100. La profezia dei fondatori

«No, ragazzi, nulla!»

I ragazzi trasalirono; Minerva McGranitt si era ritrasformata sotto i loro occhi. Non avevano notato neppure la sua presenza in forma di gatto ma, se anche l'avessero fatto, erano così presi che non si sarebbero resi conto di quei debolissimi segni attorno agli occhi, così simili a occhiali.

«Preside!»

«Ragazzi, bravissimi, meravigliosi ragazzi!»

«Preside, i patroni... i ragazzi che li stanno evocando si stanno indebolendo!»

Draco appariva sconvolto, era tutto sbagliato, avrebbe dovuto sacrificarsi lui, non i suoi amici, non quella piccola, incredibile tassorosso!

«Vanno supportati dagli altri...Non vi posso aiutare, signor Malfoy, mi dispiace. Dovete fare da soli o sarà tutto vano.»

Hermione si rialzò, prendendo per mano Blaise e Luna.

«Andiamo, abbiamo fatto ciò che dovevamo.»

Si avvicinò al suo fidanzato e al suo migliore amico.

«I nostri patroni, uniamoli ai loro. Possiamo aiutarli, se siamo insieme.»

«Wencky, richiama i ragazzi di guardia, ci servono qui con i loro patroni.»

«Subito, padroncino Draco.»

«Che albero ti sembra?» la voce di Ivàn, completamente fuori dal coro, fece girare tutte le teste.

«Ma sei ammattito? Noi, anche tu, rischiamo di brutto e tu pensi a che albero è?»

«Ma sì, certo! Vedi, quercia, io pensavo che sarebbe stata quercia. Quercia albero sacro di druidi, no? Albero sacro per eccellenza. Ma non pare quercia.»

«Ivàn, mica è il momento della botanica...»

«È un albero di mele!»

La voce di Neville, che aveva appena varcato le porte della Sala Grande, era risuonata sicura.

«Vero, ma perché proprio un melo?» chiese Terry.

Il giovane bulgaro sembrò non prestargli attenzione, guardando affascinato la pianta. «Allora noi fatta. Melo è albero di rinascita.»

«I patroni, dannazione, stanno svanendo!»

«Ma melo resta. Scintilla, guardate voi!»

Era vero, dal calderone spuntava un albero sottile, scintillante come fosse stato fatto d'argento, ma aveva la forma inequivocabile del melo. Alcuni frutti, tondeggianti e argentei, pendevano tra le fronde.

I patroni erano svaniti nel nulla e i ragazzi, che avevano tenuto fino ad allora le bacchette alte, vacillarono, sostenuti dai compagni. Beatrice cadde in ginocchio, raggiunta subito da un'allarmatissima Hannah.

«Sto bene. Mi sa che per un po' non evocherò patronus, ma questa è una figata incredibile, no?»

«Sì, piccola, incredibile è la parola giusta.»

«E adesso?»

«Adesso direi che potremmo piantarlo, che ne dite?» Neville, da sempre appassionato di erbologia, aveva gli occhi scintillanti.

«Ma dove?»

«Credo che il cuore di Hogwarts non vada più nascosto, non credete? Potremmo piantarlo dove tutti gli studenti possano vederlo.»

«Un luogo che sia simbolico per noi tutti.»

Harry chinò la testa per un attimo e disse, senza guardare in faccia i compagni.

«Vicino la tomba di Albus Silente, se per voi va bene. Io credo che lui sia stato per molti di noi il cuore di questo luogo, quando non avevamo che questa, come casa. Scusi, Preside McGranitt, so che lei è la Preside migliore che si possa avere, ma io...»

«Non si deve scusare, Signor Potter. Mi irrita oltremodo anche adesso che posso parlare solo con il suo dipinto, ma Albus Silente è stato il Preside migliore che Hogwarts abbia mai avuto. La sua perdita strazia ancora i nostri cuori.»

Draco era pallido come un lenzuolo.

«Signor Malfoy! Sta bene, figliolo?»

«Sì, cioè no, direi che la tomba di Silente è perfetta...»

«Draco... ehi!» Harry gli era accanto e si era reso conto solo in quel momento del viso cereo del compagno.

«Va bene, Harry. Io... non ho perduto nulla. Avrei dovuto pagare, avrei dovuto scontare i miei errori.»

«Ma lo hai fatto. Eri pronto a sacrificarti per tutti!»

«Ma non basta, io... Silente...»

«Albus Silente, figliolo, ha scelto il suo destino e lei, caro, era una pedina di un gioco troppo più grande di ciascuno di noi.»

«Avrei potuto ribellarmi...»

«Sì, avrebbe potuto farlo. Ognuno di noi ha molte scelte davanti. Ma, che io sappia, lei ha tentato diverse strade.»

Draco ormai tremava, nel tentativo disperato di controllarsi. Hermione si era avvicinata e lo aveva stretto da dietro in un abbraccio, posando il capo sulla sua schiena. Blaise e Daphne gli avevano messo una mano sulla spalla. Infine, Harry intervenne.

«Avevi abbassato la bacchetta, ti ho visto, lassù. E so quanto stavi male. Tu avresti potuto ribellarti, io avrei potuto scegliere di aiutarti, invece ti ho aggredito. Era la via più facile, per me e per te. Non è bello saperlo, non ora. Ma dobbiamo andare avanti.»

«Tu? Eri lì?»

«Sì. E so cosa significa darsi la colpa per la morte di qualcuno. Rialza la testa, Malfoy, o il dolore ti schiaccerà e quel maledetto si porterà via le ultime cose buone che sono nella tua vita.»

«Harry, Sirius non è morto per colpa tua» mormorò Ginny, consapevole di ciò a cui il suo ex fidanzato si riferiva.

«No, Gin? Ma le mie scelte l'hanno portato lì, come le scelte di Draco hanno portato alla fine di Silente. Dobbiamo accettarlo per andare avanti. È inutile raccontarci fiabe consolatorie, la realtà è che il passato non si cambia... non così tanto, almeno.»

«Però si può andare avanti, amore» la voce di Ametista era entrata di prepotenza nella Sala Grande, a dispetto della sua figura minuta ed elegante.

«Ametista ha ragione, si può andare avanti. Ve l'ho già detto una volta, Silente ne parlava sempre... la forza più grande che abbiamo è l'amore.» Ginny sorrideva, a Harry e a Blaise, la cotta di bambina e il nuovo amore.

«E se un grifondoro può amare una Serpe, allora non c'è profezia che tenga» ridacchiò Harry

«Lo piantiamo questo melo?» disse Neville un po' spazientito. «È magico ma non vorrei si indebolisca troppo...»

«Andiamo, noi bravi in erbologia, no? Ce la facciamo.» Ivàn gli diede una pacca sulla spalla e poi prese la bacchetta.

«Preside, lei fa lievitare fino a tomba, sì? Serve molto controllo di magia e noi stanchi.»

«Signor Krum, la sua padronanza della lingua non sarà perfetta, ma vedo che fa muovere tutti come vuole. Sicuro che non sia bravo a Quidditch? Sarebbe un eccellente stratega!»

«No, no. In famiglia basta uno bravo nello sport. Io è quello studioso.»

«Eccellente. Mi segua, caro. Wingardium Leviosa!» disse Minerva con tono solenne.

L'albero di melo si sollevò dal pavimento della Sala Grande dove era poggiato, lasciando a terra il calderone dei fondatori, di nuovo crepato.

«È finita?» domandò Blaise osservando la scena.

«Sì, forse. Io seppellirei il calderone alle radici del melo, che ne dite?» disse Hermione sovrappensiero.

«Direi che ha un senso, sì?» soppesò Luna.

«Sì, ha un senso. Andiamo.»

Uno dopo l'altro, i ragazzi uscirono dalla Sala Grande, seguendo la Preside. Fuori dalla Sala, i fantasmi del Castello e i quadri li seguirono con gli occhi, nel silenzio della notte.

I ragazzi camminavano, seguendo la scia luminosa delle bacchette di Neville e Ivàn che precedevano la Preside, illuminandole il cammino.

Hermione aveva stretto la mano di Draco.

«Sei ancora al mio fianco. Come fai?»

«Semplice, ti tengo per mano. Eri pronto a morire per tutti noi, sciocca serpe. Ti amo, ti amo davvero tanto. Non ti libererai di me così facilmente.»

Draco portò la mano di Hermione alle labbra e le baciò con reverenza le nocche. «Anche io ti amo. Grazie...»

«Secondo me, Piton vi schianterebbe per quanto siete appiccicosi» disse Nott sghignazzando.

«Secondo me, Theo, si farebbe due risate anche nel vedere i tuoi bigliettini per Pan, farciti di cuoricini.»

«Menzogne!»

«Confermo...» disse piano Pansy con gli occhi che le brillavano.

«Ehi, ci siamo, ecco la tomba.»

Si disposero in cerchio, senza parlare, quindi Neville e Ivàn, con le loro bacchette, scavarono una buca profonda, in cui calare le radici del melo.

«Aspettate, fatemi mettere prima il calderone!» Luna si inginocchiò e si sporse, ponendo il calderone sul fondo della buca.

«Draco, hai gli appunti della pozione?»

«Sì, certo, perché?»

«Potresti incantarli in modo che non si degradino e poi mettiamo tutto insieme.»

«Oh. Va bene, sì. Amore, mi dai una mano?»

Hermione mosse la bacchetta pronunciando una formula in una lingua antica.

«Sempre rune antiche, sapete i Caposcuola...» la prese in giro Ginny.

«Tu mi fai paura, Granger» affermò Pansy.

«Leggo solo tanto, Pansy. Tutto qua.»

«Scommetto che Blaise non la conosce.»

«Zitta un po', che va piantato il melo prima che a Paciock venga un esaurimento.»

«Esatto, Zabini. Si può sciupare. Muoversi.»

La Preside calò lentamente il melo nella buca, poi i ragazzi ricoprirono le radici di terra. Da lontano, tre figure alte e snelle si avvicinavano, per un attimo il cerchio si immobilizzò, poi una delle figure accese la punta della bacchetta, illuminando una folta chioma rossa.

«È Charlie. Continuiamo.»

Le ultime manciate di terra si posarono sulle radici, coprendone il bagliore.

«Ce l'avete fatta!»

Il giovane professore era accompagnato dal suo assistente, Rolf Scamander e da un altro uomo. La Preside lo guardò, sorpresa, per poi sorridere indulgente, nel vedere Ametista Nott fiondarsi nel suo abbraccio.

«Come sta, Christopher? Si è ripreso?»

L'uomo le sorrise e fece un cenno di assenso. Gli occhi di tutti tornarono verso il melo, scintillante alla luce della luna.

«Secondo voi scintillerà così per sempre?»

«Oh, io non credo. Penso che domani apparirà come un normalissimo melo.»

Minerva McGranitt illuminò la sua bacchetta e la puntò verso il cielo, come quando avevano salutato Albus Silente. Gli altri fecero lo stesso, in un silenzio carico di commozione. Poi, inaspettatamente, Draco evocò il suo patronus, che avanzò fino alla tomba, dove il suo bagliore si dissolse lentamente mentre, dopo troppo tempo, le lacrime bagnavano il volto del ragazzo.

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