XXVII

Quando arrivai al castello fui accolta dalle urla di preoccupazione e di rimprovero di mia madre, che mi venne incontro sollevando il suo lungo abito color crema. Era pallidissima. Dietro di lei c'era Lolò, tremante.

-Viola, ma dov'eri finita?- esclamò mia madre, pareva quasi che non notasse la presenza di Albert che le fece un inchino.

-Colpa mia, mia signora- disse subito –ho trovato vostra figlia durante il temporale e l'ho portata in un posto asciutto-

Sul volto di mia madre passò una strana espressione. –Non avreste dovuto- disse furiosa –Viola doveva tornare immediatamente a casa-

-Il terreno era scivoloso e...- tentai io.

-Non ho chiesto la tua opinione- disse rapida mia madre, lo sguardo truce puntato su Albert. Sapevo cosa stava pensando, lo sapevo fin troppo bene e mi pentii enormemente di non essere tornata subito al castello, ignorando Albert e la sua folle richiesta, ma ormai era troppo tardi. –Non siete più gradito qua- disse mia madre –e vi pregherei di non cercare di rivedere più mia figlia-

Albert restò immobile, come una statua, come se tutto gli scivolasse addosso senza importanza. –Mi scuso per il mio comportamento- disse infine –non mi sono reso conto della gravità della situazione...come posso scusarmi?-

-Non c'è modo- disse gelida mia madre.

-Vi prego comunque di perdonarmi-

-Vieni, Viola- mia madre mi prese per il braccio e mi portò via.

La seguii senza dire nulla, lottando contro la voglia di girarmi, di guardare un'ultima volta Albert, certa com'ero che non lo avrei mai più visto. E poi notai un movimento dietro una finestra e una figura che fissava immobile. Lotte, i lunghi capelli biondi, il sorriso vittorioso, osservava la scena, una regina trionfante. Mi sentii gelare il sangue nelle vene e compresi che in qualche modo Lotte c'entrava con la sfuriata di mia madre, non dubitavo che fosse intervenuta lei, che le avesse detto qualcosa per farla arrabbiare, che tentasse così di rendere Albert suo oppure di nessuna delle due. Lotte non amava le sconfitte, soprattutto in amore, dove credeva di essere lei l'unica degna di vincere. Una rabbia che non conoscevo, una rabbia che non avevo mai provato prima, m'invase, percorrendomi il corpo e facendomi tremare. Albert era mio, non suo...e avrei combattuto...non potevo arrendermi, non questa volta, perché se lo avessi fatto questa volta mi sarei arresa a lei, tanto valeva chinarmi di fronte a lei e dirle che era veramente lei la regina del castello, la vera erede.

Io e Lotte parlammo poco quel giorno. Lei era fin troppo felice, canticchiava e ballava per stanza, si sistemava i capelli, faceva smorfie allo specchio. Non mi disse nulla che potesse farmi capire il suo coinvolgimento, ma io sapevo e lei sapeva che io sapevo. Era un gioco pericoloso...il nostro gioco...sarebbe stato divertente dopotutto. Sfidare Lotte nel suo territorio.

Quella sera la conversazione a cena fu poca e sofferente. Mia madre pareva ancora arrabbiata, mentre Lolò si guardava intorno preoccupata. Lotte era l'unica di buon umore, ridacchiava addirittura.

Con quale sollievo mi rifugiai in camera! Lotte mi comunicò che sarebbe uscita...una parte di me immaginava da chi sarebbe andata, una parte di me temeva ciò che avrebbe fatto.

-Non aspettarmi alzata- mi disse Lotte, prima di sbattere la porta e di andarsene. Sapeva bene che ormai nessuno del castello l'avrebbe fermata e pareva davvero felice di ciò, di aver acquistato una tale libertà da poter fare tutto ciò che voleva senza nessuna conseguenza.

Quella sera la osservai allontanarsi dalla finestra, quasi temendo di vedere Albert venirle incontro.

Fui costretta a stare al castello per diversi giorni. Lolò controllava con grande attenzione che non avessi nessun collegamento con l'esterno, a parte Mimì che venne un paio di volte a trovare Lotte e con il quale mi fermai a parlare sul portone del castello. Negli anni Mimì era molto cambiato ed era diventato diverso dal bambino che avevo conosciuto un tempo, eppure c'era in lui qualcosa che non riusciva a rendermelo simpatico, anche se non riuscii mai a capire se fosse una caratteristica sua oppure il suo stretto e servile legame con Lotte.

-Ho sentito di quell'avventuriero che viene spesso al castello- disse Mimì a un certo punto e io compresi a chi si riferiva.

-Il signor Kalok?- chiesi.

-Proprio lui...cosa sapete sul suo conto?-

-Non molto in realtà-

-Viene spesso a trovarvi però-

Annuii, mentre percepivo la gelosia nella voce di Mimì. Certo, lui era convinto che Albert si recasse spesso al castello per vedere Lotte.

-Dovete stare attente, non è un uomo d'onore-

-Sapete qualcosa al riguardo?-

Lui annuì abbassando la voce. –Ho provato a parlarne con Lotte, ma lei sembra non volere ascoltare, è certa che io sia solo geloso, ma tu sei sempre stata più giudiziosa, Viola, e poi hai sempre vegliato su di lei-

-Cosa sai su di lui?-

-Pare che si occupi di commerci illegali e che si sia dovuto allontanare dalla Germania per aver disonorato una ragazza-

-Disonorato?-

-Proprio così...e questo non è tutto, si dice che abbia ucciso un uomo ma che non sia stato arrestato perché non c'erano prove a sufficienza-

-Perché lo avrebbe ucciso?-

-Problemi di gioco...credimi, non è chi dice di essere, bisogna stargli lontano-

Restai immobile, chiedendomi se dovessi credergli o meno. In fondo Mimì era un giovane geloso...era davvero credibile? Non lo sapevo, non potevo saperlo. Inspirai a fondo. C'era sicuramente qualcosa di strano in Albert...eppure le parole di Mimì non potevano rendermi infelice, fu in quel momento che compresi quanto fosse forte il sentimento che mi legava ad Albert e che non m'importava proprio chi fosse veramente.

-Sto facendo delle indagini su di lui- continuò Mimì –presto potrei avere delle prove...spero così di riuscire a convincerla, anche se ne dubito, tu sai molto bene com'è Lotte, lei crede solo in ciò che vuole-

La conoscevo molto meglio di lui e ormai ero certo che qualsiasi cosa le avessero detto di Albert non le sarebbe importato nulla, ormai lo aveva scelto e questo le bastava.

-C'è un'ultima cosa...non so se dirtela, mi prenderai per pazzo se te la dicessi-

-Dimmi, a questo punto sono curiosa-

Mimì mi si avvicinò e abbassò la voce. –Dicono che non sia umano...-

-Cosa vuoi dire?-

-Un revenant, un vampiro, uno stregone, forse, ecco cosa dicono-

Mi sfuggì un sorriso ripensando la stessa cosa si era detta sul cugino Giorgio. –E chi te lo avrebbe detto?-

-Ho un mio amico che vive in Germania, me lo ha scritto lui, c'erano strane voci su di lui, pareva che i suoi nemici morissero in strani modi, che frequentasse i cimiteri di notte, che non si recasse mai in chiesa e quando lo faceva restava in fondo, che preferiva la notte e le giornate cupe...sono voci, certo, ma quell'uomo è strano-

Albert un vampiro. Sì, era molto affascinante, ma un vampiro?

-Stai attenta e bada anche a Lotte-

-Va bene- promisi -farò tutto il possibile per tenere Lotte lontana da lui- e Mimì non poteva neppure immaginare quanto fossi sincera.

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