XXXVII

E fu così che Albert, saputo che Lotte era incinta, se ne andò, partì come un ladro, di notte. Sebbene sapessi che sarebbe partito, fino alla fine sperai che cambiasse idea, che avesse trovato un'altra soluzione. Venni a sapere della sua partenza da Lolò che, scesa al villaggio, riportò con gioia la notizia che era andato via e che, probabilmente, non sarebbe mai più tornato. Cosa feci io? Piansi, piansi molto. Lo amavo, lo capii in quel momento, come normalmente succede nella vita, quando capiamo l'importanza di qualcosa proprio quando la perdiamo. Lo amavo con una forza, con una disperazione tale che nulla al mondo avrebbe potuto distrarmi da quel dolore. La verità era che non avevo mai conosciuto qualcuno come Albert e dubitavo che mi sarebbe successo di nuovo. In quei momenti mi chiesi spesso se non avrei fatto meglio a fuggire con lui, ad accettare quella sua folle proposta, a essere la sua amante invece di non essere nulla. Forse sarebbe anche stato meglio sposarlo subito, nonostante il disonore che un matrimonio così improvviso avrebbe portato. Cosa me ne facevo ora dell'onore? Ero certa che avrei passato il resto della mia vita sola, abbandonata, schiava di Lotte.

I miei genitori restarono sconvolti dalla notizia della partenza. Mio padre, che pareva essere diventato un carissimo amico di Albert, non si dava pace per la cosa e insinuò che fosse a causa della gravidanza di Lotte, credeva insomma che Albert fosse un uomo perbene e che non potesse accettare di unirsi a una famiglia disonorata.

-Non dire sciocchezze- lo zittì un giorno mia madre, ma lui continuò a sospirare e insinuare ogni volta che lei non c'era, arrivando a consigliarmi di non farmi più vedere in giro con Lotte, perché era davvero una cosa vergognosa che una brava ragazza come me dovesse essere punita a causa sua.

Nessuno sospettò che fosse Albert il padre e né io né Lotte ci lasciammo scappare quell'informazione. Mia cugina in particolare non voleva mai parlare della gravidanza. Pareva improvvisamente più bella, come se l'aver rovinato la vita a me l'avesse resa più splendente, come se avesse prosciugato la mia gioia, la mia vitalità per poter star meglio. Fu così che mentre lei ingrassava, un po' per la gravidanza, un po' per i pasti abbondanti, io dimagrivo, impallidivo, parevo sempre più simile a uno spettro, parevo quasi assottigliarmi.

-Un giorno sparirai- mi disse una volta Lotte.

-Spera di no, perché ti verrei a prendere-

-Sei insopportabile ultimamente-

Me ne rendevo conto, l'infelicità mi stava trasformando, stava affondando i suoi artigli nella mia carne e stava operando laddove nulla era riuscito ad operare. Anni di angherie di Lotte non avevano avuto l'effetto della fuga di Albert. Mi sentivo svuotata, priva di qualsiasi gioia, nulla potevano fare i romanzi, nel quale mi ero sempre rifugiata, o le passeggiate intorno al lago che mi aveva spesso portato la pace. Attendevo, speravo, pregavo che arrivasse almeno una lettera da parte di Albert, una sola lettera in cui mi avrebbe mostrato il suo amore. Io non sapevo che in realtà le lettere arrivavano puntuali nonostante non ricevessero risposta, ma erano fermate da una mano amica che, ahimè, volendo il mio bene faceva così il mio male.

Presto il pancione di Lotte divenne così grosso che fu impossibile nascondere la gravidanza, quindi fu caldamente invitata a non uscire dal castello e soprattutto a non andare in paese... ovviamente Lotte non ascoltò nessuno e iniziò ad andare in giro, mostrandosi a tutti... tipico di mia cugina. Ricordo un giorno in cui scese al villaggio, il pancione in bella vista... oh, i commenti di chi la vide! Ma a Lotte non importava. Quel giorno, ahimè, incontrammo anche Ricky che si fermò a guardarci prima con sorpresa e poi con derisione. Lotte proseguì, dritta e fiera, come se fosse una regina e lui un semplice servitore. Era magnifica e solenne.

-Non m'importa di quello che dicono, non m'importa di nulla- diceva.

Com'era libera Lotte! Come avrei voluto essere come lei, ma io non riuscivo a passare indenne agli sguardi di derisione, alle risate, a coloro che sottolineavano il fatto che l'uomo che diceva di amarmi se n'era andato via.

Un altro giorno scendemmo al villaggio e incontrammo una nostra vecchia conoscenza: Betty. Non la vedevo da quando mi aveva parlato della lite tra Albert e Lotte, un giorno si era semplicemente stancata di salire fino al lago, aveva probabilmente compreso che non l'avremmo mai resa partecipe del nostro rapporto. Era pallida ed emaciata, con un livido sul viso. Mi fermai, sentendomi in dovere di dirle qualcosa.

-Betty, come stai?-

-Bene- mormorò lei, lo sguardo basso.

Notai che aveva un anello all'anulare, si era dunque infine sposata. Lei parve leggermi nel pensiero, indugiò un po', poi parlò.

-Ho sposato Ricky-

Restai immobile, senza parlare, sentendomi stranamente ferita senza saperne il motivo.

-Visto che non sei potuta essere nostra amica, beh, hai preso un nostro scarto- disse Lotte, la voce tagliente.

Osservai Betty con maggiore attenzione. Non pareva l'immagine di una donna felice e questo mi fece molto piacere... lo sapevo bene che era sbagliato provare piacere per il dolore altrui, ma non potei farne a meno.

-Devi proprio esserne orgogliosa- la derise ancora Lotte –lui non ti ama, lui non sa amare... sarai infelice per sempre- e, presami per mano, mi trascinò via. In quel momento mi parve di essere tornata ai tempi dell'infanzia quando Lotte mi difendeva e non mi dispiacque. Avevo proprio bisogno di essere difesa.

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