XXII. NOVITÀ DA LOTTE
Non molto tempo dopo Lotte ci comunicò grazie a una lunga e appassionata lettera che era incinta. Nuovamente. Nemmeno una parola su chi fosse il padre, quasi il bambino fosse stato formato solo dalla sua volontà. Tacqui su quello che avevo visto sull'isola.
-Avrebbe potuto almeno fare una chiamata- borbottò Lolò.
Mia madre si affrettò a scriverle, visto che non ci aveva lasciato un numero al quale contattarla. -Avrà bisogno di aiuto
-Non tornerà- mormorai. -Non prima di aver raggiunto la gloria
Tra me e me risi della sua fertilità e di come un tempo ne fossi stata invidiosa. Ora non la ero più. Il mio rapporto con Lotte si stava cementando, stava diventando più solido, meno burrascoso. Forse era per il fatto che ormai eravamo donne. Oppure erano le disavventure vissute. Insieme a quella notizia ne venne un'altra.
Stavo leggendo un libro, accoccolata in giardino, l'erba che mi sfiorava le caviglie, quando Albert arrivò. -Vivi, ho una buona notizia- si sedette vicino a me.
-Cosa?- chiusi il libro, lo appoggiai sulle ginocchia, attesi. Da brava moglie.
-Una proposta di lavoro- mi disse Albert con un mezzo sorriso -credo che sia stato Herman a fare il mio nome-
Herman. Voleva dire guai. -Di cosa si tratta?- chiesi in un soffio.
-Diplomazia, all'estero-
-Estero?- chiesi, incredula. Non volevo allontanarmi dal castello.
-Sì... che ne pensi?-
-Io... ne sono felice- e mi costrinsi a sorridere, a ricacciare indietro il turbamento. Non era per quello che ero cresciuta? Per assecondare le persone? Per essere docile e buona? Le labbra mi si storsero in una smorfia. Io vivevo di menzogne.
-E io sono doppiamente felice- Albert mi sollevò e mi fece volteggiare, la sua piccola principessa. Non potevo essere nulla di più. Forse non volevo essere altro.
-Dove andremo?- chiesi piano, i capelli che mi pungevano gli occhi.
-In Africa
L'Africa? Per poco non mi sentii mancare. Era un luogo così lontano...
Albert mi sorrise, timidamente. -Non è poi così lontana
Era una bugia. -Perché fin lì?
Albert mi strinse con dolcezza. -Serve qualcuno che vada là
E naturalmente Herman aveva pensato ad Albert. Voleva forse isolarmi? Rendermi una preda facile come la ero stata in Germania? La rabbia uscì dalle pieghe della mia anima. Era dolorosa. Inspirai l'aria che profumava di addii e lacrime.
-Quando partiremo?- chiesi in un soffio.
-Non so ancora, ci vorrà certamente del tempo per prepararsi, forse un mese
Un mese. Era pochissimo tempo. Annuii. -Va bene
-Ehi, non fare quella faccia, non voglio che tu sia triste- mi abbracciò.
-Non sono triste... che lavoro è?- gli posai la testa sulla spalla.
-Il mio vecchio lavoro
-Non ho mai capito di cosa ti occupassi
Una risata.
Mi tirai indietro e guardai Albert. Era strano. E bello. -Perché ridi?
-È una vita che mi chiedo quando lo avresti chiesto
-Non sono sicura di volerlo sapere
Da quanto non parlavamo con tanta intimità? Forse non avevamo mai parlato così. Non da quando c'era Herman. Bisognava tornare ai primi tempi a Parigi.
-Allora non te lo dirò- mi prese il volto tra le mani. Ruvide e calde. -Mi dai un bacio?
-Anche mille
Albert mi baciò. Lo avvolsi tra le braccia, il cuore che mi sussultava in gola. -Sei la migliore moglie del mondo
-Mmm, devi proprio convincermi a fare questo viaggio- socchiusi gli occhi.
-Non è per il viaggio, è per te- la sua bocca scese sul mio collo. Tornai ragazzina, fatta d'acqua sotto i suoi baci. Mi spinse giù, il profumo dei fiori e dell'erba e del passato che mi ubriacava.
-Albert, ci potrebbero vederci
Lui rise, gli occhi verdi che riflettevano la luce del sole morente. -Questo è parte del divertimento- la mano scivolò sulla mia vita, aderendo alla stoffa azzurra del mio abito. Trattenni il respiro. Era come se non ci fosse nulla a dividerlo dalla mia pelle.
-Sei un balordo- finsi di spingerlo via, le mani contro il suo petto.
-Ti ho trascurata
Non era vero. Ero io che avevo trascurato lui, persa nel pensiero di Herman.
-Sai, penso a Herman
Ghiaccio nelle vene. -Che c'entra Herman?- ecco la voce troppo tesa, una corda di violino sul punto di rompersi. Aveva compreso tutto. Lo avrei perso. Artigli invisibili mi si conficcarono nello stomaco.
-Margaret è morta all'improvviso, scommetto che non ha avuto nemmeno il tempo di dirle che l'amava
Chissà perché quelle parole mi fecero ancora più male. Pensai a Herman che diceva a Margaret di amarla. Il mio Herman. L'uomo che amavo. Quello che volevo adesso, mentre ero tra le braccia di mio marito.
-Non voglio che...
-Succeda a noi?- gli passai le mani tra i capelli. Era bello lasciare indugiare le dita tra di loro. Confortevole. -Voglio vivere ancora a lungo, voglio diventare vecchia, rugosa, fragile, insieme a te, anche se il più tardi possibile
Albert sorrise. -Ti amo, Vivi, ora e fino alla fine del mondo e oltre ancora
Aprii la bocca per dirgli che lo amavo anch'io, che sarei stata con lui fino alla fine del tempo, che vivevo per lui, ma il pensiero di Herman mi fulminò. -Anch'io- mormorai prima di attirarlo a me e baciarlo.
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