50. Regali
Ametista si rigirava il ciondolo tra le dita, pensierosa ed emozionata. Non sapeva dove Harry Potter avesse scovato delle pietre del colore identico a quella del suo anello, ma di fatto le aveva trovate e adesso erano al suo collo, incastonate in un ciondolo a forma di gufo. Un gufo con due penetranti occhioni viola. Il ragazzo poi lʼaveva ringraziata più volte per il suo regalo di Natale. Era entusiasta di Noël, così aveva chiamato il suo nuovo pennuto.
Quello era il primo Natale in Inghilterra, da quando era piccina. Avrebbe potuto essere un Natale triste, un poʼ lo era, senza sa mère et son père, ma Harry, Hermione e gli altri lʼavevano reso sopportabile. A tratti davvero bello, anzi. Harry stava diventando una persona speciale per lei, ancor più di quanto avesse pensato.
Sua madre stava ancora cercando di rintracciare suo padre. Lei, invece, credeva che fosse tutto inutile, molto probabilmente era morto e nessuno lo avrebbe mai ritrovato.
«Tista, sei qui?»
La voce di Luna le era arrivata ovattata, essendo la giovane Nott infagottata sotto le coperte. Dopo cena era stata un poʼ insieme agli altri, ma poi aveva avuto bisogno di un momento tutto per sé. Fece uscire la sua testolina bruna dalle coperte.
«Sei già di ritorno? »
«Oh sì, mio padre domani va in Cornovaglia in cerca di plimpi dʼacqua, ma io non volevo stare troppo tempo lontana dal castello.»
«Dal castello, dalle quattro mura... o da qualcuno? »
Luna era diventata di colpo rossa come un fiammagranchio «Ma che dici?»
«Ma andiamo! Non cʼè niente di male, se vi volete bene! Almeno a me puoi dirle certe cose, anche se mi conosci da meno tempo di Ginny, o Hermione.»
«E tu perché sei in pigiama con un ciondolo al collo?»
Allora fu Ametista ad arrossire furiosamente. «È un regalo di Natale, io...»
«Oh! Bello. A me non ha regalato niente, sai? E io non gli ho dato il mio regalo, mi sono vergognata. Bellʼaffare.»
«Intendi Harry?»
«Oh, no, intendo...» Luna si fermò, incerta su come proseguire, poi aggiunse «Beh, Harry è il motivo per cui ti brillano gli occhi, no? Quello per cui sei felice. Il mio è Rolf. Ma lui forse non la pensa come me. Non mi ha regalato nulla.»
«Luna, non dire così, sei proprio sicura che non lʼabbia fatto? Ai piedi del tuo letto ci sono diversi pacchetti ancora da aprire... »
«Cosa? Ma no, non cʼera niente stamattina!»
«Guarda. Sono almeno tre! Aprili, dai!»
Luna si era fermata, come se avesse avuto le gambe legate al suolo. Aveva paura di trovare, o di non trovare, un regalo di Rolf, non sapeva neppure lei cosa si aspettava o sperava. Che guazzabuglio! Unʼinvasione di nargilli avrebbe fatto meno danni nella sua testa confusa!
Il primo che prese fu un grosso pacco argentato con un fiocco verde. Il biglietto diceva soltanto: per la mia amica Luna.
La Corvonero aprì con cautela e al suo interno vi trovo una morbidissima coperta di yak con una bordatura di ermellino argento. Poteva essere solo di Draco, ne era certa. Poi prese un pacchetto sottile, incartato con unʼeterea carta color avorio e un fiocco dorato. Dentro cʼera un astuccio, con al suo interno una collana con tappi di burrobirra stranieri, molti bulgari, e un biglietto scritto da Hermione.
"Forse questi funzioneranno meglio coi gorgosprizzi."
Il terzo pacchetto non pareva incartato molto bene, la carta argentata era messa un pochino storta. Luna lo guardò intenta, piegando la testa. Non cʼera biglietto. Alzò lo sguardo verso Ametista, che le fece un sorriso incoraggiante, poi strappò la carta. La mano si sollevò dʼimpulso alla bocca: quello che aveva tra le mani era incredibile! Era un manoscritto, la copia originale che Newt Scamander aveva compilato, con i suoi disegni e le sue note. Sulla prima pagina, una dedica autografa: A mio nipote, che ama le creature fantastiche proprio quanto me. La mano le tremava, era un regalo prezioso come non ne aveva mai posseduti in vita sua.
«Oh! Devo trovarlo! È al castello, io devo andare!»
«Almeno rimettiti il mantello, fa freddo! E prendi il regalo, credo sia proprio il caso che tu glielo dia...» Ridacchiò Ametista. Le brillavano gli occhi: la sua amica aveva trovato una persona speciale, anche se era davvero difficile, per il momento, trovarsi nei suoi panni.
Draco Malfoy passeggiava nervosamente davanti alla stanza delle necessità. Era tornato dal Manor poco prima di cena e aveva proposto a Hermione di mangiare lì i biscotti. Un posto tranquillo, tutto per loro. Stava quasi pensando che lei avesse cambiato idea! Per la miseria si erano baciati, e non una volta. E che baci! Cosa temeva? Per uno strano e incomprensibile motivo, lui piaceva a Hermione. Accidenti, aveva detto chiaramente che non se ne fregava niente dellʼopinione degli altri! Sorrise, divertito e compiaciuto di quella ragazza così volitiva. Aveva carattere, su questo non cʼerano dubbi.
«Eccomi, Draco, scusa, ma Harry non la finiva di chiacchierare...»
Il serpeverde le sorrise. «Devo schiantarlo?»
«Ma no! Certo che no!»
«Scherzavo, riccia, non è facile da schiantare Potty.»
«Draco!» lo redarguì Hermione fintamente offesa. Sapeva, ormai, che quelle scaramucce fra di loro erano solo unʼabitudine consolidata e nulla più, anche se un pizzico di gelosia - un bel poʼ più di un pizzico, a dire il vero - talvolta si avvertiva nelle parole e negli sguardi del biondo serpeverde .
«Hai portato i biscotti? Io ho del succo di zucca...»
«Dai, entriamo! Pensa a una stanza accogliente!»
Hermione passeggiò davanti alla stanza per tre volte e questa si aprì. Una volta dentro, sembrò di essere in un salottino. Sulla parete di fondo, cʼera un grosso camino e davanti cʼera un divano di pelle rossa, con un tavolinetto basso.
«Grifona, non ti pare un poʼ troppo rosso-oro questa stanza?»
«Hai voglia di litigare, stasera?» rispose Hermione assottigliando lo sguardo.
Draco con un gesto fulmineo la cinse per la vita e la fece aderire a sé, azzardando un mezzo giro, come se volesse ballare di nuovo con lei. «Direi di no» disse strofinando il suo naso aristocratico con quello della ragazza.
«Draco.»
«Sì, confermo, è il mio nome, gran bel nome direi. Eddai, Hermione, senti che profumino! Vogliamo mangiare questi biscotti, oppure no?» concluse, senza mollarla per un attimo. Adorava sentirla vicina. La voleva vicina, sempre vicina, per quanto fosse possibile.
Hermione sentiva caldo e probabilmente, pensò, era ormai del colore dei capelli della sua amica Ginny. Pessima idea quella di indossare un maglione pesante. Pessima idea stare da soli in quella stanza, forse? Ron aveva avuto così poca pazienza su certe cose e lei adesso, anche se non voleva fare paragoni, non riusciva a non pensarci.
«Dai, sediamoci sul divano. È tutto il giorno che non vedo lʼora di provare questi tuoi biscotti...»
Draco le sorrideva ed Hermione cercava di evitare che le farfalle nel suo stomaco prendessero il sopravvento su di lei. Le sentiva svolazzare impazzite, forse avrebbe preso il volo anche lei. Come diamine era possibile che la Serpe le facesse quellʼeffetto? Lo guardò negli occhi, così magnetici, e pensò che non era una serpe a farla stare così, era Draco, solo Draco. Annuì piano, appoggiando il succo di zucca che aveva portato con sé sul tavolino basso di fronte al divano. Il serpeverde fece altrettanto con il vassoio dei biscotti che lei gli aveva regalato quella mattina stessa. Draco ne prese uno e se lo portò alla bocca, assaggiandolo piano. Hermione gli osservava le labbra sottili ripensando a quando erano su di lei, sulla slitta, in mezzo alla neve. Si morse un labbro nellʼattesa di un suo giudizio.
«Sono buonissimi! Io non so come fossero quelli di tua mamma, ma questi sono fenomenali!»
Draco ne prese un altro tra le dita e lo portò alle labbra di Hermione, facendola arrossire ancora più furiosamente «Dai, vedi se sono come li ricordi!»
La riccia era nel pallone, non si sarebbe ricordata un bel nulla. Non con le dita di Draco che le sfioravano le labbra. Annuì soltanto e assaggiò il biscotto. Per un attimo si sentì trasportata a casa, a Londra, davanti al caminetto del loro salotto. Gli occhi le si riempirono subito di lacrime. «Quelli di mamma erano più buoni, però» mormorò soltanto, per poi affondare la faccia alla base del collo del biondo e restare lì ad assaporare il suo profumo. Draco non disse nulla e se la strinse più vicino. Restò immobile, sentendo lʼodore fruttato dello shampoo, il rumore leggero del suo respiro. Inspirò profondamente e poi provò a dirle.
«Io per questa estate non ho programmi. Se tu volessi, potremmo fare un viaggio insieme, in Australia intendo. Credo tu abbia molto più cervello di tutto il Ministero messo assieme e sono certo che potremmo riuscire dove loro non lo stanno facendo, sai? E io ti aiuterei, anche se... cioè, lo so, un viaggio insieme ti può sembrare troppo, ma io...»
«Sta' zitto, Draco» disse Hermione per poi farsi coraggio e baciarlo. Non aveva mai baciato nessuno di sua iniziativa, ma quelle parole, quella promessa, valevano bene un suo bacio. Valevano molto, molto di più. Quanto al calore che sentiva, ormai era difficile dare la colpa al maglione.
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