L'udienza


Jane credette di avere un infarto nel momento in cui il tintinnio della sveglia la strappò dal mondo dei sogni per farla ripiombare nella sudicia camera polverosa di Grimmauld Place. Quel rumore atroce poteva significare una cosa sola: il 12 agosto era arrivato e con esso l'udienza che avrebbe stabilito se lei e Harry sarebbero potuti ritornare a Hogwarts o meno l'anno successivo.

Imprecando tra i denti, la ragazza sgusciò fuori dalle vecchie coperte logore, cercando a tentoni le ciabatte e trascinandosi fino in bagno, che trovò già occupato da Hermione. Dopo aver atteso per qualche interminabile minuto nel pianerottolo pieno di spifferi, finalmente poté darsi una sistemata davanti allo specchio scheggiato. Ora più che mai desiderava tornare a casa sua, linda e pulita, per potersi fare finalmente un interminabile bagno caldo. Si sentiva terribilmente sporca e appiccicosa, come se tutta la polvere che ricopriva ogni singola superficie di casa Black le fosse entrata fin dentro le ossa.

Il suo malessere non migliorò affatto nel momento in cui rientrò in camera per indossare il vestito che Wendy, in una delle rare visite che le erano concesse, le aveva portato da uno dei migliori negozi di Londra. A suo avviso era semplicemente delizioso e avrebbe di certo fatto una buona impressione sulla corte, ma secondo Jane era la cosa più scomoda e inappropriata che potessero costringerla a indossare. Era un abitino stretto dal taglio classico, di un delicato rosa pastello, che andava abbinato a delle ballerine e una borsetta di pelle.

−Si intona con il colore dei tuoi occhi! – aveva esclamato Wendy nel momento in cui la figlioccia lo aveva soppesato con la stessa cautela con cui si afferra una granata sul punto di esplodere.

Jane non se l'era sentita di soffocare l'entusiasmo della madre con una delle sue battute mordaci e aveva accettato l'abito senza proferire nemmeno una sillaba. In fondo, andare a quell'udienza vestita da maschio come era sua abitudine non avrebbe di certo migliorato la situazione. Doveva adattarsi alle convenzioni, almeno per una volta.

Si spazzolò e legò i lunghi capelli corvini; poi scese al piano di sotto, dove gli altri la attendevano per la colazione. Si sedette accanto a Harry, che trangugiava il suo porridge con lo sguardo perso nel vuoto. Era la prima volta che Jane lo vedeva in giacca e cravatta. La cosa le fece una pessima impressione: era come se suo fratello si fosse trasformato improvvisamente in un impiegato di banca.

−Ciao, sorella – la salutò lui non appena si accorse della sua presenza.

Jane gli accennò un sorriso nervoso, servendosi anche lei di una piccola porzione di porridge. La tensione le aveva completamente chiuso lo stomaco. Quelle ultime due settimane sembravano essere volate via nell'arco di un battito di ciglia, anche se non era accaduto praticamente nulla. I membri dell'Ordine della Fenice andavano e venivano all'interno della casa, scambiandosi nient'altro che sporadiche battute che non dicevano nulla di particolare, all'infuori dei turni di guardia a una cosa misteriosa. Forse si trattava proprio dell'arma che Voldemort stava cercando, ma Jane nutriva anche un'altra ipotesi, ben più inquietante. In quei giorni interminabili non aveva fatto altro che pensare a Edmund e al suo terribile passato. Che fosse lui l'arma? La ragazza non riusciva a capire che cosa avesse visto in lui la Strega Suprema: Edmund sembrava del tutto immune alla Magia Oscura e di certo non poteva costituire una minaccia. Eppure, man mano che i giorni passavano Jane si rendeva sempre più conto che in quella storia c'erano troppi particolari che non quadravano. E il fatto che gli adulti si rifiutassero di parlare con lei non le era affatto di aiuto. Lo stesso Harry era titubante nei confronti di questa ipotesi, giustificando il dolore alla cicatrice suscitato dalla sola presenza di Edmund con il fatto che Voldemort era semplicemente furioso per aver perso una potenziale vittima.

−L'udienza è alle undici precise – disse in quel momento il signor Weasley controllando l'orologio. – Ho dato appuntamento ai Collins tra mezz'ora esatta di fronte al Parlamento.

−Bene, allora non c'è un minuto da perdere – disse la signora Weasley prendendo a sparecchiare frettolosamente la tavola e controllando che i gemelli fossero perfettamente in ordine. – Coraggio, ragazzi, andate di sopra a prendere le vostre cose.

Jane fu la prima ad alzarsi da tavola, avviandosi in camera sua con gli occhi bassi. Infilò a fatica la bacchetta nella borsa (si sentiva terribilmente vulnerabile, visto che non poteva tenerla in tasca o nascosta nella manica della veste, a portata di mano) e fece per avviarsi al piano di sotto, quando per poco non andò addosso a Ron, che era sbucato proprio in quel momento nel pianerottolo.

−Attenta, Jane! – disse lui sfoggiando il suo solito sorriso sghembo.

−Scusami, è l'agitazione! – si schermì lei, mentre le sue guance prendevano fuoco.

Si maledisse a elevazione di potenza per il leggero tremore che le aveva scosso la voce in quel momento. Prese a giocherellare con la borsetta per non guardare Ron dritto negli occhi, mentre il cuore le martellava con furia contro il petto. L'unica cosa positiva accaduta in quelle settimane era stata forse la nuova vicinanza che aveva avuto con il ragazzo, che condivideva il suo stesso pianerottolo. A scuola non erano mai così vicini. Erano sempre divisi da un dormitorio e, quando si incrociavano a lezione, era Harry la compagnia privilegiata del rosso, l'unico a cui fosse concesso fargli da tramite con il misterioso mondo femminile. Ma ora erano di nuovo maledettamente vicini, separati solo da una sottile parete scrostata. Erano entrambi chiusi nello stesso ambiente, costretti a incrociarsi di continuo. Alle volte, durante le ore più silenziose della notte, Jane riusciva persino a sentirlo parlare con Harry nella stanza accanto, lasciandosi trasportare dalla fantasia in quei tre metri quadrati che non poteva vedere. Cercava di immaginarsi Ron, stretto nel suo pigiama scozzese, sdraiato tra le coperte polverose intento a parlare oppure profondamente addormentato, con la luce rossastra delle candele che giocava con il rosso fuoco dei suoi capelli e l'incarnato pallido del volto.

−Andrà tutto bene, vedrai – la rassicurò il ragazzo cingendole le spalle esili con un braccio.

A quel contatto, Jane si sentì avvampare, irrigidendosi d'istinto.

−Hai fatto la cosa giusta – proseguì Ron.

−Davvero? – finalmente, la ragazza si costrinse a guardarlo dritto negli occhi per constatare con sollievo che stava sorridendo, salvo poi accorgersi che la sua mano aveva lasciato impercettibilmente le sue spalle.

−Certo! Voglio dire, te e Harry lo stavate facendo per salvarvi la vita, no? Non possono mica espellervi!

−No, no... certo.

Jane si lasciò scortare al piano di sotto, dove l'attendevano gli altri. Hermione le gettò letteralmente le braccia al collo, snocciolandole una serie infinita di decreti in cui si autorizzava l'uso della magia minorile in caso di pericolo mortale, ma la ragazza non sembrò prestarle attenzione. Era troppo tesa per ascoltare qualunque cosa. Voleva solo tornare a Hogwarts, ma non prima di concedersi quel maledetto bagno a casa sua. Salutò la signora Weasley e Tonks con un abbraccio; poi passò ai suoi amici. Mentre si avviava verso la porta con Harry, si voltò un'ultima volta verso di loro, non senza trattenere una fitta al petto. Forse li stava salutando per l'ultima volta, senza rendersene conto. Se mai lei e Harry fossero stati espulsi, che ne sarebbe stato di loro? Sarebbero dovuti fuggire per vivere per sempre una vita da reietti, braccati dai Mangiamorte in ogni dove?

A quel pensiero, la ragazza tornò indietro a grandi passi e, quasi senza che nessuno la vedesse, si alzò sulle punte e stampò un rapido bacio sulla guancia di Ron, per poi scomparire alla velocità della luce nell'atrio inondato di luce, raggiungendo finalmente il mondo esterno.

***

Era la prima volta che Edmund viaggiava in metropolitana. Non si era mai trovato in posto simile, pieno di gallerie sotterranee in cui centinaia di persone sparivano nell'oscurità all'interno di un treno sferragliante. In quel momento si trovava pigiato nella calca di pendolari mattutini, la schiena incollata sul rigido schienale del sedile che aveva eroicamente conquistato al suo arrivo, la sua coscia premuta contro quella di Susan, che continuava a gettarsi intorno occhiate nervose. Caspian era in piedi davanti a loro, sondando l'oscurità che si dipanava fuori dal finestrino con gli occhi stretti a due fessure, la mano stretta all'interno della manica sinistra, dove aveva nascosto la bacchetta. Alle loro spalle, stretti tra un barbone e una casalinga disperata, stavano Peter e Eustace, entrambi troppo tesi per dire alcunché. In molti li scrutavano all'interno del vagone, incuriositi dal loro aspetto tirato a lucido.

−Quanto manca ancora? – chiese Susan improvvisamente, rivolgendosi a Caspian.

−Non molto – rispose lui senza smettere di fissare fuori dal finestrino.

In quel momento, una voce metallica annunciò l'avvicinarsi della stazione successiva. Molti passeggeri presero ad avvicinarsi tempestivamente all'uscita più vicina. Susan afferrò Edmund per un braccio e lo costrinse ad alzarsi.

−È la nostra? – chiese tentando di sbirciare oltre la selva di teste che sciamavano fuori dal convoglio.

−Credo proprio di sì – rispose Caspian con un sorriso, indicando qualcosa sulla banchina.

A un centinaio di metri da loro, un anziano mago dalla lunga barba argentea e gli occhiali a mezzaluna li aspettava immobile come una statua, sfiorato appena dai passanti che lo superavano senza degnarlo nemmeno di uno sguardo, come se solo io giovani maghi potessero vederlo.

***

I gemelli Potter correvano a perdifiato lungo i corridoi sotterranei del Ministero della Magia, le gambe che dolevano per lo sforzo. A quanto pareva, il Wizengamot aveva deciso di fare il bastardo fino alla fine, anticipando l'udienza di ben due ore e il tutto senza avvisare nessuno all'infuori del vecchio collega barbuto di Arthur Weasley, che quella mattina si era presentato in puntuale ritardo.

Arthur, Wendy, Dennis e il signor Weasley tenevano loro il passo a fatica, ansimanti e paonazzi. Attraversarono il grande Atrium circondato da camini in cui maghi e streghe di tutte le età continuavano a materializzarsi in mezzo allo sfavillio delle fiamme, oltrepassarono la fontana dei Magici Fratelli, che occupava l'ambiente fino al soffitto, e infine si chiusero in un vecchio ascensore dorato, premendo il pulsante che li avrebbe condotti dritti nei sotterranei.

Ufficio Misteri – annunciò una voce metallica dopo minuti che parvero durare ore.

−Svelti, svelti – incalzò il signor Weasley spingendo gli altri verso l'esterno. – Mi chiedo solo perché abbiano spostato l'udienza in questo luogo orribile...

I gemelli non seppero mai la risposta esatta, ma dedussero immediatamente che i membri del Wizengamot avessero tutti uno sgradevole gusto per il macabro. Si trovavano in un buio corridoio di pietra nera debolmente illuminato da delle torce bluastre. Passarono rapidamente di fronte a una porta chiusa e si fermarono di fronte a un'altra, più grande e dall'aria ufficiale.

−Voi andate avanti, ragazzi, − disse il signor Weasley. – A me non è concesso entrare. Buona fortuna.

I gemelli strinsero il mago in un forte abbraccio; poi entrarono nell'aula con gli occhi bassi, seguiti a ruota dai Collins. Non appena furono all'interno, a Jane per poco non venne un infarto: lei e Harry erano già stati lì il maggio precedente, quando erano precipitati in un ricordo di Silente. Era stato proprio una quella sorta di segreta sotterranea grande quanto una cattedrale che Bellatrix Lestrange, sorella di Alhena Black, era stata processata per i suoi crimini. A quanto pareva, quella schiera di maghi rivestiti di porpora voleva riservare il medesimo trattamento ai due ragazzi.

−Harry e Jane Potter, − tuonò la voce di Cornelius Caramell nella penombra – cinque minuti di ritardo. Non mi sembra affatto un buon inizio.

−Ci dispiace – rispose Harry. – Il messaggio non ci è stato recapitato per tempo.

−Sciocchezze! Ora sedetevi.

Jane impallidì nel riconoscere le due imponenti sedie che li attendevano sinistre, con le catene che pendevano inerti dai braccioli. Si aspettava che tornassero ad animarsi come serpenti per bloccarle braccia e gambe, ma per fortuna ciò non avvenne.

−Signori Potter, siete accusati di aver effettuato un Incanto Patronus di fronte a dei Babbani la sera del 2 agosto scorso – prese a leggere Caramell in tono solenne. – Pertanto la pena prevista per un tale reato è l'espulsione dalla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, nonché la distruzione delle vostre bacchette. Gli imputati hanno qualcosa da dire in propria difesa?

−Ehm...

−È vero che sapete evocare un Incanto Patronus? – chiese improvvisamente una voce femminile in tono curioso.

A quella domanda, il volto di Harry si illuminò all'istante. – Sì! – esclamò con il cuore che gli batteva forte per l'emozione.

−Corporeo?

−Sì. Il mio ha la forma di un cervo, mentre quello di Jane è un pegaso.

−Interessante...

−Suvvia, Madama Bones, le sembra forse il momento di fare simili domande? – la interruppe bruscamente Caramell in tono piccato.

−Siamo stati costretti a evocarlo! – si difese Harry irato. – Siamo stati attaccati da dei Dissennatori!

−Ehm, ehm!

I ragazzi sussultarono. La voce che aveva parlato in quel momento era molto diversa dalle precedenti, acuta come quella di una bambina, e apparteneva a una donna grassa con due sporgenti occhi da rospo avvolta in un pelosissimo cardigan rosa acceso.

−Dissennatori in giro per i sobborghi di Londra? – chiese in tono zuccheroso. – La trovo una storia davvero ben costruita e potete avere i miei complimenti per la vostra fervida immaginazione, ma temo che abbiate tralasciato un dettaglio molto importante: i Dissennatori sono controllati direttamente dal Ministero e a nessuno di loro è concesso allontanarsi senza un'autorizzazione. Non ci risulta che due di essi fossero lontani da Azkaban la notte del 2 agosto, pertanto...

−Abbiamo dei testimoni che potranno sciogliere ogni dubbio – intervenne improvvisamente una voce antica e profonda che i gemelli Potter avrebbero riconosciuto tra mille.

In quel momento, Albus Silente fece ingresso nella segreta con il suo incedere lento e pacato, seguito a ruota da Eustace, Susan ed Edmund.

−Albus, − lo salutò Caramell sfoderando un sorriso tirato – immagino tu abbia ricevuto il mio avviso di anticipazione dell'udienza.

−Temo mi sia sfuggito, ma fortunatamente io e i testimoni siamo arrivati al Ministero con due ore di anticipo – rispose lui con calma.

−Bene, bene – il sorriso sul volto del Ministro della Magia si gelò all'istante. – E che cos'hanno da dire questi ragazzi? Vedo che hai portato con te anche un Babbano, giusto? – soggiunse indicando Eustace. – I Babbani non possono vedere i Dissennatori.

−Io non sono un Babbano! – protestò il ragazzo. – Ho perso i miei poteri, è vero, ma non sono un Babbano. E, anche se non ho potuto vedere in faccia quella creatura, l'ho sentita! Di colpo, tutto è diventato freddo e buio e io mi sono sentito malissimo, come se non avessi mai più potuto essere felice. Ho ricordato delle cose orribili, come se le stessi vivendo di nuovo. Poi Harry mi ha salvato. Ho visto il cervo che attaccava qualcosa tra gli alberi e di colpo sono ritornate le stelle.

−Anche per noi è stato così – soggiunse Susan con determinazione. – Eravamo usciti all'esterno del ristorante per sgranchirci un po' dopo il ricevimento, quando di colpo siamo stati attaccati. Eustace aveva litigato con Edmund e se n'era andato per conto suo. Per fortuna, Harry ha percepito la presenza dei Dissennatori e lo ha seguito per proteggerlo.

−Noi invece siamo rimasti con Jane – intervenne Edmund. – Di colpo, qualcosa di viscido mi ha scagliato a terra e mi ha serrato le mani attorno alla gola. È stata la cosa più orrenda che mi sia mai capitata. Avevo come l'impressione che qualcuno mi stesse risucchiando via ogni ricordo felice, lasciandomi solo quelli più terribili. Li ho rivissuti tutti, uno per uno, e credevo di morire, quando di colpo è arrivato il Patronus e mi ha salvato. Jane era accanto a me, con la bacchetta levata. Poi temo di aver perso i sensi.

−La legge magica parla chiaro – disse Silente in tono severo. – Un minorenne è autorizzato a usare la magia per difendersi in caso di grave pericolo. Questi ragazzi non hanno infranto alcuna regola e l'unica accusa per cui li si sta processando come dei criminali qualunque è quella di essersi salvati la vita. Rifletti, Cornelius: vale la pena optare per una decisione così impopolare?

L'ultima frecciata sembrò centrare il bersaglio. Il volto di Caramell sembrava congelato in un orribile sorriso di cortesia, mentre i suoi sporgenti occhi celesti guizzavano da una parte all'altra del Wizengamot.

−Direi che sia il caso di procedere con le votazioni – disse in tono innaturale. – Quanti a favore della condanna?

Molte mani si alzarono con un fruscio sinistro, prima fra tutte quella della donna con il cardigan rosa. Jane sentì il terreno mancarle sotto i piedi.

−Quanti invece a favore dell'assoluzione? – chiese di nuovo Caramell.

Con somma sorpresa dei gemelli, un numero maggiore di mani scattò in aria.

−Assolti – decretò il Ministro in tono glaciale.

A quella notizia, Harry e Jane si saltarono letteralmente al collo, stringendosi in un caloroso abbraccio sollevato, a cui si aggiunsero immediatamente i Collins. Mentre un fragoroso scalpiccio di passi sulle tribune annunciava che la seduta era definitivamente tolta, i ragazzi raggiunsero di corsa i loro salvatori, salvo trovare solo i Pevensie.

−Dov'è Silente? – chiese Harry aggrottando le sopracciglia.

−Se n'è andato non appena è stata pronunciata la sentenza – rispose Susan.

−Dovevo parlargli – borbottò l'altro.

−Ne avrai sicuramente l'occasione non appena torneremo a Hogwarts.

−Lo spero!

Nel frattempo, Edmund si era avvicinato timidamente a Jane.

−Ti ringrazio per essere venuto – disse lei sorridendo.

−Io? Ma niente, era il minimo che potessi fare. Non dovevi metterti nei guai per me – si schermì lui scrollando le spalle.

−E lasciarti in mano al Dissennatore? Sai che non l'avrei mai fatto.

Finalmente, il gruppo uscì fuori dall'aula, dove ritrovarono un pallidissimo signor Weasley. Osservava con gli occhi sbarrati due figure seminascoste nell'oscurità. Nel riconoscerle, Jane strinse istintivamente i pugni: erano il Ministro Caramell e Lucius Malfoy.

−Ora capisco tante cose – ringhiò Susan nell'orecchio dell'amica. – Che essere spregevole!

−Andiamo via, ragazzi – disse il signor Weasley senza perdere d'occhio i due.

−Credete che Malfoy stia controllando Caramell con la Maledizione Imperius? – chiese Susan non appena furono al sicuro all'interno dell'ascensore.

−No, purtroppo – risposero i gemelli all'unisono.

In quel momento, le sbarre dorate dell'ascensore si chiusero ed essi presero a risalire rapidamente verso la luce del giorno.




**** Angolo Autrice ****

Eccomi qua, ce l'ho fatta anche questa settimana! :) Come state? Io sono stata presissima come sempre, ma non potevo di certo dimenticare il nostro appuntamento. Anche perché stiamo entrando nel vivo della storia, con l'imminente ritorno a Hogwarts e l'inizio degli studi anche per Edmund. Immaginerete già a quale Casa verrà assegnato... avete già qualche ipotesi sul suo passato e se può essere in qualche modo legato a Voldemort? Spero non siate già andati a curiosare su Efp per eventuali spoiler xD

Vi ringrazio infinitamente per le numerose visite e per continuare a tenere viva questa storia. L'ho scritta con il cuore, anche se molto tempo fa, e ci tengo a darle il giusto spazio.

Se intanto avete voglia di leggere qualcosa di inedito, vi ricordo che sono anche su Amazon con le mie saghe originali, sempre sul filo dell'urban fantasy - l'ultima delle quali, tra l'altro, è ispirata proprio a questo crossover- Vi lascio il link, se avete voglia di farci un salto: https://www.amazon.it/Francesca-Sannibale/e/B01NBA0NPU/ref=dp_byline_cont_pop_ebooks_1

Grazie ancora per chi lascerà un commento o una piccola stella! Ora mi rimetterò alla pari anche con gli scambi recensioni, non temete.

Un abbraccio forte e buon inizio settimana a tutti <3


F.

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