III. IL MATRIMONIO

E il giorno del matrimonio arrivò. Ho ricordi sfocati della cerimonia, però ricordo perfettamente la luce. Tanta luce che entrava dalle ampie vetrate su cui erano raccontate le storie di santi e peccatori. Le stesse che da bambine io e Lotte avevamo osservato con il batticuore. E poi altri frammenti del passato. Io che indosso l'abito, tremante per l'agitazione. Io che percorro la lunga navata al braccio di mio padre, le gambe che quasi non mi tengono. Io che incontro lo sguardo bruciante di Albert. La cosa però che ricordo bene fu ciò che successe mentre stavo per pronunciare il sì fatidico. La porta della chiesa si aprì, come spinta da una brezza, e vidi una bella ragazza bionda, con un piccolo cappellino e un sorriso divertito entrare. La riconobbi subito. L'avrei riconosciuta perfino se fossero passati mille anni, perfino diecimila. Era lei, sempre lei. La mia amica, la mia nemica, la mia salvezza, il mio tormento.

-Lotte- esclamai sorpresa.

Mia cugina fece un leggero inchino, mentre tutti si voltavano a guardarla. Sembrava Afrodite, bellissima e leggiadra. Aveva fatto il suo grande ingresso, proprio nel giorno delle mie nozze, come la dea greca che nasceva dalle acque. Era spinta forse dal desiderio di far vedere a tutti che restava comunque lei la migliore delle due. Notai, con un sentimento misto di ammirazione e di orrore, che indossava un abito bianco, come se fosse lei la sposa.

-Oh, scusate, interrompo qualcosa?- chiese con grande innocenza, sbattendo le palpebre.

Un'ombra passò sul viso di Albert. Sapevo cosa stava pensando: è tornata per fare danni e lo pensavo anch'io... poi vidi che il ventre di Lotte era prominente, spingeva come se volesse aprire un varco nell'abito, come se desiderasse essere visto da tutti.

-Dove posso sedermi?- chiese, civettuola come sempre.

Un giovanotto si alzò e le lasciò subito il posto su una delle panche in fondo alla chiesa.

-Grazie- disse lei, languidamente, sfiorandolo con un mano –non si può lasciare troppo in piedi una donna nelle mie condizioni, non vi pare?-

Lotte era incinta. Fu così che mi rubò definitivamente la scena e che per poco non fece venire un colpo alla povera Lolò, che già era abbastanza disperata per il mio matrimonio con Albert.

-Continuate pure, non preoccupatevi di me- disse Lotte, sorridente, una mano sul pancione, per togliere ogni dubbio.

-Certo- esclamò il prete, un ometto basso e senza quasi più capelli –volete voi, Viola...-

-Sì, sì, lo voglio- dissi immediatamente, prima che succedesse qualcos'altro.

-Ottimo, allora io vi dichiaro marito e moglie-

Albert mi sorrise e, strettami a sé, mi sollevò il velo per baciarmi. Si levarono degli applausi e poi la sua voce, sempre civettuola, sempre vivace, come se non fosse passato un solo giorno da quando se n'era andata.

-Viva gli sposi, viva Viola e Albert-

Ciò che aveva fatto Lotte durante il suo viaggio lo seppi solo parecchio tempo dopo. Fu lei stessa a raccontarmelo, a pezzi, quasi di malavoglia. Il rapporto con Robert si era deteriorato quasi subito. Non erano semplicemente compatibili, inutile cercare di tirare avanti qualcosa che probabilmente avrebbe solo potuto ferire. Il tutto era scoppiato un giorno particolarmente caldo, come un'esplosione di pioggia che i nuvoloni annunciavano da tempo. Avevano litigato, si erano tirati dietro oggetti, si erano feriti. Robert alla fine era andato via. Non sapeva che Lotte era incinta. Lei lo aveva scoperto poco dopo essere partita dal castello ed era felice. Questo nuovo bambino avrebbe cambiato tutto, si diceva. Cosa poi fosse questo tutto non lo sapeva. Non era figlio di Albert, per cui avrebbe potuto amarlo. Non rappresentava una sconfitta per lei. Era rimasta in un vecchio alloggio fino a quando i soldi non erano terminati. Aveva letto molto e pensato ancora di più. Era arrivata alla conclusione che doveva lasciare una traccia nel mondo, qualcosa di enorme, che avrebbe fatto in modo che i posteri si ricordassero di lei. Era stato in quel periodo che aveva imparato a danzare. Le aveva fatto da maestra una ballerina ormai anziana che giurava di aver conosciuto Mata Hari. Lotte si era messa d'impegno e aveva imparato, come faceva sempre. Si era perfino esibita in qualche locale, guadagnando qualcosa.

-Non sai com'è bello essere pagate per fare ciò che si ama- mi disse.

In seguito aveva deciso di tornare al castello e interrompere le mie nozze. Non era insomma cambiata.


Il pranzo di nozze si svolse nel grande salone del castello che finalmente risuonava di grida gioiose. Lotte aveva preteso il posto al mio fianco, rubandolo a Julien, che tanto desiderava stare accanto a me.

-Viola, sei felice che sia tornata in tempo?- mi chiese, ridendo e stringendomi la mano.

-Certo- mentii, sinceramente non avrei più voluto che venisse –come stai?-

-Bene... per essere in queste condizioni-

-Chi è il padre?-

-Robert, questa volta si può dire- mi strizzò l'occhio per ricordarmi che tra noi c'era un segreto, un segreto che avrebbe sconvolto le nostre vite più di quanto avrei potuto immaginare.

-E dov'è Robert adesso?-

-Non lo so- si strinse nelle spalle, come se non le importasse.

-Quando vi siete visti l'ultima volta?-

-Una settimana, un mese, non so, abbiamo litigato e lui mi ha lasciata a Ginevra, così ho deciso di tornare qua, non potevo certo rimanere là-

Ginevra, ecco dov'era stata nell'ultima periodo. Mi sfuggì un sorriso, era più vicina di quanto avessi creduto.

Il pranzo di nozze continuò allegramente. L'oggetto dell'attenzione di quasi tutti i presenti era Lotte, tutti volevano parlarle, tutti volevano sapere dov'era stata, tutti volevano sapere se si fosse sposata e chi fosse il padre della creatura che portava in grembo. Lotte rideva e parlava con tutti, sorridente ed euforica. Pareva che quella fosse la festa per il suo ritorno a casa, non per le mie nozze. Fu lei che si alzò in piedi e propose d'iniziare le danze.

-Allora, chi vuole farmi ballare?- chiese andando in mezzo alla sala.

Immediatamente dei giovanotti si fecero avanti, spintonandosi per avere questo onore.

-Piano, piano, posso far ballare tutti- esclamò Lotte, lo sguardo brillante di gioia. Era di nuovo lei, la Lotte con cui da ragazza entravo sempre in competizione. La osservai mentre prendeva per mano uno di coloro che si erano offerti e gli sussurrava qualcosa all'orecchio per poi ridere, la sua incantevole risata, quella che pareva richiamare tutti gli uomini a sé, come un magico canto. All'improvviso mi sentivo piccola e insicura. Guardai Albert, anche lui stava osservando la scena, ma sul suo volto c'era qualcosa... fastidio, disprezzo... mi sentii un po' rassicurata al pensiero che non fosse caduto sotto l'incantesimo di Lotte, che riuscisse a vedere oltre l'apparenza. La giornata scivolò via rapidamente. Più la sera si avvicinava, più il cielo si scuriva, più il pensiero della camera da letto m'innervosiva. Quando fu l'ora di lasciare la sala avevo la nausea e il desiderio di fuggire. Albert mi stringeva  a sé con dolcezza, il braccio intorno alla mia vita. Ci era stata assegnata una camera da letto che normalmente veniva usata per gli ospiti. Non appena entrai sentii la gola riempirsi di schegge. Il letto matrimoniale era lì, a ricordare ciò che sarebbe successo di lì a poco.

Non ci accomodammo subito, parlammo un po'. Albert voleva evidentemente mettermi a mio agio. Giocherellava con i miei capelli, mi sussurrava che ero bellissima, mi baciava. Poi mi aiutò a togliermi l'abito, per poi spogliarsi anche lui.

Quando vidi Albert completamente nudo, non so perché, ma risi. La verità era che trovavo incredibilmente buffa la sua nudità. Albert mi fissò confuso.

-Scusa- gli dissi ridendo con un filo d'isteria.

Alla fine anche lui rise. –Oh, la gioia di sposare una fanciulla ancora pura! Sono davvero tanto ridicolo?- chiese divertito.

-No... solo che lo immaginavo un po' diverso-

Lui mi si avvicinò, mi prese tra le braccia, mi baciò. Io ero nervosa, tremavo, non riuscivo a rispondere ai suoi baci.

-Non siamo costretti a fare tutto questa sera- mi rassicurò Albert, con il suo sorriso magnetico, capace di scaldarmi il cuore.

-Ma il matrimonio non sarà valido- protestai con un filo di voce.

-Lo sarà se diremo che è stato consumato-

Ci mettemmo tre notti. Albert non mi sforzò. La prima notte si limitò a baciarmi, a esplorare il mio corpo. La seconda fui io che, curiosa, volli sfiorare lui. Solo la terza gli chiesi, ebbra di sensazioni mai provate prima, di andare fino in fondo.

Lotte fu l'unica che comprese il piccolo inganno. Non mi sorprese la cosa, lei alla fine capiva sempre tutto. –La sottoscritta non l'ha rispettata così tanto- borbottò, come a sottolineare la sua superiorità. Io la ignorai.

C'è un'altra cosa che voglio aggiungere. Si tratta delle profonde cicatrici che scoprii sul corpo di Albert. Le fissai sorpresa, chiedendomi quale grande mistero si nascondesse in quei solchi. La gola mi si seccò. Non capivo cosa volessero dire, non capivo perché Albert non mi avesse mai detto di esse, che segnavano un passato scritto con il sangue e il dolore. Non sembrava cicatrici derivanti da giochi casuali o da un singolo incidente. No, erano segni lasciati in momenti diversi, da una mano crudele e senza cuore.

-Non voglio parlarne- mi precedette Albert, prima che uscisse la domanda che non gli avrei mai fatto.

Annuii mestamente. Non avrei chiesto nulla, ma quella notte augurai tutto il male del mondo alla persona che gli aveva fatto quello. Non sapevo che un giorno l'avrei incontrata e che a causa sua avrei rischiato di perdere una parte di me.


NOTE DELL'AUTRICE:

Ciao!

Cosa pensate del ritorno di Lotte?

A presto

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