XXXXII
E poi un giorno successe l'impossibile: Lotte decise di sposarsi. Il fortunato si chiamava Mikal ed era uno straniero che a malapena riusciva a parlare l'italiano. Chi fosse veramente Mikal non lo seppi mai, non so neppure se Lotte fosse a conoscenza di qualcosa sul suo passato oppure no. L'unica cosa che sapevo era che Mikal assomigliava moltissimo ad Albert e probabilmente fu ciò che spinse Lotte ad accettare la sua proposta di matrimonio. In effetti la prima volta che lo vidi, una sera primaverile, mentre passeggiavo intorno al lago, m'illusi quasi che fosse Albert, che fosse tornato, anzi, ahimè, m'illusi così tanto che corsi verso di lui, spinta da un sentimento che non potevo spiegare a parole. Quale fu la mia sorpresa quando scoprii che non era Albert, come potei sbagliarmi? Mikal non emanava la luce di Albert, non era neppure minimamente simile a lui se non d'aspetto.
Come Lotte avesse conosciuto Mikal era avvolto dal mistero, mia cugina infatti da quando aveva partorito non si allontanava molto spesso dal castello. Credo che l'incontro avvenne per caso durante una delle sue solitarie passeggiate nel bosco. E sono certa che se lui non fosse assomigliato così tanto ad Albert, lei non avrebbe mai pensato di sposarlo dopo appena un paio di mesi di frequentazione. Improvvisamente il castello si addobbò a festa. Mia madre era felicissima.
-Questo Mikal è perfetto per Lotte- diceva, sebbene gli avesse parlato una volta soltanto.
Dubitavo in realtà che in altre situazioni sarebbe stata entusiasta di un simile matrimonio, ma ormai la missione della sua vita era diventata quella di maritare Lotte e l'occasione era troppo perfetta per opporsi. Stranamente anche Lolò si mostrò felice della cosa.
-Questo Mikal sembra simpatico- mormorava.
Io a malapena riuscivo a capire cosa dicesse, ma se Lotte era felice chi ero io per oppormi? Parve all'improvviso riprendere tutta la vitalità che aveva perso e divenne anche molto dolce con Julien.
-Voglio imparare a essere una brava madre- mi confidò una volta –io e Mikal avremo molti figli-
La sua idea in realtà non era quella di essere la madre di Julien. –Lui è più figlio tuo che mio- mi disse un giorno –con me non starebbe mai bene-
Sinceramente io non volevo allontanarmi da Julien, per cui ero ben disposta a convincerla a lasciarlo al castello se avessero preso casa altrove, cosa che comunque non pensavo che sarebbe mai successa, anzi, ero certa che Mikal avrebbe abitato con noi, approfittando della fortuna che aveva avuto con quel matrimonio. In quei momenti pensavo ad Albert, mi chiedevo come avrebbe commentato la situazione, desideravo che lui fosse lì con me, che mi stringesse tra le braccia. Era triste dover essere spettatrice di quello che pareva un amore da fiaba, mentre io restavo sola. Non era raro incontrare Lotte e Mikal abbracciati in qualche angolo oscuro del castello o del giardino. In quei momenti pareva quasi che a nessuno dei due importasse del mondo.
Ricordo una cena in particolare. Mikal era venuto a trovarla nel pomeriggio, si era seduto in salone, aveva parlato con il suo linguaggio incomprensibile, per poi andarsene avvolto nel suo lungo mantello nero, come il principe oscuro di una qualche fiaba nera. Lotte era particolarmente serena, rideva e raccontava qualcosa, quando il bicchiere che aveva tra le dita si ruppe senza un apparente motivo. Ci fu un attimo di silenzio, di calma, d'immobilità, poi il sangue, rosso scuro, cominciò a scendere lungo il suo palmo e poi a cadere sulla tovaglia bianca. Mia cugina restò immobile, come incantata. Mia madre, invece, si alzò subito e, preso un tovagliolo, le tamponò la ferita.
-Non è niente- disse.
Lolò arrivò di corsa, qualcosa di strano nello sguardo. –Porta male- mi sussurrò.
-Non dire sciocchezze- le mormorai di rimando, il cuore in gola.
-Continua a sanguinare- si lamentò Lotte, con voce atona.
Effettivamente la ferita continuò a sanguinare per parecchio tempo, tanto che mia madre era decisa a mandare a chiamare il medico, ma Lotte si rifiutò.
-Passerà, si rimarginerà... deve rimarginarsi- e guardava stranamente la ferita.
Fu dopo quest'episodio che, all'improvviso, quasi da un giorno all'altro, una frase divenne fin troppo presente sulle labbra di Lotte. –Non mi sposerò mai-
E così provò l'abito da sposa, scelse i gusti della torta, decise le decorazioni, tutto ciò sostenendo che lei non si sarebbe mai sposata.
-Ho visto il teschio, Viola, come potrei sposarmi dopo che ho visto il teschio?-
-Ma era uno stupido gioco- mormorai, ricordando quella lontana notte di San Giovanni.
-No, è la verità, non mi sposerò mai-
E non servivano le mie rassicurazioni. Non sapevo se lo dicesse anche a Mikal, se lo costringesse a prometterle mille volte di non lasciarla, ma la certezza che non si sarebbe mai sposata divenne praticamente un'ossessione per lei, occupando ogni suo pensiero.
-Non so neppure perché perdo tempo a prepararmi per questo matrimonio che intanto non ci sarà-
Mio padre pareva essere l'unico a cui l'idea di quel matrimonio non piaceva. Un giorno lo trovai seduto davanti al camino in salone. Era raro che uscisse dal suo studio, normalmente passava lì tutto il giorno, uscendo solo per i pasti e per qualche particolare occasione. Quando mi sentì arrivare alzò la testa e mi sorrise.
-Viola, facciamo una passeggiata?- mi chiese e io compresi che voleva parlarmi di Mikal.
Passeggiammo intorno al lago e ascoltai i suoi dubbi.
-Non sappiamo nulla di questo ragazzo- mi disse –io sinceramente non mi fido-
-Sembra bravo-
-Lo so, lo so... ma non sarebbe il primo che... credimi, io voglio che Lotte si sposi, voglio che se ne vada dal castello, è un bene per tutti... ma se le dovesse succedere qualcosa non me lo perdonerei mai- sospirò -ho scritto a dei conoscenti che hanno fatto delle ricerche su di lui, ma non sono riusciti a trovare nulla su di lui, temo che il suo nome sia falso, che sia solo un bugiardo-
Era così strano sentire mio padre parlare così. –Lotte è certa che il matrimonio non ci sarà- gli confidai.
Lui si fermò un attimo, lo sguardo perso nel lago. –Forse sarebbe la cosa migliore... sai, la nostra famiglia è antica, abbiamo già avuto la nostra dose d'infelicità-
-Andrà bene- lo rassicurai, ma non ci credevo neppure io, no, all'improvviso mi sentivo inquieta e di pessimo umore e quel lago, in cui mi specchiavo, in cui forse c'era il corpo di Giselle incatenato sul fondo, mi pareva all'improvviso un luogo nefasto, dal quale stare lontana. Proprio in quel luogo avevo inoltre dato il mio addio ad Albert. In quel momento compresi che Lotte aveva ragione: il matrimonio non ci sarebbe stato.
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