XXX. DECISIONI DA PRENDERE
A cena mangiai poco. Come potevo mangiare con Herman così vicino? Se avessi allungato una mano lo avrei potuto toccare.
Non parlai. Ero troppo presa dai miei pensieri. Fu Lotte a chiacchierare più di tutti. Della vita a Londra, del film in cui aveva avuto una parte, del bambino che stava per nascere. Herman continuava a guardarmi. Io distoglievo lo sguardo. Non volevo che Albert capisse.
Quando la cena terminò trovai una scusa per rifugiarmi in camera. Mio marito mi raggiunse quasi subito.
-Sei pallida- Albert mi guardò con preoccupazione.
-Ehm, dici?- m'infilai nel letto. Avevo freddo.
-Sì... cosa succede? Non stai bene?- la preoccupazione vibrava nella sua voce, nel suo sguardo, nella sua persona. E io mi sentivo mancare. Ero una pessima moglie. Una cattiva persona.
-Oh sì, sto bene- mormorai.
-Non mentirmi... io... percepisco che c'è qualcosa di strano-
L'aveva scoperto! Era la fine!
-Hai litigato con Lotte?-
Il sollievo fu doloroso. Possibile che non sapesse? Che fosse così distratto da non accorgersene? Oppure semplicemente non voleva vedere? -Beh, io e Lotte litighiamo da sempre-
-Quindi è questo- mi sorrise. -Beh, Lotte è nervosa, è normale visto che è al nono mese
-La difendi?
-Non fare la gelosa
Era modo di parlarmi? -La ami, giusto?- me ne pentii subito. Avevo esagerato. Lo lessi negli occhi di Albert.
-Quindi è questo il problema?- non sembrava arrabbiato. Forse appena infastidito da quella che ai suoi occhi doveva sembrare una crisi di assurda gelosia. -Credi che ami Lotte?
-L'ammiri, so di non essere come lei...
-Ho preferito te, non ti basta?
-Sì, certo, basta- mormorai.
Albert mi si sedette accanto. Il materasso si piegò sotto il suo peso e io puntai i piedi per non cadergli addosso.
Quella notte non dormii. Sgusciai fuori dalla stanza. Avevo bisogno di riflettere, di trovare un senso a tutto quello che mi stava succedendo.
Uscii in giardino e fermai accanto al roseto. In cielo le stelle erano così brillanti da sembrare irreali. Scivolai a terra, esausta. Non ce la facevo più. Il mio corpo non reggeva. Forse un giorno mi sarei semplicemente sciolta. Sarei diventata nulla. Chiusi gli occhi traboccanti di lacrime. Mi trovavo in una situazione scomoda, ma forse c'era ancora salvezza. Avrei dovuto dire tutto ad Albert. Se lui lo avesse saputo ogni cosa sarebbe andata al suo posto. Un fruscio. Sussultai.
-Sono io-
Lotte. Sospirai di sollievo. -Mi farai prendere un colpo-
-Sempre a lamentarti- mia cugina mi comparve davanti in tutta la sua bellezza, una mano sul pancione.
-Si può dire lo stesso di te-
Lotte mi sorrise. -Abbiamo combinato un bel guaio, non credi?-
-Menomale che tu prendi tutto questo con leggerezza-
-La mia non è leggerezza... è la certezza di non poter fare nulla... e voi vi amate... ormai è chiaro-
Fu come un pugno, uno schiaffo, uno spintone. Fu la certezza di ciò che avevo sempre temuto. L'amore era una malattia mortale almeno quanto la tisi. Ripensai alla Sposa innamorata dell'uomo sbagliato. Ai dolori che la povera Dory aveva subito per amore. A Lolò che forse aveva amato e aveva rinunciato. L'amore fa sempre male. Lo aveva fatto anche a me. Avevo creduto di vivere una fiaba e invece era un incubo. -Cosa si fa?- domandai in un soffio.
-Forse non è così grave come sembra-
-Cosa intendi?-
-Forse è solo desiderio-
Desiderio. La fissai confusa.
-Se fosse solo quello... ti basterebbe andare fino in fondo-
-Cosa? Mi stai dicendo di tradire Albert?- era un pensiero inconcepibile.
-Non lo stai già facendo?- ruggì lei, aggressiva.
-Non io non lo tradisco! Non farei mai una cosa simili- e sapevo di mentire. Era tradimento desiderare la vicinanza di Herman. Era forse peggio ancora di un desiderio fisico.
-Secondo me sì- Lotte si alzò -ma sei tu la brava ragazza, la principessa... per cui vedi di risolvertela da sola... principessina- strinse i pugni, il viso arrossato dalla rabbia.
-Lotte, io... -
Lei non attese. Si voltò e se ne andò, le spalle dritte, il portamento fiero di una vera regina. Si erano sempre sbagliati tutti. Era Lotte la principessa. Io ero solo un'imbrogliona. Un'attrice che recitava una parte che non conosceva.
Passi dietro di me. Sospirai di sollievo. Lotte aveva deciso di tornare. -Scusa per prima- mormorai -sono stata imperdonabile-
Altri passi... ma non erano quelli di Lotte. Sentii il mio corpo irrigidirsi. Una figura si lasciò cadere al mio fianco. Herman. Mi bloccai. Eravamo noi sotto le stelle. Ero in trappola.
-Pensavo fossi Lotte- inspirai l'aria, cercando di calmare il battito inconsolabile del mio cuore. Perché voleva ciò che mai avrebbe potuto avere.
-L'ho vista allontarsi
-Solite discussioni- mormorai. Ci mancava solo lui.
-Una bella notte per guardare le stelle
-Sì, hai ragione- parole banali. Non sapevo cosa dire, cosa fare, nemmeno cosa pensare... la vicinanza di Herman mi faceva sentire sciocca. Beh, era inevitabile.
-Non potremo andare avanti così per sempre- mormorò lui.
-Dobbiamo-
-Io non voglio... ti amo, Violett, Albert dovrà comprendere che... noi ci amiamo-
No, Albert non avrebbe compreso. Di questo ero certa. Lo capivo bene. Come avrebbe potuto comprendere che amavo un altro? E che ciò che provavo per lui era così confuso? Se fossi stata io al suo posto, beh, non avrei capito.
-Se vuoi ci parlerò io-
Sprofondai. -No, non ora-
-Perché? Non credi che sia peggio rimandare?- scivolò verso di me. Il suo braccio mi cinse la vita. Il calore mi avvolse. Un calore tanto dolce da essere doloroso. Perché non era reale. Perché Herman non poteva essere nulla per me. E io mai sarei stata qualcosa per lui. Fumo negli occhi. Cercai di concentrarmi sulle cose importanti della mia vita. Su Albert.
Non potevo accusare Albert di nulla, tranne del fatto che fosse troppo leggero, troppo attaccato alla forma e poco alla sostanza. Se fosse stato un marito crudele... avrei potuto odiarlo. Albert però era presente, dolce, innamorato. Era il marito migliore al mondo... lo sarebbe stato se io... oh, che complicazioni! La colpa era solo mia.
-Prima o poi dovremo dirglielo-
Meglio poi. Non avevo coraggio. Non ne avevo mai avuto. Forse quella era la mia peggiore colpa. Sospirai.
-Violett, prima è, meglio è, il tempo non può che peggiorare la situazione-
Non potevo dargli torto. Non volevo dargli ragione. Mi limitai a stare vicino a lui, a godermi la sua presenza... e a sperare di trovare una soluzione.
-Più durerà questa recita, più farà male-
Saperlo non cambiava nulla. Mi abbandonai a un profondo respiro. Forse sarebbe successo qualcosa capace di cambiare le carte in tavola.
-Perché ti ostini a coltivare quelle rose?
La domanda mi sorprese. -Non ti piacciono?
-Il terreno non è ideale... continueranno ad appassire, è impossibile che sopravvivano
Qualcosa mi si contorce dentro. -Sì che sopravvivranno, ci vuole pazienza
-Non è questione di pazienza, alcune cose bisogna affrontarle di petto
Non stavamo parlando di rose. Parlavamo di noi due, del dire o non dire ad Albert, del suo essere gelido, del mio essere troppo morbida. Era un oggetto di scontro buono come un altro. Era un'altra me che usciva dalle crepe della vecchia me che mai avrebbe pensato di trovarsi in una situazione così soffocante.
-Le rose non nasceranno, Violett
-Sì, invece
-Ti dico di no
-Inve...
Un urlo squarciò l'aria.
-Lotte- scattai in piedi e corsi verso casa.
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