8. Gufi e guai

Harry iniziava ad essere stufo di quella situazione. Ginny non parlava con Hermione, che dʼaltro canto era sempre impegnata nei suoi doveri di Caposcuola e, diciamo la verità, a lui mancavano tremendamente i suoi due amici. Avrebbe tanto voluto scrivere una lettera a Ron, ma il pensiero di usare un gufo che non fosse Edvige lo rendeva infelice. Aveva perso tanti affetti in quegli anni e, anche se si trattava di una civetta, era stata la sua compagna fedele nelle estati di reclusione dai Dursley. Oltretutto il suo rapporto con il più giovane dei maschi Weasley, il suo miglior amico di sempre, si era complicato parecchio. Ron non era voluto tornare a scuola, aveva preferito restare ai Tiri Vispi, a vendere giochi e scherzi. Nulla di male, certo! Ma questo aveva segnato irreversibilmente il rapporto, già burrascoso, tra Ron ed Hermione. La sua scelta di tornare a scuola, che gli era parsa tanto naturale e perfino consolatoria, aveva finito per porlo per lʼennesima volta come termine di paragone e per scatenare lʼindole gelosa del suo amico.

Stava rimuginando su tutte quelle cose mentre, con passo svelto, era di ritorno dal campo di Quidditch. Dopo pochi giorni ci sarebbero state le selezioni per la squadra e lui, nuovamente il Capitano, era sicuramente senza portiere.

Aveva raggiunto la guferia, davanti alla quale doveva necessariamente passare, quando un grosso rapace gli planò addosso. Per istinto allungò un braccio e quello vi si appoggiò sopra con noncuranza. Era uno splendido esemplare di gufo reale dalle piume brune. Chissà di chi era e perché era venuto da lui. Gli mordicchiò appena un dito, come per gioco.

«Ahi, piano, bello!»

«Bubò, ce nʼest pas drôle!»

Harry osservò il rapace muovere la testa a destra e sinistra, ignorando il richiamo di quella che doveva essere la sua padrona: Ametista Nott.

«Oh, Bubò, tu es là. COQUIN! Scusami, ti ha infastidito?»

«No, no, è molto bello» disse il moro avvicinandosi alla ragazza. Gli occhi azzurri di lei lo scrutavano attenti.

«Gli piace farmi gli scherzi, è un birbante. Un coquin.»

Harry restituì il volatile alla sua proprietaria e fece per salutare, era ancora in tenuta da Quidditch e non gli sembrava il caso di rimanere ancora in quelle condizioni in giro.

«Porto a nanna questo sbruffone e poi ritorniamo al castello, insieme?» chiese la giovane con fare gentile. Per il Salvatore del mondo magico era difficile collegare la ragazza con i Nott. La conosceva da poco tempo, ma non gli sembrava affatto una di loro. Anche Sirius era un Black, ma di certo non aveva nulla a che spartire con la cugina Bellatrix. E poi gli occhi di Ametista Nott avevano una luce di innocenza che gli ricordava molto da vicino gli occhi di Luna, attraendolo e dandogli una sensazione di serenità.

«Oh, certo» rispose dopo qualche secondo. Bubò trillò il suo disappunto per l'essere riportato in gabbia e arruffò un poʼ le piume per apparire ancora più convincente, ma nulla: Ametista lo condusse in guferia lo stesso. Harry la attese di sotto, dicendole che era scomodo salire con la divisa e la scopa. Si sentiva un poco sulle spine, ma in maniera piacevole, come quando aspetti unʼuscita a Hogsmeade.

«Eccomi, possiamo andare.»

«Oh, certo» rispose Harry riprendendo la scopa che aveva appoggiato al muro dellʼedificio in attesa del ritorno della corvonero.

«Ti trovi bene qui da noi?» chiese Harry, giusto per rompere il ghiaccio.

«Sì, direi di sì. Io sono bilingue e da quel punto di vista ho forse meno problemi del tuo amico bulgaro, ma il mio cognome qui al castello non è ben visto da tutti...»

«Oh, ma non dovresti darci peso, sai? La famiglia da cui proveniamo non determina certo chi siamo! E, se qualcuno non lo comprende, forse non vale la pena di perderci tempo. Non credi?»

«Sei saggio, Harry Potter. Gabrielle aveva ragione!»

«Gabrielle Delacour? Tu conosci la sorella di Fleur?»

«Mais oui!»

«Scusa, mi scordo sempre che hai studiato a Beauxbatons. Tua mamma è francese, giusto?»

«Sì, ed è una nata babbana, come lo era la tua. Mi dispiace per le circostanze in cui è morta... in cui sono morti entrambi.»

Harry era così colpito dalla profondità e dalla facilità con la quale si stavano scambiando confidenze così intime che non poté far altro che annuire.

«Anche mio padre è morto. Almeno così credo, perché in realtà non abbiamo avuto più sue notizie. Ormai è tanto, troppo tempo! Non avrebbe mai dimenticato la sua famiglia, ci amava tanto!»

«Ma potrebbe essere stato obliviato, non ci avevi pensato?»

Ametista soppesò quelle parole «Non so, era, è, un mago potente... Però non ci avevo mai riflettuto» concluse, fissando intensamente la mano sinistra. Allʼanulare, brillava unʼametista violetta, splendida nella sua semplicità. Scosse la testa: quel frammento sulla sua mano era uno degli elementi che le faceva temere il peggio.

«Adesso che la guerra è finita, potrete cercarlo, no?»

«Sì, maman e zia Clodine lo stanno già facendo...»

Gli occhi di Ametista si erano fatti lucidi e le spalle irrigidite, Harry si sentì in colpa per aver lanciato quel suggerimento incauto: doveva soffrire moltissimo!

Conosceva bene la sensazione di non avere nessun potere decisionale sulla propria vita e di subire gli eventi. «Scusami, a volte sono un vero Troll!» Lei però scosse la testa e rilassò un poʼ la postura. «Non è colpa tua, anzi, grazie per averci salvati tutti!» Harry divenne tutto rosso e annuì di nuovo, per fortuna che erano arrivati al castello.

«Beh, non ero solo, sai?»

«Non si fa mai nulla da soli, in realtà» commentò lei «Ma siamo sempre soli quando dobbiamo decidere di sacrificare qualcosa di importante e tu lʼhai fatto.»

Harry non sapeva davvero come ribattere: sembrava proprio che la giovane corvonero comprendesse molto di quello che aveva provato, anche se lui non si sentiva così eroico. Per il suo coraggio, tante persone non cʼerano più...

Erano ormai davanti alle porte di Hogwarts quando videro arrivare Ivàn tutto trafelato.

«Harry, Harry, meno male che ti ho trovato! Ginni è fuori di sé sta urlando contro Hermionì in cortili e vuole schiantare lei. Neville è Seamus hanno cercato di fermarla ma... Harry fai presto!»

Harry e Ametista si guardarono per un istante e poi si misero a correre dietro a Ivàn, più velocemente possibile. Harry si rese conto che la situazione era veramente urgente e urlò ai compagni: «Correte, raggiungetemi!»

Poi inforcò la scopa che si stava malamente trascinando dietro e si librò in volo. Dopo appena un attimo era in cortile, era atterrato alle spalle di Ginny e, di slancio, le aveva tolto la bacchetta, provocandone un urlo di rabbia. Ginny si voltò, lo sguardo furioso, e poi scoppiò in lacrime, coprendo il volto con le mani.

«Su, dai» provò lui, incerto, battendole un colpetto sulla spalla «Se tutto va bene non se nʼè accorto nessun professore e ora...»

«Weasley!»

Harry, stupefatto, si voltò. Blaise Zabini si stava avvicinando, accompagnato da un trafelato Draco Malfoy. Harry si rese conto che doveva averlo chiamato lui. Hermione, lʼespressione scombussolata, fece pochi passi indietro, urtando con le gambe una panca e crollando a sedere.

«Weasley, io credo che dovremmo parlare, non è con Hermione che sei arrabbiata, ma con me. Quindi vieni e parliamo... non appena sarai più tranquilla.» disse il moro non appena fu arrivato dai due e vide la rossa in lacrime .

«Mi volete spiegare cosʼè successo qui? E dove sono Seamus e Neville?» Harry teneva ancora ben stretta la bacchetta di Ginny, mentre con gli occhi tranquillizzava Ametista e Ivàn che stavano arrivando di corsa.

E solo allora notò da un lato del cortile i due amici pietrificati.

«Dannazione, Ginny! Sei un Prefetto.» borbottò il moro a mezza voce, cercando di comprendere bene la dinamica dei fatti. Blaise intanto scioglieva lʼincantesimo della pastoia, mentre teneva sempre dʼocchio le due ragazze. Da quello che gli aveva detto Draco, che si trovava a passare lì per caso, Ginny aveva cercato un altro scontro con lʼamica e, allʼennesima difesa della ragazza nei confronti di Blaise, aveva perso il controllo. A nulla erano serviti i tentativi di conciliazione di Paciok e Finnigan. Krum era scappato, quando la rossa aveva sfoderato la bacchetta di fronte a una Hermione allibita e incredula, a quanto pare per cercare Harry Potter.

«Granger, ti senti bene? Sei pallida» disse improvvisamente Draco avvicinandosi alla riccia Caposcuola.

«Sì... no... non lo so... Credo che vomiterò.»

«Vieni, qui ci penseranno loro. Ti accompagno in infermeria, Madama Chips ti darà qualcosa per calmarti e farti riprendere.»

Imprevedibilmente anche per lui, Hermione Granger annuì e accettò la mano porta per rialzarsi, anche se poi la lasciò subito andare. Un solo sguardo a Harry gli fece capire che andava tutto bene e si allontanarono.

«Ivàn, per favore, aiuta Neville e Seamus a rialzarsi e poi accompagnate Ametista alla sua torre, ci vediamo in sala comune fra poco...» Il giovane Krum fece come gli era stato chiesto e ben presto il cortile fu deserto e stranamente silenzioso.

Ginny Weasley era ancora ferma, le mani sugli occhi e le spalle che sussultavano piano. Non aveva risposto a Blaise Zabini, né tantomeno a Harry Potter, che si vergognava anche solo di guardare in faccia. Rimasti solo loro tre, Zabini cominciò a parlare piano.

«Non credere che non ti capisca. Hai perso tanto e troppo in fretta. Ma non sei lʼunica. Ognuno di noi ha perso in questa guerra. La differenza tra noi serpeverde e voi grifondoro è che, oltre a persone care, abbiamo perso anche lʼonore, agli occhi del mondo magico.»

«No, non puoi capire. Nessuno può... Io... Io ho perso tutto, tutto!» rispose singhiozzando più forte. Ormai lʼarmatura che aveva indossato in quei giorni era crollata.

«Ginny» sussurrò Harry, facendo in modo che la ragazza scivolasse nel suo abbraccio. «Non fare così... Sai che ti vogliamo bene. Domani Hermione non se lo ricorderà neppure quello che è successo e neanche gli altri» gli si stringeva il cuore a vederla in quel modo. Anche lui soffriva molto per la perdita di Fred, solo che lui piangeva di notte, di fronte a una tomba in riva al lago.

«Harry, forse deve solo tirare fuori quello che prova» suggerì Blaise, che era rimasto immobile a osservare la scena. Harry annuì.

«Se devi fare rapporto alla Preside, vai pure Blaise, io la accompagno in camera e poi vado a controllare Hermione.»

«Rapporto? E per cosa?» chiese lui con un finto tono interrogativo. «Dovrei far rapporto ogni volta che rientro nei sotterranei, allora. La McGranitt sarebbe letteralmente inondata di rapporti. No, non si può agire in maniera regolare, questʼanno. Perfino Hermione concorderà con me!»

A questa affermazione Ginny si lasciò sfuggire una risata fra i singhiozzi: «Ne dubito, Zabini!»

«Blaise, preferisco Blaise, se non ti crea troppo disturbo. Non puoi continuare a chiamarmi per cognome dopo aver pietrificato due compagni di casa per colpa mia! Ovviamente anche tu Harry puoi chiamarmi così. Anzi lo hai già fatto» concluse, con un sorriso accennato.

Harry li guardò stupito. Si staccò leggermente da Ginny per recuperare la scopa e disse: «Meglio rientrare e poi io ancora non mi sono cambiato! Ehm... questa è tua!» Aggiunse, porgendo alla ragazza la sua bacchetta.

Gli altri due allora lo osservarono meglio e si resero conto che indossava la divisa da allenamento, quindi decisero di fare come era stato loro chiesto.

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