70. Il pericolo è lontano da Hogwarts?

Charlie Weasley era rientrato da poco da Londra, diretto al Castello. Ormai era diventato il punto di collegamento fra lʼufficio Auror e la scuola. Finalmente il Ministro aveva compreso la gravità della situazione e stavano cercando di rintracciare i River e Suzette Cox. La squadra di Auror promessa per indagare a Hogwarts non era giunta comunque; la risposta del Ministro era stata che, ormai, non era più necessaria, dal momento che Madeleine River era fuggita. A Ron, ancora, Charlie non aveva avuto il coraggio di raccontare lʼevolversi della situazione. Il fratello minore sembrava stare meglio in Cornovaglia, era più sereno e le sedute con il magipsicologo parevano funzionare.

Il giovane professore si era smaterializzato a Hogsmeade e, prima di tornare a Hogwarts, aveva deciso di fermarsi da Aberforth, forse una burrobirra gli avrebbe disteso i nervi. Una burrobirra e due chiacchiere senza peso. In fondo era venerdì pomeriggio e lui non aveva lezioni, dal momento che Rolf lo aveva sostituito per via del suo impegno al Ministero.

Fece qualche passo, il gelo sembrava aver fatto fuggire tutti gli sfaccendati dalle strade: il Paiolo Magico era pieno zeppo. Sorrise, certo che alla Testa di Porco la situazione fosse differente. Il locale di Aberforth era meno accogliente, ma lui lo preferiva, di gran lunga, per la compagnia del burbero oste. Si strinse nel mantello per il gelo insistente. Anche se ormai febbraio volgeva al termine, in Scozia il tempo era ancora rigido. I passi risuonavano sordi sulla ghiaia, rimbombando quasi, per via del silenzio profondo in cui era immersa la strada. Dʼun tratto, Charlie si sentì osservato. Era una sensazione tangibile e la sua esperienza con i draghi gli aveva insegnato che, il più delle volte, il pericolo non lo vedi, lo senti. Sfilò la bacchetta dalla tasca, per tenerla stretta in pugno.

Si guardò intorno, ma la strada era deserta. Unʼombra si mosse appena, allungandosi, dietro le mura di una casa dalle pareti ricoperte di edera e Charlie scattò, cercando un riparo. Un lampo di luce rossa sfiorò la terra dove, un attimo prima appena, cʼerano i suoi piedi.

Sono inutili gli Auror, il pericolo è lontano da Hogwarts!

Sì, proprio così, signor Ministro! Mormorò un incantesimo di disillusione, per confondersi con lʼambiente intorno a sé. Non avrebbe ingannato un mago in gamba a lungo, ma forse sarebbe stato sufficiente per stanare chi lo aveva attaccato e mettersi in una situazione vantaggiosa.

Aspettò un bel poʼ, ma non successe nulla. Il vento fischiava forte. Da lontano, vide una figura femminile che avanzava a fatica. Non era la professoressa River, che era piuttosto bassa; questa era una figura sottile e slanciata. Il vento strattonò forte il mantello, facendo abbassare il cappuccio: Daphne Greengrass!

Accidenti! Che ci faceva lontana dalla scuola, benedetta ragazza? Non che gli dispiacesse vederla, ma non adesso, non in mezzo al pericolo! Aveva in mano una piccola borsa porta carte: forse aveva dovuto sbrigare qualche commissione legata al suo ruolo di capofamiglia, ormai, con i genitori ad Azkaban. Il cervello di Charlie lavorava a gran velocità, cercando un modo per allontanarla da lì senza perdere il vantaggio della disillusione.

Ma chi poteva essere pronto a battagliare in mezzo a Hogsmeade? Suzette aveva abbandonato precipitosamente il negozio, il giorno stesso della fuga di Madeleine River de Castillo; era molto probabile che le due donne fossero insieme. Simon River? Poteva essere lui? Non si presentava al lavoro dal giorno dopo lo svolgimento della partita Grifondoro contro Serpeverde.

Cauto, Charlie tentò di avvicinarsi alla giovane Prefetto serpeverde. Era necessario arrivare abbastanza vicino per parlarle e farla andar via. Pregò che lʼincanto di disillusione tenesse. Era bravo negli incantesimi, ma non quanto nel domare draghi. In quel momento sentiva la mancanza di quei bestioni sputafuoco.

«Signorina Greengrass, Daphne!»

Una voce, che suonava nota, le bisbigliò allʼorecchio. Daphne Greengrass si immobilizzò: non cʼera nessuno attorno, non unʼanima viva.

«Di qua! Segui il muro e a metà troverai una nicchia. Nasconditi lì.»

«Professor Weasley?»

«Daphne, non parlare e ascoltami. Ti devi spostare da qui. Presto. Segui il muro, per Godric!»

Daphne fece come le aveva detto il professore, Charlie, e trovò la nicchia da lui indicata. Si chinò, nascondendosi alla vista di chiunque fosse stato sulla strada. Non sentiva più la voce e, incerta, provò a chiamare.

«Professore?»

Ma Charlie non rispose, era troppo impegnato a mandare un patronus ad Aberforth, lui lʼavrebbe sicuramente aiutato.

«Professor Weasley? Che succede?»

Niente, nessuna risposta. Daphne era stanca e spazientita. Era stata a Londra, con il permesso di Minerva McGranitt, per risolvere un problema legato alla sua eredità, al Ministero. Un palazzo era stato confiscato, gli Auror sospettavano ci fossero nascosti manufatti oscuri e lei, che con certe cose non voleva avere a che fare, aveva aperto loro le porte, consentendo di controllare ovunque. Scortesie, sospetti e ore passate ad aspettare che frugassero nelle sue cose, nelle cose della sua famiglia, lʼavevano decisamente provata.

Suo padre era un Mangiamorte, vero, ma lei non lo era. Sua sorella poi... e come non bastasse, ora, questa situazione. Era la voce di Charlie Weasley, ne era certa! Ma non lo vedeva da nessuna parte e ormai lʼansia cominciava a premere prepotente. Si guardò attorno di nuovo e poi fece per sollevarsi, quando una forza invisibile la tirò violentemente verso il basso.

«Daphne Greengrass, ascolti mai quello che ti dico? Stai nascosta! Finite incantatem!»

Lʼincantesimo di disillusione si infranse, Charlie si era reso conto che la ragazza non lʼavrebbe ascoltato se non lʼavesse visto.

«Sono appena stato quasi schiantato, non è sicuro questo posto. Dovrebbe arrivare presto qualcuno ad aiutarci ma, nel frattempo, vorrei che tu stessi al riparo.»

«Sono capacissima di difendermi, sai?»

«Chissà perché non ne dubito!» rispose ironico il giovane professore, irritato dalla testardaggine della ragazza. «Cerco di capire dove sia il pericolo.»

«Secondo te, ci sono i Mangiamorte qui a Hogsmeade?» chiese concitata la ragazza, senza accorgersi di avergli appena dato del tu.

«Non so chi sia, ma di certo non si schianta una persona che passa per caso in strada. Vado!»

Charlie si sollevò appena, restando con la testa bassa, la bacchetta ben salda nella mano destra e, cautamente, si diresse verso la strada deserta. Guardò a destra e a sinistra. Lʼunica cosa che vide, oltre alle solite case della via, era il negozio di filtri dʼamore di quella Suzette, nellʼangolo della strada.

Nellʼombra, una figura osservava il giovane; era coperto, non lʼavrebbe colpito da lì. Non poteva perderlo di vista! Quel giovane mago era un pericolo. Troppo acuto, una spina nel fianco, sia a Hogwarts che fuori. Eppure era necessario rischiare, era troppo vicino. Doveva ammetterlo, lʼaveva sottovaluto, ma non aveva molto altro da perdere in quel momento. Se fosse entrato nel negozio di Suze avrebbe trovato gli appunti di sua zia sui manufatti babbani che in realtà hanno delle proprietà magiche. Per non parlare della copia del diario. Era così prezioso, lʼoriginale, che sua sorella lʼaveva messo sotto incanto, in una camera blindata alla Gringott. Il diario raccontava la nascita di Hogwarts e lʼorigine del male che avrebbe colpito il Castello. Sarebbe accaduto, era solo questione di tempo. Ma non poteva lasciarsi intralciare dallʼennesimo Weasley. Il sorriso dellʼuomo era freddo, quando si incamminò, perfettamente disilluso, verso il centro della strada, bacchetta alla mano.

Daphne Greengrass osservava, vigile e immobile. Quellʼidiota del professore la credeva forse indifesa, ma lei non lo era, non lo sarebbe mai stata. Non era una bambola da esposizione, lei! Non cʼera nessuno ma, dʼun tratto, vide un cumulo di neve franare, come se qualcuno lʼavesse colpito col piede. Ecco!

«Lumos Maxima» gridò, colpendo in pieno un uomo alto e magro che gridò dalla sorpresa e poi attaccò.

«Stupeficium! »

«Attento, Charlie! Protego!»

Lo schiantesimo dellʼuomo andò comunque a segno, ma non con la violenza con cui avrebbe voluto. Daphne lo vide. Era piuttosto giovane, magro e bruno; aveva unʼaria stranamente familiare.

Simon River la fissò per un attimo, fastidiosa intromissione nella sua battaglia, ma adesso la priorità era unʼaltra: Charlie Weasley era caduto, battendo malamente il ginocchio. La bacchetta ancora stretta nella mano e lo sguardo deciso promettevano di vendere cara la pelle.

«Crucio!» La maledizione senza perdono colpì Charlie, stravolgendone immediatamente i lineamenti. Daphne sentì la rabbia esplodere, gli corse accanto e, guardando lʼuomo dritto negli occhi, lanciò il suo incantesimo difensivo.

«Depulso!»

Il moro non si aspettava tanta energia da quella ragazzina bionda. Fu violentemente sbalzato indietro, contro il muretto di pietre vive che circondava una vicina villetta.

«Incarceramus!» gridò ancora Daphne, ma lʼuomo rotolò da un lato per poi scomparire. Quando vide che non cʼera più e che la strada era deserta si voltò verso il professore ancora riverso. Era terreo, la fronte imperlata di sudore.

«Ce la fai a stringermi forte il braccio? Senza mollarmi?»

«Daph, sono troppo pesante!»

«Ci smaterializziamo in un posto sicuro. Ce la fai? Non mi devi lasciare il braccio per nessun motivo!»

«Okay, vai!»

La ragazza si concentrò e, dopo un attimo, le due figure svanirono dalla strada con uno schiocco sonoro.

Quando Aberforth arrivò, trafelato, sulla strada, non vide nulla se non un poʼ di neve ammucchiata da un lato.

~

Charlie atterrò con un tonfo, cadendo sul pavimento; la gamba sinistra non riusciva a reggere il suo peso ed era ancora troppo indebolito dalla maledizione senza perdono subita.

«Come stai?» chiese apprensiva la bionda.

Il ragazzo rise, nervoso.

«Come uno che si vedeva già sotto terra. Ti ho sottovalutata, Daphne Greengrass. Mi devi dare qualche ripetizione di duello, prima o poi.»

Si guardò intorno. Erano in una stanza molto grande, impolverata. Le finestre erano sbarrate da assi e, tutto intorno, resti devastati di un antico mobilio. La stamberga strillante, suppose.

«Quando vuoi, ma adesso fammi vedere se posso fare qualcosa per curarti...»

Charlie si sentì arrossire. Non gli capitava mai, praticamente, era un uomo sicuro di sé. Ma il pensiero di togliersi i pantaloni davanti a quella ragazza era decisamente troppo per lui.

«Sto benissimo, grazie mille. Non è necessario.»

Daphne lo guardò, inarcando delicatamente le sopracciglia.

«Bene, allora alzati e andiamo» rispose, asciutta. Il professore si fece forza per alzarsi; la fronte si imperlò ancor di più di sudore, doveva fargli parecchio male, ma riuscì a mettersi in piedi. Provò a fare un passo e perse lʼequilibrio, finendo di nuovo a terra con un grido soffocato. Una chiazza rossastra si allargò sui pantaloni, allʼaltezza del ginocchio. Doveva esserci una brutta escoriazione.

«Oh, per Salazar, Charlie Weasley. Ho dei compagni di casa, non pensi che sia in grado di sostenere la vista di due gambe maschili nude?»

«Touché...» rantolò il rosso, che però non accennava a togliersi i pantaloni.

«Su, forza! Oh, basta, faccio io» la ragazza avvicinò le mani alla fibbia della cintura, sfilandola dai passanti con un gesto deciso. Charlie deglutì, il dolore a un tratto in secondo piano nei suoi pensieri.

«Purtroppo con me non ho il dittamo, ma posso provare a fermare il sangue. Sai se si può arrivare ad Hogwarts da qui, in qualche modo, senza ripassare dal villaggio?»

«Sì, sì, conosco un passaggio segreto.» La voce di Charlie era roca, le mani sottili di Daphne avevano fatto scivolare i pantaloni verso il basso e ora sfioravano con delicatezza i muscoli della coscia. La ragazza pareva concentrata e assolutamente inconsapevole di quanto lui fosse in difficoltà.

«Direi di provare con epismendo. Sì, poi mettiamo una fasciatura. Almeno dovresti riuscire a camminare. E tieni...» disse, allungandogli una cioccorana.

«Grazie. Come mai eri in giro a questʼora al villaggio?»

«Non mi distrarre! Epismendo!» Daphne si era chinata, portando il viso e la bacchetta allʼaltezza delle ferite. Aveva le sopracciglia aggrottate e la mascella si era serrata, nervosamente. Charlie capì che la sua domanda non le era piaciuta.

«Ahia!»

«Shh, bambinone! Non ti lamentare! È necessario! Anzi, mi sai dire chi ci ha attaccato?»

«Non ti distrarre. Non vorrei che sbagliassi qualcosa, là sotto. Ci tengo ai miei muscoli, io!»

Daphne arrossì leggermente e riprese a curare le ferite del professore. Nemmeno a lei erano sfuggiti i suoi muscoli. Terminò, rapida e mormorò «Ferula», coprendo con una stretta fasciatura il ginocchio. Dispettosamente, risalì, senza staccare la mano, dal ginocchio fino alla coscia. Si accorse che Charlie Weasley sussultava, spostando lo sguardo. Era il momento di prendersi una piccola rivincita.

«Credo che la fasciatura tenga. La coscia non fa male, vero?» Chiese, ripetendo la carezza e avvicinandosi sempre di più tra le gambe, divaricate, del ragazzo.

«No... Per Godric, Daphne, spostati di lì! Per favore!» la richiesta fu quasi un gemito. Non sapeva quanto sarebbe durato ancora il suo autocontrollo.

«Allora ti faccio male! Dovrei... aiutarti!» Lʼaltra mano di Daphne era risalita lungo gli addominali, intrufolandosi sotto il maglione, il viso angelico rivolto verso di lui.

«Daph...» La mente di Charlie era in ebollizione quanto il suo sangue. Le mise le mani in vita e la attirò con forza verso di sé. Un brandello di lucidità gli ricordava che era una sua alunna, una sua alunna, per Merlino! Che disastro stava combinando?

«Se non vuoi, dimmelo ora. Non dovrei. Dovresti starmi lontana. Sono il tuo professore, accidenti!»

«Qui non siamo a Hogwarts, professore!» La voce di Daphne era bassa, morbida come una carezza e piena di promesse infuocate. Charlie si sentì bruciare dalla voglia di mostrarle chi fosse, cosa volesse per davvero. Era un uomo, non un ragazzino alle prime armi. Le tuffò le dita tra i capelli, sulla nuca, stringendo leggermente.

«Non gioco, io, Daph. Non sono un bambino.»

«Neanche io sono una bambina, sono un Capofamiglia delle sacre Ventotto!»

«Capofamiglia, sai che la mia è una famiglia di rinnegati? Ti mescoli con gentaglia. Perché, se vai avanti, ci vai sul serio. Non sono un bambino, ti ripeto.»

«Se Malfoy si è fidanzato con una nata babbana, io posso frequentare un Weasley, o no?»

Daphne aveva alzato il mento, in una imitazione della ragazzina altezzosa che lui aveva immaginato che fosse. Ma lʼaria di sfida non era un capriccio, era veramente una donna. Una donna forte e bella da stordire.

«Avevo in mente qualcosa di più che frequentare, Capofamiglia! Baciami.»

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