87. Frammenti
«Non possiamo esaminare ora quella cassa, è troppo tardi» borbottò Blaise. «Blocchiamo tutto e domattina andremo. Saltiamo le lezioni, dovere di Caposcuola e Prefetto!» esclamò poi, facendole l'occhiolino.
«Sarà meglio salutare Hagrid. Deve partire e vorrei che partisse soddisfatto di averci aiutato. È così caro! Non credi che dovremmo anche avvisare gli altri?»
Il ragazzo non rispose subito, riflettendo.
«Ognuno di loro è comunque impegnato per risolvere la situazione, non è che stiano con le mani in mano. Vediamo prima se ne sarà valsa la pena, direi. Se ci rendiamo conto che quei ricordi possono essere d'aiuto, li avviseremo e ci divideremo i compiti, per così dire.»
«Concordo, Caposcuola, avvisiamo però,» soffiò maliziosamente la ragazza sulle sue labbra. Il ragazzo si lasciò sfuggire un leggero gemito.
«Gin, ti prego! Non fare così se vuoi tornare a cena, il nostro incontro nel bagno dei Prefetti è fin troppo lontano ed è difficile...»
«Tenere le mani a posto?»
«Sì! Sei una vera peste, rossa! Oh, ecco Hagrid. Devo ricompormi... per favore!»
«Ehi ragazzi, ci avete parlato con Silente?»
«Oh, sì, tutto a posto! Ci ha spiegato cosa dobbiamo fare. Grazie, senza di te non avremmo saputo come comportarci!»
«Oh, bene. Sicuri che è tutto a posto, sì?»
«Sì, perché sei preoccupato Hagrid?»
«Ragazzi, sono stato lontano da Hogwarts per così tanto e ora me ne devo andare di nuovo! Non vi voglio lasciare nei guai, la scuola è stata la mia casa e io ci tengo un legame che... non vi so spiegare ma come faccio ad andarmene se non ho aiutato nemmeno un poco? Mi capite?»
Ginny non rispose, ma si avvicinò ad abbracciarlo come meglio poteva, pareva minuscola vicina a quell'omone. Lo strinse forte e poi gli sussurrò
«Ti capisco, anzi, ti capiamo. Credimi, ci hai aiutato tantissimo e non solo ora. È giusto che tu torni da Madame Maxime, la tua vita ora è là, anche se avrai per sempre Hogwarts nel cuore.»
Hagrid tiro su col naso. «Dici davvero? Anche voi siete sempre nei miei pensieri. Sono sicuro che troverete il cuore e scioglierete la maledizione.»
«E sarà anche grazie a te! E poi ci scriveremo e magari questa estate ti verremo a trovare in Francia! Hermione mi ha detto che si mangia benissimo, è vero?»
Blaise li guardava, la bocca secca e lo sguardo quasi commosso. Ginny gli stava parlando quasi come avrebbe fatto una madre, o una sorella maggiore. Era forte e rassicurante. Si chiese come sarebbe stata la vita al Castello, se in tutti quegli anni non ci fossero state scaramucce tra le case.
«Io e Maxime vi aspettiamo, allora. Anche voi serpi.»
«Beh, Astoria frequenta Beauxbatons... almeno Daphne la vedrai di sicuro! Ma magari facciamo un viaggio tutti insieme, sarebbe bello.»
«Oh, allora, vi aspetto.»
I ragazzi videro il mezzogigante dirigersi verso l'uscita della scuola.
«Dai, rossa, andiamo a cena. Ci avranno dato per dispersi.»
~
Hermione non si dava pace. Sciagurata, era una sciagurata! Quando Draco le aveva raccontato delle imprese di Blaise e Ginny, avrebbe voluto strozzare la sua amica. Andare alla ricerca del cuore da sola! E Blaise, poi? Invece di dissuaderla se n'era fatto complice. Sì, proprio complice. E ancora non sapevano se fossero in grado di produrre un patronus corporeo. Incoscienti e pazzi. Oh, ma anche il suo ragazzo, sì, proprio lui. Invece di ragionare, era scoppiato a ridere per la loro bravata. Era furiosa, nera come un ungaro spinato.
«Hermioni, se continui a stritolare quell'uovo diventerà frittata.»
«Cosa?»
«Ti sto dicendo che...»
«Ivàn, lasciala perdere, oggi è nervosa» disse Harry che conosceva bene la sua amica. Di solito, solo Ron era in grado di farla infuriare in quel modo. Beh, una Weasley c'entrava, in fondo. Solo che Ginny non era Ron; lei non aveva quell'imbarazzata aria di scuse, anzi. Dritta e serena, le aveva detto chiaramente che l'avrebbe rifatto, che non aveva bisogno di balia o di essere protetta. E che si desse un po' da fare con il suo ragazzo, che stava troppo sui libri! Harry quasi scoppiò a ridere al ricordo.
«A che punto siamo con i patroni?» chiese all'improvviso Hermione.
«Dovremmo fare un'esercitazione proprio oggi. La teoria è a posto, è ora di passare alla pratica, no?»
«Non abbiamo tutto questo tempo, Harry. Se i River dovessero tornare e noi non fossimo pronti...»
«O se i tempi relativi alla profezia si stringessero, sì, lo so, Hermione, me l'hai detto giusto stamattina a colazione. Ma non posso far produrre un patronus senza qualche esercitazione, sono un mago ma non faccio miracoli!»
La Caposcuola sbuffò. «Fra un po' ci riescono prima i ragazzini che gli altri che si suppone abbiano tutti almeno superato i G. U. F. O.»
«Herm, accipicchia, rallenta! I ragazzini non hanno le brutte esperienze degli altri, devi calmarti e razionalizzare!»
«Ehi, ragazzi!» la voce di Blaise gli colse alla sprovvista. Dietro di lui Draco guardava la sua ragazza con perplessità. Conosceva quel cipiglio e, a essere sinceri, ne aveva paura.
«Avete cinque minuti? Dobbiamo mettervi al corrente di una scoperta che abbiamo fatto.»
«Di notte?»
«Hermione,» la ammonì Harry «Non mi sembra il momento per i dissapori. La profezia, ricordi?»
Draco aveva aggirato il tavolo dei grifoni e si era posto dietro a Hermione, avvolgendo con noncuranza le sue spalle. La ragazza si voltò e vide gli occhi grigi del suo ragazzo preoccupati e ogni barlume di litigiosità sembrò evaporare.
«D'accordo, usciamo un attimo in cortile, così ci aggiorniamo.»
«Ah, le serpi sono pronte con i patroni. E pure i corvi, ci ha detto Luna.»
Hermione sgranò gli occhi nocciola. E prima di poter dire qualcosa Neville parlò: «Anche i Tassorosso, e noi, beh, penso di sì. Gin?»
«Io ci sono, sì.»
«Allora Harry, domani facciamo il punto e tutti mostreranno il loro patronus per sicurezza.»
«Okay. Andiamo?»
~
Hermione e Draco avevano ascoltato con attenzione il racconto di Ginny e Blaise. La Caposcuola, che era stata furiosa sapendo della scappata notturna dell'amica, adesso si era calmata e si era resa conto che quell'azione impulsiva si era rivelata infine necessaria. Una testimonianza diretta avrebbe potuto fornire loro indizi di gran lunga migliori sulla collocazione del prezioso manufatto. Ora, seduti a terra nella stanza del pensatoio, la giovane Weasley e il suo ragazzo si stavano accingendo ad aprire la cassa.
«Cosa pensi che troveremo, Blaise?»
«Non ne ho la più pallida idea, ogni volta che riusciamo a fare un passo avanti ne facciamo due indietro.»
«Meno male che Herm si è convinta ad andare da Olivander, per scoprire se lui ricorda dei dettagli della profezia declamata dalla Sibilla.»
«Hermione sa fare l'incantesimo che permette di prelevare i ricordi?»
«Serve un incantesimo? Pensavo che i ricordi venissero semplicemente ceduti.»
«Solitamente è così.»
«Cistem aperio!» La serratura della cassa scattò, con un cigolio stridulo. I due ragazzi si avvicinarono al baule con reverenza. Al suo interno era buio.
«Lumos!»
Il fondo del baule brillava come se ci fossero schegge di vetro, invece erano ampolle. Alcune colme, altre piene per metà o poco meno.
«Merlino! Se volessimo guardarle tutte ci vorrebbe tutto l'anno! Ti prego, dimmi che ci sono delle etichette!»
«Qualcuna sì, anche se si leggono appena.»
Curiosi come due bambini davanti a un baule colmo di giochi, tuffarono le mani nella cassa, prendendo e posando le ampolle.
«Guarda! Riesci a leggere qua?»
«Riesco a distinguere il nome Tosca Tassorosso ma poco altro. Allora è vero che ci sono frammenti delle origini!»
«Sì, guarda... questo qui riguarda la creazione del Cappello Parlante. Non ci serve ma... Salazar, è incredibile! Gin... Gin, ce l'abbiamo fatta, guarda!»
Ginny gli prese dalle mani una minuscola, impolverata ampolla. Al collo, un'etichetta ingiallita e sbiadita. Anche il fumo vorticante al suo interno pareva meno compatto, quasi ci fossero degli strappi in quei ricordi. Erano brandelli slegati ma Ginny sorrise: una mano dalla grafia elegante aveva scritto: La nascita del Cuore.
«Oh, sarà davvero quello che stiamo cercando?»
«Non ci resta che guardare.»
Blaise si diresse al pensatoio con l'ampolla, le mani che gli tremavano appena.
«Aspetta. Dammi la mano e non lasciarla, vuoi? Non sono mai stata in un ricordo.»
«Nemmeno io, piccola!»
Si affacciarono insieme al pensatoio e la sensazione di risucchio che avvertirono fu simile a quella della smaterializzazione, pensò Blaise, che l'aveva già sperimentata. Si ritrovarono davanti alle porte di un castello decisamente più piccolo di quello attuale. Una nebbia lattiginosa pareva permeare tutto. In lontananza quattro figure si ergevano imperiose.
«Non è nebbia, vero? Non mi pare nebbia.»
«Credo sia il ricordo. Come quando guardi una foto sfocata, no?»
«Ci avviciniamo?»
I ragazzi si mossero con cautela come se potessero essere visti.
«Godric, per Merlino. Vuoi muoverti?»
«Salazar, ci vuole tempo per queste cose...»
«Voi due, insomma, smettetela! Non siete due ragazzini, no?» La voce di Tosca Tassorosso aveva ripreso bonariamente i due maghi. Non pareva un litigio, non proprio. Era più simile al battibeccare che a volte capitava in Sala Comune.
«Su, Salazar ha ragione, dobbiamo comunque sbrigarci. Il momento astrale più propizio sta per terminare.»
Un improvviso bagliore e la scena parve cambiare, come se al ricordo mancasse qualche minuto. Erano più vicini al bosco, ora. Le espressioni sui visi erano solenni e assorte.
«Ci siamo.»
«Sei sicura, Priscilla, che debba essere qui?»
«È questo il luogo, sì. Le forze della natura qui sono potenti. Le senti anche tu, ne sono certa.»
«Sì, mia cara. Abbiamo tracciato il perimetro, adesso creiamo il cuore della nostra scuola.»
La voce di Godric si disperse nel vortice che riportò Blaise e Ginn nella stanza del vecchio pensatoio.
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