79. Lo spezzaincantesimi

George si stiracchiò, indolenzito: erano stati chini accanto al camino per parecchio tempo e lui aveva già lavorato tutto il giorno, caricando e scaricando pacchi e correndo avanti e indietro nel negozio, cercando di accontentare ogni richiesta. Non era un lavoratore instancabile suo fratello Ron, ma la mancanza del suo aiuto cominciava a sentirla!

«Andiamo a mangiare da Aberforth allora?»

«Non so, George, si è fatto tardi e sono morto di sonno. Inoltre, devo contattare anche Perce. Vai tu al Vecchio Porco e salutami Aberforth! Anzi, digli che passerò al più presto: gli avevo mandato un patronus, il giorno in cui mi hanno aggredito, poi non mi sono più fatto sentire.»

«Oh, immagino tu fossi molto distratto, giusto?»

«Scemo!»

«Sì, sì! Facile darmi dello scemo! Dovrai presentarmela, prima o poi. La prima donna che accalappia Charlie Weasley! È da conoscere!»

«Scemo davvero!» rise Charlie, stringendolo in un abbraccio «Finirà questʼanno e vedremo. Se sopravviviamo, forse, te la presento.»

«Non scherziamo, Charlie!» gli rispose George con un lamento «Basta profezie funeste, non credi? Dai, usciamo, fai come ti pare ma ho una fame da lupi, io.»

Uscirono di casa insieme, quindi Charlie si diresse verso il castello. George invece avanzò a passo svelto per le stradine di Hogsmeade, dirigendosi verso il pub di Aberforth Silente.

«Ehi, testa rossa!»

«ʼSera, Aberforth! Prima che mi dimentichi di riferirtelo, Charlie si scusa per lʼaltro giorno.»

«E vorrei ben dire! Ho chiuso di corsa il Pub per soccorrerlo e, una volta in strada, non ho trovato nessuno!»

«A sua discolpa, era ferito e lʼhanno smaterializzato lontano dal luogo dellʼagguato.»

Il vecchio barista rispose con un grugnito imbronciato.

«Dai, non lʼha fatto di proposito! Scommetto che si farà perdonare in qualche modo. Che hai da mettere sotto i denti?»

«Stufato con patate, oppure zuppa di zucca.»

«Vada per lo stufato, una porzione abbondante, e portami anche una burrobirra fresca. Grazie, Aberforth.»

«Ai suoi ordini!»

Dopo la cena e un paio dʼore di chiacchiere con il fratello del defunto Albus Silente, George rientrò a casa. Lʼappartamento che una volta aveva condiviso con Fred appariva freddo. Accese con un colpo di bacchetta il caminetto e si diresse nella zona notte per cambiarsi e nella camera da letto vide la riproduzione dello specchio delle Emarb, o specchio delle brame. I due fratelli lʼavevano fatto rifare per gioco. George si ricordava molto bene di quando aveva trovato con Fred lo specchio delle Emarb e specchiandosi avevano visto solo il loro riflesso, supponendo che fosse solo un comune specchio, per quanto avesse una cornice ricca e antica; ma a Hogwarts niente era come poteva sembrare. Non ci aveva più ripensato, se non per burlarsi di Harry e far fare quella copia.

Poi, a fine ottobre era andato da Percy al Ministero e gli avevano detto che lʼavrebbe potuto incontrare nellʼufficio oggetti confiscati. Una volta lì, per puro caso aveva ritrovato lo specchio e aveva guardato di nuovo il suo riflesso. Lui in quel momento era triste ed emaciato, il volto troppo affilato coperto da una leggera barba incolta, ma il giovane uomo nello specchio non lo era, era florido e sorridente; poi il riflesso aveva guardato verso la cornice e un uomo identico a lui era comparso: Fred Weasley. George per un momento aveva rivisto suo fratello, per la prima e ultima volta dopo la sua morte. Ormai erano passati mesi, ma era come se fosse appena avvenuto, per il suo cuore spezzato, ed era crollato a terra, in singhiozzi. Lì lo aveva trovato Percy, che in un battito di ciglia lo aveva portato a Hogsmeade, a casa, prendendosi cura di lui silenziosamente. Non era un comportamento che si sarebbe mai aspettato dal "vecchio" Percy, ma anche il fratello aveva le sue ferite ed era cresciuto e cambiato. Si era trattenuto in casa, preparandogli un tè caldo, corretto con qualche goccio di incendiario e, senza dargli fretta, aveva aspettato che George si calmasse e si addormentasse, su una poltrona. Lʼaveva coperto e si era appisolato anche lui, nella poltrona gemella, dopo aver smorzato il fuoco nel camino.

Solo dopo quel giorno aveva preso seriamente le sedute dal magipsicologo che Angelina gli aveva consigliato. Era stata la scelta migliore che potesse fare, dopo quella di aver accettato da Harry i soldi della vincita del Torneo Tremaghi, con i quale avevano aperto il negozio e comprato lʼappartamento. Angelina era una ragazza splendida, sperava che non si stufasse di lui tanto presto, voleva rimettersi abbastanza in sesto per essere, per lei, qualcosa di più di un vecchio compagno di scuola.

Vivere senza Fred era come camminare senza una gamba, o nuotare con un braccio solo. Loro erano gemelli, vivevano in simbiosi: da che aveva memoria erano stati lʼuno il prolungamento dellʼaltro. Però in quei mesi di terapia aveva compreso che lui non avrebbe voluto che lo ricordasse piangendo, ma sempre con un sorriso. Così come pure era morto, sorridendo. Aveva anche compreso che, nonostante Fred ci sarebbe sempre stato nel suo cuore, lui era e doveva tornare a essere un individuo. Cʼerano certe sere, però, in cui ancora si sentiva precipitare, era stato difficile ricostruire un poʼ del vecchio George e andare avanti.

Si mise una vecchia tuta del fratello e decise di concludere la serata con un buon bicchiere di Firewhiskey, facendo lʼinventario davanti al camino. In fondo le lezioni di artimanzia dovevano pur essere servite a qualcosa.

~

Bill Weasley era diventato, da quando aveva lasciato Hogwarts, uno Spezzaincantesimi per la prestigiosa Banca dei Maghi, la Gringott. Era molto apprezzato dai folletti, per essere un umano, ovviamente, perché faceva sempre un ottimo lavoro, era brillante e rispettoso nei loro confronti. E Bill non fingeva, li rispettava davvero, pur non fidandosene mai fino in fondo. Erano folletti, dopo tutto, e la loro morale non corrispondeva esattamente a quella del mago comune. Tuttavia bastava conoscerli bene e non ritenersi superiori, per imparare a comportarsi nella maniera più adeguata.

Come aveva promesso Charlie, il mandato dal Ministero per perlustrare la camera blindata di Elizabeth Burbage era arrivato il giorno seguente. Percy, in questo genere di faccende, era efficiente e puntiglioso - e non guastava il fatto che aver avuto ragione su Simon River lo faceva sentire estremamente soddisfatto. Era stato lʼunico, al Ministero, a non apprezzare il giovane e bruno segretario del padre e ora poteva ben affermare di aver avuto la vista lunga. Dopo le sviste, per così dire, del passato, era una piacevole correzione di rotta!

La mattina della perquisizione della camera blindata, due Auror si erano presentati alla Gringott e i folletti avevano, come previsto, storto il naso adunco e inviato il loro uomo migliore alle loro calcagna: Bill Weasley.

Una volta arrivati alla camera blindata 1666, il folletto addetto la aprì con la consueta riluttanza, per far entrare prima gli Auror e poi Bill.

«Ma è vuota» esclamò lʼAuror più giovane, evidentemente scocciato da quella faccenda. «Dovremmo essere là fuori a cercare Mangiamorte e non qui dentro in questa camera blindata, ammuffita e vuota.»

«Beh, prima di affermare con certezza che sia vuota, è meglio controllare che non vi siano incantesimi protettivi.»

«Qui dentro? Ma è una dannata camera blindata, Weasley!»

«Finite incantatem» disse Bill iniziando da vicino lʼingresso per poi proseguire verso il centro. Non successe nulla.

«Vedi che è una stanza vuota? Vuota!»

«Shhh» Il giovane spezzaincantesimi riprese la posizione originale davanti allʼingresso: «Revelio!»

Un rumore sordo fece voltare sei paia dʼocchi verso un tomo che era caduto a terra. La voce di Bill cercò di risuonare pacata e non ironica. «Vedi che non era per niente vuota? Ci vuole pazienza con gli incantesimi protettivi, specie se sono potenti, vanno disinnescati con cura. Di solito devo provarne almeno una ventina, questa camera è decisamente fra le meno protette che ho trovato.»

Il giovane Auror cercò di darsi un contegno.

«Su, sbrighiamoci!»

«Un attimo. Devo farne una copia per gli archivi della banca, poi potrete portarne via lʼoriginale.»

Questa prassi era stata appena inventata da Bill; non voleva certo che Charlie e i ragazzi perdessero lʼoccasione di esaminare il prezioso reperto, considerando il tempo che sarebbe passato prima che gli Auror si decidessero a cedere loro qualche briciola di informazione.

«Oh, va bene, ma facciamo presto.»

Gli Auror si allontanarono di un passo.

«Sperando che non sia una perdita di tempo e che ci sia qualcosa di interessante, sembra un diario o un quaderno. Cʼè scritto: Professoressa Burbage, Babbanologia, Hogwarts.»

«Magari sono appunti delle lezioni o incantesimi domestici! Se non addirittura lettere dʼamore o un diario segreto, la ricordo la vecchia Burbage, sai che spasso!»

Era evidente agli occhi di Bill che, qualunque cosa fosse, non avrebbe avuto la giusta attenzione. Era da quando era iniziata tutta quella faccenda della profezia che gli Auror sottovalutavano la necessità di intervento a Hogwarts; quel diario sarebbe finito su uno scaffale del comando e lì dimenticato, a favore di più lampanti "emergenze".

«Geminio» Lʼincantesimo di duplicazione non era sempre utile, ma in quel caso avrebbe fatto al caso loro. Si trattava di un incanto che duplicava gli oggetti, pur facendo loro perdere le qualità magiche; ma ai ragazzi interessava leggere e quello avrebbero potuto farlo.

Una copia esatta del tomo si materializzò davanti a Bill.

«Reducio» e lo mise in tasca, prima che arrivasse il folletto per scortarli di nuovo in superficie.

«Perfetto, direi che qui abbiamo finito.»

I due Auror annuirono, per poi andarsene con il libro.

Bill era certo che non potesse essere solo un semplice diario, da quello che gli aveva raccontato Charlie con molta probabilità cʼerano informazioni vitali, di sicuro cʼerano appunti per un trattato sulla magia naturale, dove trovarla e come attivarla. Ci avrebbe scommesso il colore dei suoi capelli!

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