La Legilistrega e il Rettilofono

Edmund sembrava paralizzato. Era come se tutti quei volti che lo scrutavano attoniti si trovassero al di là di un vetro appannato, simili a un sogno. O a un incubo. Le orecchie gli ronzavano fastidiosamente.

La pressione della mano di Jane sul suo braccio lo fece trasalire come se si fosse scottato. La ragazza lo fissava con i profondi occhi verdi sgranati per la sorpresa, ma non sembrava spaventata. Era come se anche lei stentasse a credere a ciò che aveva appena visto.

−Che cosa ho fatto? – chiese Edmund a voce bassissima.

−Sei un Rettilofono – rispose Jane con calma. – Come Harry.

Il ragazzo levò lo sguardo di scatto verso il Sopravvissuto.

−Io... parlo con i serpenti? – domandò spaventato.

Harry annuì.

In preda al panico, Edmund incalzò:

−Sono tanti i maghi che possono farlo, vero?

−Solo tu ed io, Ed. E Voldemort.

Il ragazzo non seppe mai se fu peggio la risposta lapidaria di Harry o il mormorio concitato che si scatenò nel sentir nominare il loro peggior nemico. L'unica certezza fu che in quel preciso istante Edmund scattò in avanti come se fosse mosso da fili invisibili, oltrepassando la folla di studenti che non riuscivano a staccare gli occhi da lui e precipitandosi fuori dalla Stanza delle Necessità. Non appena si trovò solo nel corridoio illuminato dalla tremula luce delle torce, il ragazzo si mise letteralmente a correre, il cuore che gli martellava dolorosamente nelle orecchie. Si sentiva le vertigini e avvertiva i sudori freddi corrergli lungo la schiena.

Salazar Serpeverde era un Rettilofono.

Quante volte aveva letto quella frase su Storia di Hogwarts? E quante altre volte Alhena Black aveva insinuato che il ragazzo possedesse quel dono raccapricciante, nonostante fosse letteralmente terrorizzato dai serpenti?

Con il cuore in gola, Edmund arrivò di fronte al grande gargoyle che sorvegliava l'ufficio di Silente, biascicò la parola d'ordine e si precipitò su per la scala a chiocciola che comparve dal nulla all'interno del muro. Quasi sfondò la porta, nel tentativo di entrare.

Nonostante l'ora tarda, Silente era ancora in piedi, avvolto in un'ampia vestaglia di seta viola. Era seduto alla sua scrivania e stava sfogliando tranquillamente un enorme codice medievale spalancato davanti a lui. Era come se sapesse che il ragazzo sarebbe piombato lì da un momento all'altro.

−Immagino che tu voglia dirmi qualcosa, Edmund – disse sorridendogli di sottecchi.

−Ho parlato in Serpentese – rispose il ragazzo, crollando a sedere di fronte a lui.

Silente annuì piano, come se non fosse per nulla sorpreso. La cosa terrorizzò Edmund ancora di più.

−Alhena diceva sempre che solo i discendenti di Salazar Serpeverde parlavano il Serpentese – proseguì il ragazzo con il fiato mozzo. – È... è vero?

−Anche Harry Potter è un Rettilofono, ma ciò non significa che sia un mago oscuro, tantomeno l'Erede di Serpeverde. Anche lui ha avuto una crisi molto simile alla tua, nel momento in cui scoprì il suo dono. Ma ti posso assicurare che non c'è nessun nesso tra il poter parlare ai Serpenti e la Magia Oscura. Sono solo coincidenze.

−Io so che Harry ha ricevuto questo dono direttamente da Voldemort, la notte in cui ha perso i suoi poteri.

Silente levò gli occhi azzurri sul ragazzo, scrutandolo profondamente. Suo malgrado, Edmund si sentì raggelare. Era come se vedesse scritto nel suo sguardo la terribile verità che Alhena non aveva fatto altro che inculcargli per quattordici anni.

−C'è qualcos'altro che vuoi dirmi, non è vero? – chiese il Preside con calma.

Edmund inspirò forte, cercando di trovare le parole giuste; poi mormorò:

−Ha per caso scoperto qualcosa sui miei genitori? Erano degli Auror, vero?

Silente abbassò lo sguardo, come se si fosse improvvisamente rabbuiato.

−No – disse piano.

Il ragazzo annuì con fare comprensivo.

−Cerca di ricordare, Edmund – lo incalzò improvvisamente il Preside. – Scava nei tuoi ricordi più profondi, anche quelli che stai tentando disperatamente di seppellire. La risposta alla tua ricerca potrebbe trovarsi proprio lì.

Edmund scosse il capo.

−Immagino che lei sappia perfettamente cosa mi passa per la testa, signore. Glielo leggo negli occhi – rispose il ragazzo, sull'orlo di una crisi di nervi. – È quello che credo, non è vero? Sono davvero il mostro che doveva restare segregato dal resto del mondo?

−So quanto la verità possa essere terribile, ma cerca di guardare oltre i fatti. Ti sei mai chiesto perché Voldemort ti volesse uccidere, al pari del suo peggior nemico? Hai mai pensato di trovare una risposta al fatto che ti avesse posto sullo stesso piano di Harry Potter? E che voi due siete molto più simili di quanto tu creda? Pensa solo al legame involontario che Harry ha con Voldemort, un legame così profondo e terribile che impedisce loro di distruggersi l'un l'altro. Oserei dire che sono come padre e figlio.

A quell'affermazione, Edmund trasalì vistosamente.

−Non dica queste cose su Harry! Lui non ha niente a che vedere con quel demonio! – esclamò turbato.

−Non fermarti all'apparenza di un legame imposto dalla natura, Edmund. Guarda piuttosto come sono loro stessi, nel profondo dell'anima. Nonostante siano molto simili, Harry ha scelto una via diversa da quella di Voldemort. Ha preferito l'amore alla paura, l'umiltà al potere. Ha usato i suoi stessi identici poteri, ma per fini totalmente diversi. Anche l'essere Rettilofono, in un certo senso, ha avuto la sua parte in questo. Se non fosse stato per il suo dono, Harry non sarebbe mai riuscito a salvare un ragazzo di Tassorosso dall'attacco di un cobra quando era in secondo anno.

−Davvero? Non me ne ha mai parlato.

−Eppure è così. Ora, ti sembra forse che Harry sia un mago oscuro, nonostante abbia questo potere?

−No, signore.

−Lo stesso Salazar Serpeverde, prima di abbandonarsi alla follia, era un mago assai magnanimo. Il problema è che la Storia ha continuato a tramandare la parte peggiore di lui, con sommo gaudio degli ignoranti. So che ti piace leggere, Edmund. Sono certo che, dopo opportune ricerche, scoprirai molte cose che non sapevi sulla storia della tua Casa. Credo che, se solo il giovane Malfoy ne venisse a conoscenza, cambierebbe improvvisamente atteggiamento verso i suoi compagni.

A quell'osservazione, Edmund non poté fare a meno di sorridere.

−Dice davvero? – domandò.

−Chiedi a Madama Pince, la bibliotecaria. Lei ti darà sicuramente tutte le indicazioni per consultare i libri giusti.

−Lo farò senz'altro.

Silente gli rivolse un sorriso carico di comprensione. In quel momento, l'attenzione di Edmund venne catturata da un grande bacile di pietra ricolmo di una sostanza argentea che si trovava in un angolo della stanza.

−Che cos'è? – domandò.

−Un Pensatoio. È molto utile, se hai sempre la testa troppo piena di pensieri. Puoi riporvi dentro i ricordi più ingombranti e tornare a vederli con calma al momento opportuno.

−Credo che finirò per procurarmene uno anch'io – commentò il ragazzo ad alta voce.

−Non sarebbe una cattiva idea – rispose Silente sorridendo. – Ora però credo sia il caso di tornare al tuo dormitorio. Sono certo che i tuoi amici saranno preoccupati.

−Non credo, dopo quello che è successo poco fa.

−Non dubitare di loro. Conosco i Potter. Non sono persone dai facili pregiudizi.

−Lo spero.

Edmund si rialzò lentamente.

−Buonanotte, professore. E grazie per la pazienza – si congedò.

−Grazie a te per la chiacchierata. Buona fortuna, Edmund.

Il ragazzo sorrise.

−Ne avrò bisogno – sussurrò in tono appena percettibile.

***

Il ragazzo non aveva fatto che pochi passi fuori dall'ufficio di Silente, quando si ritrovò davanti la combriccola più inaspettata che potesse immaginare. Harry, Jane, Adam e Susan avanzavano a passo spedito verso di lui, sprezzanti del rischio che correvano di farsi mettere tutti in punizione. Nel vederli così determinati, Edmund ebbe l'istinto di voltarsi e fuggire dalla parte opposta.

−Immaginavo che fossi da queste parti – disse Harry, raggiungendolo per primo.

−Perché mi avete seguito? – domandò l'altro in tono rassegnato.

−Perché siamo stufi di vederti scappare per la minima cosa. Mica hai la lebbra! – sentenziò Jane fissandolo dritto negli occhi.

−Ah, no? – esclamò Edmund esasperato. – Sono stato spedito a Serpeverde senza avere nemmeno il tempo di giustificarmi e ora salta fuori che parlo ai serpenti. Dopo essere vissuto a Villa Black per tutti quegli anni con la testa piena di menzogne, qualche pensiero verrà pure a me, non vi pare?

−Ed, ne abbiamo già parlato. Tu non sei un mago oscuro – disse la ragazza.

−Ma se invece lo fossi?

−Secondo me, sei solo sotto stress – osservò Adam perplesso. – Non mi sembra che hai ammazzato qualcuno.

−Anzi, mi hai appena salvato la vita – intervenne Jane. – Posso almeno ringraziarti?

A quelle parole, Edmund restò completamente interdetto. Lui che salvava la vita a qualcuno?

−Ed, non so se l'hai notato, ma nessuno di noi ce l'ha con te per quello che hai fatto – lo rassicurò Susan. – Siamo tutti ammirati, invece. Sei stato davvero coraggioso. Mai mi sarei aspettata un simile sangue freddo da parte tua.

−Non siete spaventati? – domandò il ragazzo sbalordito.

−Certo, Pevensie, stiamo tremando dalla paura – lo canzonò Adam ridacchiando. – Ma smettila, fifone! Ricordami di regalarti uno specchio, per il tuo compleanno.

−Capisco come ti senti, Ed – disse Harry mettendogli una mano sulla spalla, nonostante avesse il volto contratto da una smorfia per la fitta di dolore che gli percorse la cicatrice in quel momento. – Non è niente, davvero. Ti sono grato per aver protetto mia sorella. Hai tutta la mia stima.

−Sei stato meraviglioso! – ridacchiò Jane schioccandogli un rapido bacio sulla guancia.

Gli altri scoppiarono a ridere.

−Smettila! – esclamò Edmund, sentendosi avvampare.

In tutta risposta, Jane gli fece una linguaccia spettacolare.

−Bene, ragazzi, ora credo che sia il caso di andare a dormire. Non mi va di affrontare la Umbridge a quest'ora – li riportò alla realtà Susan.

Gli altri annuirono, anche se di malavoglia. Lo stesso Edmund si sentiva molto più sereno, una volta ritornato in compagnia degli amici. Si salutarono rapidamente; poi lui e Adam ritornarono nei sotterranei a passo spedito, guardandosi più volte alle spalle nella speranza di non essere seguiti.

−Però, che figata parlare in Serpentese – commentò a un certo punto l'amico mentre scendevano le scale che li riportavano al loro dormitorio. – Non è che per caso sei parente di Salazar Serpeverde, giusto?

−Dillo un'altra volta e ti trasformo in una teiera! – ringhiò Edmund, ignorando l'improvvisa morsa che gli attanagliò le viscere.

***

Il 14 febbraio, Edmund si svegliò con una dolorosa gomitata nelle costole da parte di Adam. Il ragazzo era più pallido che mai e aveva la frangia incollata sulla fronte madida di sudore.

−Che ti prende? – esclamò Edmund spaventato.

−Mi sa che ho la febbre – mugugnò Adam sparando due potenti colpi di tosse. – Credo che oggi rimarrò qui in sala comune.

−Mi stai dicendo che mi lasci andare da solo a Hogsmeade? – esclamò l'altro inorridendo. – Non posso restare qui con te?

−Non credo che ti sarò di grande compagnia e poi ti annoierai a morte. Non pensi a Jane?

−Lei uscirà con gli altri.

−E allora aggregati a loro. Le farà piacere.

−Senti, Adam, io...

−Edmund – l'occhiata che gli lanciò l'amico fu fin troppo eloquente. – Mica sono tutte come la Prewett.

−Ora non la chiami neanche più per nome?

−Mi è andata male. Posso farci qualcosa? In fondo, si vedeva che non le interessavo. Tu invece...

−È solo un'amica.

−Certo, certo. Comunque, ti consiglio di uscire. Hai bisogno di prendere un po' d'aria, amico.

−Come se l'aria non ci fosse anche dentro – commentò Edmund in tono sarcastico.

−Se non vai, ti scatarro dalla testa ai piedi.

−Grazie, no. E va bene.

Sotto il debole ma raggiante sguardo di Adam, Edmund si vestì rapidamente e si avviò verso la Sala Grande per la colazione. Al suo arrivo, rimase letteralmente pietrificato nel vedere Jane seduta tra Harry e Ron. Quest'ultimo stava parlando animatamente con lei.

Proprio oggi si doveva svegliare, quel cretino?, pensò Edmund furibondo, ma ormai non poteva più dileguarsi: Susan l'aveva visto e gli stava facendo cenno di sedersi vicino a loro.

Il ragazzo non parlò per quasi tutta la colazione e alla fine, con suo enorme sollievo, riuscì a filarsela insieme a Neville. I due scelsero una delle ultime carrozze in partenza per Hogsmeade e si sedettero uno a fianco all'altro, chiacchierando animatamente. Per fortuna, nemmeno Neville sembrava particolarmente sconvolto dal suo dono di Rettilofono, anzi, non toccarono quasi mai l'argomento. Purtroppo, però, una volta arrivati l'amico si dileguò insieme ad alcuni Grifondoro. Il ragazzo gli chiese gentilmente se voleva venire anche lui, ma Edmund declinò subito l'offerta, immaginandosi l'ostilità degli altri.

Non gli restò che incamminarsi lungo il sentiero innevato che conduceva al villaggio, stringendosi nel cappotto e nella sciarpa di lana, i piedi che affondavano nella neve fino alle caviglie. Infreddolito e bagnato, il ragazzo trovò rifugio nella prima libreria che gli capitò a tiro, ma si stancò quasi subito. Era come se di colpo i suoi amati volumi non gli dessero più la solita soddisfazione. Rabbuiato, si fece coraggio e uscì di nuovo all'esterno senza comprare niente.

Attraversò il villaggio in lungo e in largo, ignorando la lunga fila di vetrine che gli si dispiegava davanti, fino a giungere al confine con il bosco, dove sorgeva una piccola locanda dalle pareti candide, simile a un gigantesco bignè alla panna. Sull'insegna simile a una nuvola si leggeva Da Madama Piediburro. Con suo sommo orrore, dalla porta continuavano a entrare e uscire coppie di studenti, molti dei quali mano nella mano. Quando due di essi cominciarono a pomiciare tranquillamente davanti ai suoi occhi, le spalle di lei inchiodate sulla parete liscia della locanda, il ragazzo provò l'istinto di vomitare.

In quel momento, una voce famigliare giunse alle sue orecchie: Harry. Con il cuore in gola, Edmund levò lo sguardo. L'amico stava arrivando nella sua direzione, mano nella mano con Cho Chang. Aveva un'aria leggermente imbarazzata, ma felice. I pensieri del ragazzo andarono tutti a Jane, immaginandola in quel mentre con un ragazzo che non fosse lui, magari lo stesso Ron.

Quello era davvero troppo per i suoi nervi. Senza attendere oltre, Edmund si defilò sul retro della locanda, tagliando per il bosco e ricongiungendosi al villaggio dall'altra parte. Temendo di essere scorto, aveva corso più del necessario e i rami più bassi degli alberi lo avevano inzaccherato di neve semisciolta dalla testa ai piedi. Tremando di freddo, il ragazzo si avviò su un sentiero solitario che portava al castello. Voleva solo tornare a Hogwarts e sedersi davanti al caminetto a parlare del più e del meno insieme ad Adam.

In quel momento, però, qualcosa gli fece dimenticare di colpo i suoi propositi. A pochi metri da lui, Jane stava camminando lentamente lungo la staccionata che costeggiava il sentiero, le mani nelle tasche e la testa bassa. Improvvisamente, un'ondata di calore lo invase dalla testa ai piedi. Erano completamente soli, tutti e due, senza nessuno tra i piedi. Non poteva sperare in un'occasione migliore.

−Jane! Ehi, Jane! – esclamò quasi senza pensarci.

Nell'udire la sua voce, la ragazza si fermò di colpo, voltando la testa verso di lui. Il suo sguardo si illuminò all'istante.

−Ed! – esclamò correndogli incontro e gettandogli le braccia al collo. −Anche tu da solo, oggi? – chiese in tono innocente dopo avergli stampato un bacio spettacolare sulla guancia.

Calma, fa così anche con il fratello, pensò il ragazzo disperatamente mentre una vocina nella sua testa rideva a crepapelle.

−Sì, Adam sta male e sinceramente mi andava di stare un po' da solo. Sai, faccio ancora fatica a capire tutte queste coppiette in giro. Non me ne intendo molto, di queste cose – borbottò scrollando le spalle.

−Anche per me è così, non sai quanto! – esclamò Jane solidale. – Harry, poi, è diventato insopportabile con il fatto che deve uscire con Cho. Sono contenta di essermeli tolti dalle scatole per qualche ora. Spero solo che si presenti ai Tre Manici di Scopa a mezzogiorno.

−Perché?

−Siamo riusciti ad accordarci con il padre di Luna per fare uscire una sua intervista sul Cavillo, per dargli modo di raccontare la verità sul ritorno di Voldemort.

−Caspita, siete davvero coraggiosi! – esclamò Edmund ammirato.

−Lui però sembra più preso da Cho che dalla guerra – fece Jane incupendosi.

−A te Cho non piace, vero?

−Per niente. Non so per quanto potrà durare. Ma, aspetta... − la ragazza afferrò improvvisamente una ciocca di capelli del ragazzo. – Ed, sei completamente bagnato! Che cosa ti è successo?

−Io... niente – biascicò lui imbarazzato.

Jane estrasse la bacchetta e l'agitò sopra la sua testa. Di colpo, un piacevole fiotto di aria calda lo asciugò completamente.

−Secondo me, Harry sta facendo una sciocchezza con Cho – proseguì imbufalita.

−Come mai?

−È difficile da spiegare. È come una sensazione... Insomma, lo so e basta.

−Non è che per caso anche tu hai qualche potere strano? – la incalzò Edmund sorridendo.

Jane gli rivolse un sorriso d'intesa.

−Sai mantenere un segreto? – domandò. – Sono una Legilistrega: ho il dono di percepire il bene o il male nelle persone.

−Davvero? – esclamò Edmund impallidendo.

−Ho sempre sospettato di possedere una cosa simile, visto che quando c'è della Magia Oscura nelle vicinanze mi sento subito male, ma l'altra sera Piton mi ha dato la conferma. Sono pochissimi i maghi e le streghe in grado di riuscirci e la maggior parte di essi perdono questo potere negli ultimi anni dell'infanzia.

−In che senso percepisci il bene o il male?

−È come una sensazione. Riesco a provare le stesse emozioni di chi mi sta accanto e a tradurle nella mia testa. Così posso vedere pensieri e sentimenti. Quando sono molto intensi, lo vivo in maniera fisica: profonda gioia se ho accanto una persona piena di Magia Bianca, dolore atroce se sono nelle vicinanze di un mago oscuro.

−Quindi non scherzi quando dici che nessuno ti può nascondere niente – osservò Edmund, sentendosi improvvisamente nudo di fronte a lei.

−Incredibilmente, sono serissima – rispose lei sorridendo.

−Allora sai tutto anche di me?

Jane lo fissò dritto negli occhi.

−Sì – disse. – E no. Insomma, quello che percepisco io è molto diverso da quello che vuoi farmi vedere.

−In che senso?

Jane trasse un profondo respiro.

−Vuoi sapere se sei davvero un mago oscuro, giusto? – rispose.

−Tu... potresti togliermi questo dubbio?

−Sempre se lo vuoi.

−Lo voglio.

Jane sorrise e allungò timidamente la mano verso il suo viso. Gli accarezzò le palpebre, le labbra e alla fine il cuore. Il suo sguardo vagava lontano, come se fosse tremendamente imbarazzata. Con suo sommo stupore, Edmund si rese conto che stava tremando anche lei.

−Vuoi sapere tutta la verità? – disse a un certo punto, gli occhi verdi che brillavano.

−Cosa?

Jane sorrise.

−Non ho mai avvertito un'anima così bella e pura come la tua. Sei la Magia Bianca incarnata – disse tutto d'un fiato.

A quelle parole, Edmund avvertì il sangue riprendere a scorrergli nelle vene.

−Davvero? – esclamò incredulo.

−Se fossi davvero un mago oscuro, a quest'ora non riuscirei nemmeno a starti vicino. E invece eccomi qui.

−Non mentirmi, Jane! Sai che non lo sopporterei – si raccomandò lui serio in volto.

Jane gli afferrò entrambe le mani e se le portò al cuore, gli occhi carichi di determinazione.

−Credi forse che mi prenderei gioco di te, con tutto quello che hai passato? Non sono una vile, Edmund. Sei una persona importante per me e non permetterò a nessuno di farti del male.

Il ragazzo sgranò gli occhi, rabbrividendo. Strinse appena le sue dita attorno a quelle di Jane, portandole dolcemente verso di lui. Lei gli sorrise dolcemente. Il suo volto era più vicino che mai. Per la prima volta, Edmund guardava negli occhi la vera Jane, senza quel velo da finta dura con cui le piaceva atteggiarsi di solito. In quel momento, il ragazzo ebbe come la certezza che, in qualche modo, i suoi occhi rispecchiassero il suo sguardo, anch'essi carichi di speranze, paure ed emozioni che non riuscivano a controllare.

L'incantesimo durò solo pochi attimi; poi un velo scuro tornò a coprire il volto di Jane, come se improvvisamente le fosse tornato in mente un pensiero doloroso.

−Sì è fatto tardi. Gli altri mi staranno già aspettando – disse piano.

−Vai, non ti preoccupare. Io credo che tornerò al castello – rispose Edmund laconico.

−Perché non vieni anche tu? Ci sarà pure Susan, con noi.

Il ragazzo tentennò, spostando nervosamente un mucchietto di neve con la punta del piede. A quanto pareva, Jane voleva restare con lui ancora per un po'. Lui, d'altro canto, non aspettava altro che glielo chiedesse.

−D'accordo – disse abbozzandole un sorriso. – Se a te fa piacere...

Jane gli rivolse un'espressione raggiante. Si avviarono silenziosamente per il sentiero che conduceva a Hogsmeade, camminando fianco a fianco sul terreno ricoperto di neve. Nessuno dei due parlò, anche se dai loro sguardi dritti davanti a sé si intuiva benissimo che erano entrambi alla ricerca delle parole giuste per poter imbastire un nuovo discorso.

Improvvisamente, in maniera quasi impercettibile, la piccola mano di Jane si avvicinò a quella di Edmund. I loro palmi si sfiorarono appena; poi il ragazzo, con la massima delicatezza, le prese le dita tra le sue.


**** Angolo Autrice ****

Ma quanto belli sono Edmund e Jane io non lo so <3 E vabbe', concedetemelo: saranno sette anni che ho scritto 'sta scena, e ogni volta che la rileggo mi suscita una tenerezza infinita. E, tra le altre cose, sono sempre più motivata a scrivere un sequel alla fine di questa trilogia. Anche per approfondire dei passaggi che per una ragione o per l'altra sono rimasti in secondo piano.

Che ne pensate, ragazzi? Sono davvero felice di sapere che state continuando ad apprezzare e sostenere questa piccola storia, davvero. Spero tanto che continui a essere così anche in futuro.

Vi mando un forte abbraccio e... a prestissimo!


F.

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