire chi è compatibile e, soprattutto, anche qualcuno disposto a donare.»
«Prova pure con me. Sono a tua completa disposizione.» Affermò Manuel, non sforzandosi neanche più di trattenere i suoi sentimenti.
A queste parole, Abel non poté più trattenersi.
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