42. Imperio

Mancava meno di una settimana a Natale e i ragazzi cercavano di stare sereni, ciascuno a modo proprio. Il castello era addobbato a festa e ognuno aveva preso qualcosa da regalare alle persone a cui teneva. Hermione Granger aveva comprato un set per la cura e manutenzione delle scope a Harry, una mantella per le serate speciali a Ginny, un libro di medimagia a Ivàn e tante altre cose. Ognuna pensata per una persona a cui voleva bene. Ma non aveva trovato niente per Draco, ci aveva riflettuto moltissimo e ogni cosa sembrava poco importante, o banale. Cosa puoi regalare a qualcuno che ha tutto? Avrebbe voluto un dono che dicesse al ragazzo quanto avesse iniziato a essere importante per lei. Ma cosa? Con i libri era semplice, le formule magiche una bazzecola, certi dettagli invece le sfuggivano.

Se ne stava affranta, seduta vicino alle serre, era freddo, ma non le importava. Aveva ragione Ron, non era capace di dimostrare i suoi sentimenti, se ne sarebbe accorto pure Draco, prima o poi. Si asciugò alcune lacrime che, testarde, avevano voluto scappare alle sue cuglia.

«Signorina Granger, è proprio lei?» la vocina minuta di Wencky la colse di sorpresa.

«Wencky!»

«La Signorina non sta bene? Devo chiamare il padroncino?»

«Oh, no, no. Scusa, Wencky, posso farti una domanda?»

Lʼelfa annuì e Hermione proseguì «Da quanto tempo sei a servizio dei Malfoy?»

«Wencky non è mai stata a servizio dei Malfoy, Wencky è un regalo per il signorino Draco, è con lui da quando è nato.»

«Ma ti ha liberato, no?»

Lʼesserino si fece triste «Sì, ma io non volevo. Lui ha tanto insistito, Wencky però gli ha detto che non lʼavrebbe lasciato, ma lui pensava che sarebbe andato in quel postaccio e invece no, la Signorina Hermione e il grande Harry Potter lʼhanno impedito. Wencky può rimanere con il suo padrone.»

La riccia accarezzò il capo dellʼelfa, che sorrise soddisfatta. «Cosa la preoccupa, signorina? Può dirlo a Wencky.»

«Non manca molto a Natale e non ho niente da regalare a Draco...»

«Il Signorino ha avuto tutto nella sua vita... meno che lʼaffetto. Nessuno lo ha mai abbracciato veramente, a parte Wencky.»

«Oh, io non so se sono in grado, sai?»

Lʼelfa si avvicinò alla ragazza e le pose una manina su una guancia «La Signorina ha un cuore grande, qualsiasi cosa che deciderà di regalare al mio padrone, lui ne sarà felice, perché capirà che la Signorina gli vuole bene. È più sereno dallʼinizio della scuola, sa?»

Hermione le sorrise, anche lei era più tranquilla da quando aveva iniziato quella sorta di amicizia, era come far pace con il dolore del passato. «Grazie, Wencky. Ti posso chiedere di non dire niente a Draco? Mi vergogno un poco.»

«Ma certo, Signorina.» e poi sparì.

Hermione rimase ancora un poʼ lì e poi si diresse verso il castello, non aveva ancora nessuna idea di cosa regalare a Draco, ma si sentiva un poʼ più in pace.

Le tempie pulsavano, la vista era quasi annebbiata. Era notte e Daphne vagava nei corridoi, il dolore era così forte che si era decisa ad andare da Madama Chips. Aveva cercato di ignorare quel tarlo che le diceva che il suo mal di testa non era normale. Lei non ne soffriva, mai. Da quando invece era iniziata la scuola aveva preso a tormentarla, ogni volta più intenso, fino a che avrebbe urlato per il dolore. Alla fine limone e sale non avevano funzionato, anche se Charlie Weasley era stato carino a proporglielo. Ora, il termine giusto per indicare il professore non era esattamente quello. Daphne aveva avuto modo, nelle lezioni private di Cura alle creature magiche, di conoscerlo meglio. Per essere un Weasley era in gamba, anzi, per essere un uomo era in gamba. Daphne era abituata a vedersi idolatrare, accontentare a ogni costo, corteggiare. Charlie Weasley invece le dava filo da torcere, non piegava mai la testa. Si vedeva che ci sapeva fare nel suo lavoro e poi, doveva ammetterlo, era un gran bel ragazzo. Non il suo tipo, ma bello.

Era ormai arrivata in infermeria.

«Charlie, per lʼamor del cielo, stai fermo.» sentì dire da Madama Chips da fuori della porta dʼingresso. Ma che ci faceva lì, solo per un mal di testa? Forse sarebbe dovuta tornare al suo dormitorio.

«Signorina Greengrass, non sta bene?» la voce del professor Scamander le giunse da dietro.

«Oh, sì, no. Ho mal di testa. Nulla di grave. Ma ce lʼho da diverso tempo e i miei amici hanno insistito perché mi facessi controllare. Non mi passa...»

«Ha fatto bene, entri.» e solo allora si accorse che Scamander aveva dei vestiti puliti in mano.

«Stavamo controllando i fiammagranchi quando uno di loro si è innervosito senza motivo e ha colpito Charlie di striscio. Una brutta bruciatura.» disse Rolf entrando nellʼinfermeria seguito da Daphne, che però si fermò quando vide il professore a torso nudo con un vistoso segno di bruciatura su una spalla.

«Ehm, non so se posso...»

«Ma certo cara, il nostro Charlie si riveste subito.» disse Madama Chips chiudendo le tende. Con la coda dellʼocchio la ragazza non poté evitare di vedere il sorrisetto compiaciuto del giovane professore. Forse aveva indugiato un poʼ troppo con lo sguardo sui suoi addominali. Ma, per Merlino, mica era fatta di pietra!

«Venga avanti, cara, di che si tratta?»

«Io, ecco, ho mal di testa.»

«Da troppo tempo.» sentì la voce di Charlie provenire da dietro la tenda. «Anche a lezione spesso le succede...»

«Ne soffri di solito, cara? A parte in questʼultimo periodo.»

«No, non ne ho mai sofferto!»

«E quando sono iniziati?»

«Non lo so, io...» Una fitta più forte le diede un capogiro, rendendole quasi impossibile continuare a parlare. Si aggrappò al mobile vicino a lei, rischiando di far cadere diverse bottiglie ricolme di pozioni curative. Scamander, che era rimasto nella stanza, fu lesto ad afferrarla.

«Meglio se ti sdrai. Non mi sembra una situazione da sottovalutare, ecco.»

Poppy era una donna pratica e ne aveva viste di tutte i colori in quegli anni a Hogwarts. E quel mal di testa non la convinceva per nulla. Inoltre la Signorina Greengrass non era tipo da lagnarsi senza motivo, in sette anni lʼaveva vista in infermeria si e no due volte, compresa quella, molto probabilmente.

«Charlie, caro, andresti a chiamare Minerva? Avrei bisogno di un consulto con lei.»

«Vado io.» disse Rolf «Charlie ha preso una bella botta di calore con quel fiammagranchio e fuori si gela.»

«Sì, giusto, caro, non ci avevo pensato...» Rolf aveva annuito e poi era sparito alla ricerca della Preside.

Madama Chips la fece stendere su un lettino e poi tornò da Charlie, per finire la fasciatura. La testa di Daphne ora sembrava il cratere di un vulcano in eruzione. Dʼun tratto sentì che doveva alzarsi e uscire. Non doveva trovarsi lì quando fosse arrivata la Preside, doveva essere ben lontana. Lo sguardo perso nel nulla, iniziò a mettere un piede dietro lʼaltro, faticosamente, e uscì.

«Poppy, sono a posto, vediamo la ragazza... Ma che cavoli!»

«Dovʼè andata?»

«Guarda, la porta è aperta, deve essere uscita. Vado a cercarla.»

Charlie Weasley si infilò di fretta il maglione che gli aveva portato Rolf, facendo una piccola smorfia di dolore quando la stoffa ruvida strofinò sulla fasciatura, poi corse fuori.

Fece appena in tempo a vedere la chioma bionda di Daphne voltare lʼangolo. Accelerò il passo e vide che camminava in modo strano, a scatti.

«Presto, Weasley! È sotto imperio! Seguila e fermala. Schiantala, se devi.» La voce del Professor Piton - del Preside Piton - veniva, allarmata, da un quadro poco distante.

Charlie annuì, conosceva bene lʼeffetto di quella maledizione senza perdono. Era grave. Qualcuno aveva messo sotto imperio uno studente sotto i loro nasi.

Daphne intanto procedeva spedita verso la Torre Grifondoro. Quando fu vicina al quadro della Signora Grassa, la vide prendere la bacchetta e puntarla contro il quadro. Con un tuffo al cuore, Charlie Weasley volse la bacchetta verso la ragazza: «Stupeficium!» e la vide accasciarsi al suolo, priva di forze. Angosciato, la prese in braccio e cominciò a correre, verso lʼinfermeria.

«Ti dico, Minerva, che era sotto imperio. Lo so!» La figura dipinta di Piton, nel quadro della Presidenza, tuonava nervoso, passandosi la mano sul viso stanco e preoccupato.

«Ho capito, Severus. Me lʼavete detto sia tu che Charlie. Ma voglio - devo - far fare controlli più accurati a Poppy. Nel frattempo, abbiamo posto incantesimi di protezione, sullʼinfermeria, non corre altri rischi.»

Charlie Weasley se ne stava seduto scomposto in una poltroncina, più esausto di quanto ricordava di esser mai stato.

«Bisogna parlare con Capiscuola e Prefetti, Minerva. È una cosa gravissima, una maledizione senza perdono! Non possiamo indugiare, bisogna capire che minaccia stiamo affrontando! Potrebbe trattarsi di qualche Mangiamorte, un mago Oscuro...»

«Charlie.» lo fermò la Preside. «Sappiamo di che si tratta, purtroppo, e lo sanno anche gli studenti, perché sono coinvolti. Mi dispiace avervi tenuti allʼoscuro. Conviene che mandiamo a chiamare anche quel caro ragazzo del tuo assistente, Scamander, e vi spiegherò tutto.»

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