Domenica 17 gennaio
"Svegliati tesoro, è tardi e la colazione è pronta".
"Ancora 5 minuti, per favore!".
"Me lo hai chiesto anche prima...fra poco verrà Giulia con suo marito a mangiare, ricordi?"
Aprii gli occhi ancora impastati e guardai mia madre: era bellissima, con un raggio di sole che le tagliava il viso e le illuminava gli occhi.
Ancora qualche giorno e avrebbe compiuto 46 anni.
Non sembrava, era ancora giovane e piena di vita...
Le diedi un bacio e sgattaiolai in bagno per lavarmi, e andai a fare colazione.
Erano tutti là: mio padre, attivo come sempre dalle 6.30 del mattino, mia sorella Martina, che era sempre attaccata al cellulare, e mio fratello Luca, che si guardava il giornale del giorno.
Mancava Giulia, la sorella maggiore che si era sposata 2 mesi fa e ogni domenica a pranzo veniva a mangiare con quell'antipatico di suo marito.
Io ero la più piccola e ciò comportava molte cose: ero sempre viziata da tutti e ogni membro della famiglia si confidava con me.
Mangiai il muffin al cioccolato, il mio preferito, bevvi il tazzone di latte e corsi subito vestirmi: ovviamente camicetta azzurra, pullover blu e jeans a vita alta. Sempre.
Non sopportavo niente a vita bassa, era una questione di comodità, non essendo magrissima...
Mi guardi allo specchio e mi misi un po' di matita nera sugli occhi.
Rifeci questa operazione minimo tre volte prima di mettere via la matita esasperata e tornai in cucina per dare una mano per il pranzo.
La tavola era perfetta:tre piatti di diverse grandezze con sfumature di azzurro, tovaglioli blu e bicchieri di vetro scintillanti. Io amavo i dettagli, fin troppo forse...
Il campanello interruppe la mia contemplazione e corsi ad aprire la porta.
Giulia mi salutò e mi abbracciò forte: "Sorellina! Come stai? Dove sono tutti?".
Non mi diede neanche il tempo di rispondere che abbracciò il resto della famiglia tutta contenta.
Mentre riflettevo sul motivo - solitamente era sempre posata e mai troppo entusiasta - mi trovai Carlo davanti e con un sorriso falso lo salutai e gli presi il cappotto per metterlo sull'attaccapanni.
Durante il pranzo parlammo di tutto: Martina ci raccontò dei suoi compagni di università. Aveva passato il test di psicologia e da cinque mesi frequentava e studiava tutti i giorni, dopo aver preso un anno sabbatico per andare a migliorare il suo inglese.
Luca, invece, stava lavorando ad un progetto del terzo anno per costruire uno dei suoi congegni elettronici: era uno dei più bravi nella facoltà di ingegneria elettronica.
Stavo per parlare io, per raccontare del mio ultimo anno di liceo, quando Giulia inizio a parlare concitatamente: "Adesso tocca a me. Scusate ma devo dirlo ora, non riesco più a trattenermi.
Io e Carlo avremo un bambino!".
Batté le mani e fece un urletto e Carlo l'avvolse con il suo braccio come per difenderla.
I miei si alzarono e l'abbracciarono piangendo dall'emozione.
Anche io mi alzai e la strinsi a me, felice, anche se non avevo realizzato, di diventare zia.
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