La realtà e l'incubo
Un fischio acuto proruppe dal bollitore, interrompendo il silenzio ovattato del soggiorno. Susan si precipitò ai fornelli prima che il rumore svegliasse tutti gli abitanti della casa, anche se nutriva forti dubbi sul fatto che si trovassero nel mondo dei sogni.
Il matrimonio di sua madre non poteva concludersi nel modo peggiore. Non appena i Potter se ne erano andati, la zia Alberta aveva ricominciato a sbraitare come un'aquila, rischiando di scatenare la seconda rissa della giornata. Questa volta le urla non erano dirette a Evelyn, ma a Eustace, che si era categoricamente rifiutato di seguirla. Sembrava che l'aggressione del Dissennatore, rievocando i suoi peggiori ricordi, lo avesse miracolosamente messo a posto, restituendo a quella specie di roditore sovrappeso la parvenza del ragazzo dal carattere di ferro quale avrebbe dovuto essere. Di colpo, Eustace non sembrava temere più nulla e teneva fieramente testa alla madre (Harold non venne neanche preso in considerazione, visto che se ne stava in un angolino a fissare la scena con gli occhi sbarrati). Alla fine, era stato Silente a calmare le acque. Aveva detto che Eustace, essendo un mago, sarebbe diventato maggiorenne a diciassette anni e da lì nessuno avrebbe potuto impedirgli in alcun modo di studiare la magia. Nel frattempo, però, la zia Alberta doveva immediatamente smetterla di imbottirlo di farmaci o il ragazzo avrebbe perso i suoi poteri, annientati dalle sostanze chimiche. Sempre se ci fosse stato ancora qualcosa da fare, visto che ormai Eustace viveva come un tossicodipendente.
Una volta scemati i bollenti spiriti, Caspian si era Smaterializzato insieme a Silente e nella sala era calato un silenzio di tomba. L'atmosfera ormai era tutto meno che allegra e in breve tempo gli invitati avevano iniziato ad andarsene, con un sorriso imbarazzato stirato sulle facce pulite per l'occasione. Fu lì che, una volta restati solo pochi intimi, Albert era riuscito a occuparsi dei ragazzi. Per Eustace non c'erano state molte difficoltà: dopo avergli somministrato una cioccolata calda, il signor Collins si era raccomandato di smettere per gradi con quelle orribili medicine e di farsi vedere da qualche Medimago del San Mungo, l'ospedale per i maghi, per constatare l'effettiva portata dei danni ai suoi poteri. Per Edmund, invece, le cose erano state un tantino più complicate. Dopo essere stato portato nella hall dell'albergo per farlo respirare meglio, il ragazzo aveva perso i sensi e ora se ne stava abbandonato su un divanetto rosso dell'ingresso, circondato da Lucy e Peter, accompagnati da Dennis e Cecilia. Dopo diversi minuti, Albert era riuscito a farlo rinvenire, ma Edmund presentava ancora i postumi dello shock: era pallido come un cadavere e sudaticcio, senza riuscire a frenare il tremore alle gambe e alle braccia, e non riusciva a spiccicare parola. Alla fine, oltre alla cioccolata, il dottor Collins aveva dovuto somministrargli anche un calmante, ma la cosa non sembrava sortire molto effetto. Lo avevano riportato a casa e avevano provato a metterlo a letto, ma il ragazzo non voleva restare da solo. Non si capiva che cosa avesse, dal momento che non ne voleva parlare con nessuno, ma appariva chiaramente sconvolto e spaventato, come se nell'attimo in cui il Dissennatore gli aveva serrato gli artigli attorno alla gola avesse rivissuto tutti i momenti più terribili della sua prigionia. Forse in quel momento, alle quattro del mattino, era ancora sveglio, intento a fissare il soffitto, oppure (Susan lo attendeva da un momento all'altro) si era addormentato e presto si sarebbe svegliato urlando in preda all'ennesimo incubo.
La ragazza sospirò, sorseggiando nervosamente il suo tè. L'orologio sopra il forno aveva appena segnato le quattro del mattino e Caspian non era ancora tornato. E lei, fino a quando il suo ragazzo non avesse fatto il suo ingresso in casa vivo e vegeto, non si sarebbe mossa di lì. Era ancora terrorizzata per quanto avvenuto quella notte. Non riusciva a credere che simili creature potessero aggirarsi indisturbate in un posto così pieno di Babbani. Di colpo si sentiva terribilmente vulnerabile, molto lontana dall'atmosfera accogliente e sicura delle basse case tutte uguali di Victoria Street, dove l'unica preoccupazione era quella dei cani che lasciavano i loro bisognini sulle aiuole più vicine alla strada. E poi c'era stata l'espulsione dei Potter. Susan non avrebbe mai creduto che una cosa del genere potesse capitare proprio a loro. Nel suo profondo, non riusciva minimamente a immaginare un anno senza Jane al suo fianco, pronta a proteggerla e a consigliarla. No, era stata abbandonata anche da lei. Era sola contro i mostri.
In quel preciso istante, una serie di colpetti investì la porta di ingresso. Susan trasalì per lo spavento, rovesciandosi una buona parte del tè bollente sulla vestaglia. Con le mani tremanti, la ragazza afferrò la bacchetta e si avvicinò allo spioncino, salvo constatare con sollievo che si trattava proprio di Caspian. Rivedere i suoi grandi occhi neri e dolci che le sorridevano sornioni al disotto di un paio di ciocche spettinate le diedero la sensazione di avere della cioccolata calda che le scorreva nelle vene al posto del sangue. Spalancò la porta e si tuffò tra le braccia di Von Telmar, affondando le labbra nelle sue.
−Ehi, quanta fiducia! – esclamò il giovane prendendola per le spalle.
La ragazza si staccò subito da lui, fissandolo con aria sospettosa. – Perché? – chiese di getto.
−Be', potrei anche essere un Mangiamorte che ha preso il mio aspetto.
−Ma non lo sei!
−E se invece lo fossi?
−Caspian, non giocare con me! – Susan appariva davvero spaventata.
−Lo so che è un ragionamento antipatico, ma voglio che tu sia pronta, nel caso dovesse succedere – la consolò Caspian prendendole delicatamente il volto tra le mani.
−E come potrei distinguerti da un impostore? – chiese Susan fissandolo dritto negli occhi.
−Prova a chiedermi una cosa che so solo io.
La ragazza gli lanciò un sorriso complice, poi lo baciò di nuovo, con maggiore forza e trasporto. Questa volta, lui la lasciò fare, circondandola con le braccia e baciandola a sua volta, lasciando che la paura lasciasse il posto alla passione.
−Sì, sei decisamente tu – disse Susan sorridendo una volta che le loro labbra furono di nuovo separate. – Un Mangiamorte non avrebbe mai baciato in questo modo una sporca Mezzosangue.
−Non dire mai più una cosa del genere! – sbottò Caspian scandalizzato.
In tutta risposta, Susan scoppiò a ridere. −È inutile, tu proprio non me la fai! – constatò scuotendo il capo.
I due fecero ingresso nel soggiorno deserto e crollarono sul divano. Caspian, con ancora indosso il completo nero che aveva alla cerimonia, prese a massaggiarsi gli occhi, soffocando un paio di sbadigli.
−Cosa ha detto Silente? – chiese Susan accoccolandosi al suo fianco.
−Che non insegnerò più a Hogwarts.
−Come? Ma aveva promesso...
−Cause di forza maggiore, Sue. Sta succedendo un macello al Ministero ed è più prudente che io stia fuori da Hogwarts. Vedi, pare che Caramell sia impazzito e sta facendo di tutto per ostacolare Silente e Harry. Senza contare che il Ministro ha dei Mangiamorte tra i suoi più stretti collaboratori, come per esempio Malfoy. Silente non può mandare nessuno dei suoi uomini più fidati a controllarli, sono tutti troppo riconoscibili. Ecco perché ha affidato l'incarico a me.
−Che cosa?
−Kingsley Shaklebolt mi ha aiutato a entrare nel Ministero. Lavorerò come Auror e allo stesso tempo controllerò che Caramell non faccia danni.
−Ma è pericoloso!
−Lo so.
La ragazza si morse il labbro inferiore in preda al nervosismo. Ci mancava anche quella: Caspian che si trovava a fare il doppio gioco sotto il naso di Lucius Malfoy. Se solo quell'essere spregevole se ne fosse accorto...
−Ma ho ancora due settimane prima di prendere l'incarico – si affrettò ad aggiungere Caspian. – Per questo, sempre su consiglio di Silente, ho pensato di fare a tutti un piccolo regalo. Che ne pensi se partiamo anche noi, mentre Evelyn e Charlie saranno in viaggio di nozze? Ovviamente, porteremmo anche Peter, Edmund e Lucy. Penso che allontanarci per un po' dall'Inghilterra sia la cosa più saggia da fare, in attesa di tornare a Hogwarts.
−Una vacanza?
−Io pensavo una cosa come l'Italia. Ti piacerebbe visitare la Toscana? Ci sono molte città d'arte che ti potrebbero interessare e inoltre prenderemmo tutti un po' di sole, il che non ci farebbe male!
Susan gli scoccò un'occhiata perplessa. – Dici che possiamo permettercelo? – chiese.
−I Potter sono al sicuro a casa di Sirius e non credo che li rivedremo prima dell'inizio della scuola. Silente ci tiene a tenerli sotto chiave, in posti non raggiungibili da Voldemort e i suoi seguaci. L'alternativa a questa drastica soluzione sarebbe quella di lasciare l'Inghilterra.
La ragazza si rannicchiò sul divano, appoggiando la testa sulla spalla di Caspian. Il suo sguardo di ghiaccio indugiò sulle superfici linde del soggiorno, sullo schermo nero del televisore e infine sull'eterno sorriso di David incorniciato sulla mensola del caminetto. Tutto ciò le dava un senso di nausea e oppressione. Forse, una volta all'esterno sarebbe cambiato tutto.
−Quando partiamo? – chiese quasi senza pensarci.
***
La porta del sotterraneo si aprì con violenza, rivelando una figura bassa e scarmigliata, gli enormi occhi neri che ardevano nell'oscurità.
−Dove ti sei nascosto, razza di ingrato? – gridò nell'oscurità la voce stridula di Alhena Black. – So che sei qui dentro!
Edmund si nascose d'istinto sotto il letto a baldacchino, reprimendo a fatica un singhiozzo di terrore. Le sue ginocchia premute contro il petto facevano sembrare i battiti frenetici del suo cuore tante piccole cannonate.
La Strega Suprema sbatté la porta con fragore, per eliminare qualsiasi via di fuga, e prese ad avanzare a grandi passi nella cella sotterranea, fiutando l'aria come una lupa affamata. Improvvisamente, il suo volto deformato dalla follia emerse da sotto il letto, fissando Edmund con gli occhi sbarrati.
−Eccoti qua! – ghignò.
Il ragazzo lanciò un urlo e si tuffò fuori dal proprio nascondiglio, prendendo a scappare in tutte le direzioni, anche se sapeva che sarebbe stato inutile, nulla lo avrebbe salvato dalla furia cieca di quel demonio quando voleva scaricarla su di lui.
−TORNA QUI, HO DETTO! – gridò Alhena rovesciando mobili e prendendo a inseguirlo come una furia. – LUI STA VENENDO QUI PER UCCIDERCI ED È SOLO COLPA TUA! CI HA SCOPERTI E ORA CI AMMAZZERÀ COME TOPI! MALEDETTO MOSTRICIATTOLO, TI ODIO! NON CI SARÀ BISOGNO DEL SIGNORE OSCURO PER FARTI SPUTARE LE BUDELLA, A QUELLO CI PENSERÒ IO! AVANTI, VIENI QUI! VIENI QUI, HO DETTO!
Fulminea come una serpe, la Strega Suprema riuscì finalmente ad afferrare Edmund per i capelli, scagliandolo contro la fredda parete di pietra con una forza inimmaginabile per una donna così minuta e gracile. Un dolore lacerante gli attraversò la spalla e la schiena mentre il ragazzo si afflosciava a terra come una bambola di pezza, la bocca piena di sangue.
Poi ritornò il dolore, tremendo, insopportabile come lo ricordava. Era come se ogni singolo centimetro della sua pelle andasse a fuoco, trafitto da centinaia di migliaia di aghi roventi. Bruciava così tanto, da non riuscire a capire se le urla che squarciavano l'aria fossero davvero le sue o un semplice frutto della sua immaginazione. Ogni istante che passava il dolore sembrava aumentare sempre di più, come se il fuoco stesse consumando completamente le sue carni.
Edmund voleva solo che finisse, voleva morire per non doversi risvegliare di nuovo in quella fredda cella sotterranea, in attesa che la tortura ricominciasse, ancora e ancora, senza finire mai. E poi, come se qualcuno avesse voluto esaudire quel suo disperato desiderio, il dolore iniziò a diminuire e il ragazzo ebbe l'impressione di galleggiare in un vuoto senza fine. L'ultima cosa che vide fu il soffitto buio della sua prigione e il volto mostruoso della Strega Suprema che ghignava sopra di lui.
***
Edmund morse per l'ennesima volta il cuscino, ingoiando nuove lacrime. Mai prima d'ora le immagini di quel passato che stava tentando disperatamente di sotterrare negli anfratti della sua memoria erano tornate così vivide e terribili, come se le stesse vivendo di nuovo. Non aveva idea di che cosa lo avesse aggredito quella notte, ma improvvisamente si era ritrovato di nuovo lì, in quella buia prigione, aveva percepito ancora una volta il dolore lacerante che gli dilaniava ogni singolo centimetro di pelle, aveva avvertito tutta la disperazione e la paura prendere possesso della sua mente, inchiodandolo al pavimento gelido e polveroso senza alcuna via di fuga.
Ma tutte quelle sensazioni non erano niente in confronto alla terribile consapevolezza che tutto ciò che era accaduto negli ultimi mesi fosse solo un sogno destinato a svanire, che tutte le persone che lo avevano circondato e si erano prese cura di lui fossero semplici ombre evanescenti. In fondo, per Edmund le cose potevano stare benissimo così: il mondo al di fuori delle alte mura di villa Black era qualcosa di lontano e impalpabile, qualcosa che non avrebbe mai conosciuto. La realtà era fatta solo di dolore, un dolore senza fine che si era meritato per ragioni che non riusciva a comprendere, ma inequivocabilmente giuste. E forse negli ultimi tempi aveva fatto qualcosa di ben peggiore, che aveva portato la sua pena a diventare ancora più insopportabile. Sapere che persone come i Pevensie, come Jane, non esistevano, dopo che lo avevano coccolato, amato e protetto come mai gli era capitato prima d'ora, era di gran lunga la più atroce delle torture.
La vista del soffitto della stanza, illuminato debolmente dalla luce della lampada, vacillò mentre nuove lacrime rigavano il volto pallido di Edmund. Sapeva di essere al sicuro, a Victoria Street, ma temeva di trovarsi ancora in un sogno da cui avrebbe dovuto presto risvegliarsi per affrontare di nuovo quel mostro e forse (il ragazzo addentò di nuovo il cuscino) l'ira di Voldemort. Solo la notte prima, si sarebbe attaccato subito al lettore CD per ascoltare le canzoni che gli aveva masterizzato Jane, se la paura di non rivedere mai più la ragazza non lo paralizzasse in quel modo. Si ricordava come se fosse ieri il momento in cui aveva aperto gli occhi nell'infermieria di Hogwarts e aveva incontrato per la prima volta il suo profilo esile e sorridente, illuminato da una luce accecante, quasi divina. Era il suo angelo, Jane, colei che lo aveva salvato. L'eco della sensazione a un tempo meravigliosa e terribile di quando gli aveva messo una mano sulla fronte, con la sua pelle che di colpo aveva preso a scottare, o di quando lo aveva abbracciato sotto la pioggia, promettendogli di restargli sempre accanto, in quel momento feriva la sua mente come la lama di un rasoio. Se solo la ragazza avesse saputo la verità, che cosa avrebbe pensato di lui? Lo avrebbe abbandonato? O lo avrebbe ucciso, come molte volte minacciava la Strega Suprema?
−Edmund?
Il ragazzo sussultò sotto le coperte, salvo ritrovarsi a pochi centimetri dai grandi occhi tondi di Lucy.
−Non riesco a dormire – disse lei con voce innocente. – Susan e Caspian si sono chiusi nello studio e mamma e Charlie hanno spento la luce da più di un'ora.
−Siamo in due, allora – rispose Edmund a bassa voce, attento a non disturbare Peter, che russava profondamente.
−Ti va di farmi compagnia di là, tempo che torna Susan?
Edmund sospirò. Alla luce della lampada, i contorni di Lucy sembravano più nitidi che mai.
−Lucy, sei davvero tu o sto sognando? – si lasciò sfuggire in tono amaro.
−Certo che sono io! – esclamò lei perplessa.
−Ah, ecco. Scusami, sono ancora un po' intontito. Che cosa è successo al ristorante?
−Sei stato aggredito da un Dissennatore. Jane ha evocato un Patronus e ti ha salvato, altrimenti quello ti avrebbe mangiato l'anima. Solo che lei non poteva fare magie fuori da Hogwarts ed è stata espulsa.
−CHE COSA?
−Non ancora, però. Voglio dire, lei e Harry devono andare a una specie di udienza per farsi scagionare. Ma hanno bisogno di testimoni per dimostrare la loro innocenza. Eustace si è offerto volontario.
−Eustace? Quello zotico?
−Dopo l'aggressione, è molto cambiato.
−Non mi fido a lasciarlo da solo con i Potter. Devo andare anch'io.
−Chiedi alla mamma.
Edmund trovò la forza di mettersi a sedere. Si massaggiò la fronte dolorante, gli occhi chiusi. Si sentiva improvvisamente vivo, come se il sangue avesse ripreso a scorrere regolarmente nelle sue vene. Dunque Jane si era messa nei guai per salvarlo. Era stato di nuovo per causa sua se le persone che gli erano vicine avevano perso tutto. Ma questa volta non lo avrebbe permesso. Sarebbe stato lì, invece, e si sarebbe preso le sue responsabilità fino alla fine. A qualunque costo.
***
Quando Susan tornò nella sua camera, stanca, distrutta, ma con uno strano senso di calma che le invadeva le membra intorpidite, trovò Lucy ed Edmund profondamente addormentati nello stesso letto. Lei aveva la testa appoggiata al petto di lui, che, per la prima volta da quando era arrivato in casa Pevensie, sembrava vivere un sonno senza incubi. Un libro era ancora aperto nella sua mano, abbandonato sulle coperte. Avevano dimenticato la luce accesa.
Susan non se la sentì di disturbarli e, dopo aver spento la luce, si infilò in punta dei piedi nel suo letto.
**** Angolo Autrice ****
Eccomi, finalmente sono riuscita ad aggiornare! Che scusa ho questa volta? Tanti, tantissimi impegni, un corso di formazione, cambi turni e il tanto atteso ritorno nei campi gara può bastare come giustificazione? xD
Scherzi a parte, sto vivendo un periodo veramente molto intenso, per cui preparatevi a ricevere aggiornamenti anche a giorni e orari improbabili...
In ogni caso, che ve ne pare? Sarà che ormai rileggo questa storia con occhi diversi, ma a me Edmund fa una tenerezza infinita. E' uno dei personaggi che ho più amato in assoluto - e in cui mi riconosco, per certi versi - e probabilmente di lui e Jane potrei scrivere all'infinito. Secondo voi, riuscirà a difendere la ragazza all'udienza? E sta forse nascendo qualcosa di più profondo di una semplice amicizia?
Per quanto riguarda Eustace, in lui vedevo tanti punti in comune con Dudley. Un cugino a dir poco insopportabile, ma dietro il cui essere bullo si nasconde in realtà una sofferenza indicibile. E anche tanta frustrazione, dovuta al dovere reprimere la propria vera natura. Per chi conosce l'originale, di certo zia Alberta non era così insopportabile, ma ho voluto creare un personaggio nuovo anche per andare a fondo sul passato di Eustace. Secondo voi, come andrà a finire?
Bene, per oggi è tutto! Ringrazio tutti voi per essere arrivati fin qui e, se vorrete lasciare un commento o una piccola stella a fine capitolo, non potete che rendermi immensamente felice!
Alla prossima <3
Vostra,
F.
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