XXVI
Albert divenne una presenza costante nelle nostre vite. Faceva visita al castello quasi tutti i giorni, sempre ben vestito, sempre affascinante oltre ogni immaginazione, sempre portando qualche bizzarro dono a mio padre che pareva apprezzare oltre ogni decenza. Io e Lotte facevamo a gara per correre da lui, per essere l'oggetto delle sue attenzioni, ci spintonavamo, ci rubavamo i vestiti e gli accessori in una rivalità che non aveva mai avuto precedenti così violenti. In realtà non litigavamo mai tra di noi, ma ci lanciavamo degli strani sguardi, ci scrutavamo con attenzione, pronte a cogliere qualsiasi cosa. Albert pareva divertito dalla nostra competizione, ma non mostrava di preferire nessuna delle due...per la prima volta qualcuno non preferiva Lotte e la cosa mi riempiva di gioia, forse avevo anch'io una possibilità di vincere quella sfida...la cosa mi riempì di gioia, mi lasciò quasi senza fiato. Lotte, mortalmente ferita da questa mancanza di preferenza, cercò più volte di denigrarmi.
-Viola è così noiosa- sostenne un giorno.
-Io non direi che è noiosa, anzi, è tremendamente interessante- mi difese Albert.
Lotte impallidì, non aspettandosi una simile risposta.
-Grazie per avermi difesa- esclamai io, vittoriosa.
-Un onore-
Lotte non si arrese e, comunque, non avrei mai pensato che lo facesse, era troppo abituata a ottenere tutto ciò che voleva. Devo ammettere che con Albert s'impegnò molto più di quanto avesse fatto con altri, motivata dal fatto che lui non si mostrava interessato. Non l'avevo mai vista così civettuola, così odiosa, così patetica.
-Posso chiamarvi Albert?- chiese un giorno, appoggiandosi a lui con un po' troppo trasporto. Il suo sguardo luccicava.
-Chiamatemi come preferite-
Lei aveva piegato un po' la testa, socchiuso le palpebre e là, nel giardino del castello, con me lì presente, aveva tentato di baciarlo. Albert era balzato indietro come se avesse provato a morderlo un serpente e aveva sorriso. Era il primo uomo che la rifiutava in quel modo e io avrei voluto urlare di gioia. Per una volta non dovevo starmene lì a guardare mia cugina che seduceva qualcuno.
-Miss Lotte...forse siete un po' troppo precipitosa-
Lotte s'irrigidì e il suo viso per un attimo parve trasformarsi, era come se all'improvviso fosse diventata un'altra persona, come se fosse furente perché era stata contradetta. Strinse le palpebre, le sbatté...e così come si era trasformata parve tornare normale, la solita Lotte.
-Albert caro, ma forse sei tu a essere un po' troppo...cauto- sorrise e il suo sorriso parve un ghigno.
-Può darsi, ma la cautela è una virtù-
E la cosa finì così, lasciando Lotte irritata e non più certa della vittoria.
Fu durante un violento temporale che successe qualcosa. Ero andata a raccogliere alcuni fiori nel bosco, per decorare la tavola, quando un fulmine illuminò il cielo plumbeo e poco dopo fu seguito da un tuono che mi fece sobbalzare. Probabilmente non sarei tornata a casa asciutta. M'incamminai, rapida, verso il castello. Il temporale iniziò poco dopo. Gelide gocce d'acqua mi finirono addosso facendomi rabbrividire. Le scarpette che indossavano non erano adatte al terreno bagnato, così rischiai di scivolare e il cestino con i fiori mi cadde a terra. Feci per prenderlo, ma qualcuno fu più veloce. Alzai la testa sorpresa e incontrai lo sguardo divertito e curioso di Albert.
-Mister Albert- esclamai sorpresa –cosa ci fate qua?-
-Potrei farvi la stessa domanda, mia signora...a prendere la pioggia suppongo-
Risi. –Esatto- solo anni dopo mi venne il forte dubbio che Albert mi stesse già pedinando da tempo, aspettando il momento giusto per parlarmi.
Senza aggiungere altro Albert si tolse il mantello nero e me lo mise sulle spalle, quindi mi sollevò il cappuccio. Mi parve di essere una bambina.
-Ma...vi bagnerete-
-Oh, sono abituato a un po' di pioggia...comunque ci conviene trovare un riparo e attendere che il temporale passi-
-No, mi aspettano al castello- dissi subito, certa che i miei genitori e Lolò si sarebbero molto preoccupati se non fossi tornata.
-Il temporale sarà proprio brutto, credetemi, meglio aspettare, c'è una piccola baita poco lontana da qua-
-Io e voi?- domandai, un po' incerta.
Albert sorrise ancora di più. –Paura che vi mangi?-
Risi. –Paura per la reputazione-
-Oh, ma se ne può fare anche a meno di una reputazione-
-Siete scandaloso-
-E voi siete adorabile- si posò la mano sul cuore –giuro che non attenterò alla vostra reputazione...sono un uomo d'onore-
-Mi devo fidare?-
-Certamente-
Non sapevo perché ma una parte di me si fidava davvero di lui, nonostante quella sua aria da bandito.
-Allora? Forse voi siete ben riparata, ma io mi sto bagnando- esclamò.
Risi. –Va bene, andiamo- accettai il suo braccio e corremmo sotto la pioggia.
Oh, era così strano correre in quel modo, così poco signorile, eppure...mi piacque. Il riparo a cui si riferiva Albert era una piccola casetta abbandonata. Lui aprì la porta con un calcio. L'acqua gli scendeva lungo i capelli e sul viso, ma pareva che non gli importasse.
-Entrate, su-
Ubbidii. C'era solo una stanzetta spoglia, con un tavolo grezzo e un paio di sedie. Avevo il vestito bagnato, infangato e anche un po' stracciato...eppure mi sentivo gioiosa, anzi, ero euforica.
-Venite, su, su- disse Albert –dovete asciugarvi- mi tolse dolcemente il mantello, quindi lo posò su una sedia. Con delicatezza mi sfiorò una guancia. –Siete ghiacciata-
-In realtà siete voi a essere bagnato e ghiacciato-
-Oh, ma io sono forte e resistente, posso ben tollerare un po' d'acqua e un po' di freddo- mi sorrise, tirandomi indietro i capelli, un gesto un po' troppo familiare, ma che non mi dispiacque come invece avrebbe dovuto.
-Avete dato la vostra parola- gli ricordai.
-La sto mantenendo-
-Lo so, ma volevo solo ricordarvelo-
Lui annuì, sempre sorridendo. –Credetemi, sono un uomo di parola-
-Non ne dubito-
-Rasserenata?-
Annuii e gli sorrisi. Mi sentivo un po' in imbarazzo e non sapevo esattamente cosa dire, ma il silenzio mi rendeva irrequieta. –Credete che pioverà ancora per molto?-
-Oh, no, questi sono temporali, improvvisi, violenti e molto brevi, per cui non dovremo restare qua ancora per molto....non che la vostra compagnia mi dispiaccia-
Mi accomodai su una sedia. –So che viaggiate molto- mormorai –ma non di cosa vi occupiate-
Albert sorrise. –Dubito che lo vorreste veramente sapere-
Lo fissai un attimo in silenzio, poi annuii. –Sì, lo voglio sapere, sono curiosa-
-La curiosità uccide...non lo sapete?-
-Un po' catastrofista, non trovate?-
-Sì, sì, avete ragione- mi sorrise e si sedette sul tavolo –vedete, mi occupo di commercio-
-Che genere?-
-Un po' tutto...ma soprattutto oggetti rari-
E all'improvviso compresi. –Siete un ladro- esclamai.
-Ladro? Ma che brutta parola! Diciamo che raccolgo oggetti rari in luoghi in cui non verrebbero trattati come meritano e dietro compenso li consegno a qualcuno che sa come trattarli- sembrava divertito dalla mia indignazione.
-Non ditemi che rubate reperti!-
-Ho già detto troppo...comunque potrei definirmi un commerciante-
-Ho il sospetto che non mi diciate tutto-
-No...e non vi dirò tutto...non ora perlomeno...bisogna lasciare un po' di mistero-
-Sinceramente non sono molto sicura di voler sapere ancora cosa fate nella vita-
-Ora tocca a me porre domande- disse Albert, lo sguardo brillante.
-Accomodatevi, cosa volete sapere-
Lui parve farsi pensieroso, si guardò intorno un attimo, poi sorrise. –Vediamo un po', in realtà avrei parecchie domande...per prima cosa vi chiederei che cosa vorreste per il vostro futuro-
Aggrottai la fronte. –Il mio futuro...che strana domanda...non lo so, credo che mi sposerò- non che ci fossero state richieste di matrimonio soddisfacenti, pareva che a nessun uomo dabbene importasse di me...in compenso Lotte ne aveva ricevute parecchie tutte rifiutate con la sua aria di superiorità.
-Solo questo? Un matrimonio?-
Annuii.
-Vi accontentate di poco-
-Un matrimonio non è poco! Voi altri lo date così per scontato, ma il matrimonio non è una questione da poco-
-Scommetto che sia vostra cugina a sminuire la sacra istituzione-
Sospirai. –Inutile discutere-
-Invece a me piace discutere...forse non avete neppure tutti i torti, sapete?-
-Se lo dite voi-
-Siete una ragazza molto intelligente, forse un po' troppo, sapete che per una ragazza da marito è meglio non essere troppo sveglia, altrimenti si rischia o di allontanare tutti i corteggiatori o di notare tutti i loro difetti-
Sorrisi. –Avete ragione...ora tocca a me fare una domanda-
-Prego-
-Perché vi siete fermato in un piccolo villaggio come il nostro?-
-Una vacanza-
-Non vi credo-
-Insinuate che sia un bugiardo, quindi...e avete ragione, mi piace molto mentire a dire il vero, ma credo anche che in ogni bugia ci sia un po' di verità-
-Vi ricordo che state evitando la mia domanda-
-Certo, certo...sono qua per un affare...oh meglio sono venuto qua per un affare, mi sono fermato per un altro motivo, non per lavoro-
-Quale motivo?-
-Non ve lo dirò-
Avrei potuto insistere, ma qualcosa mi diceva che non avrebbe ceduto.
-Tocca a me...mi amate?-
La domanda fu così imprevista che lo fissai senza rispondere. Come si permetteva di chiedermi una cosa simile? Una signora non può esprimere i suoi sentimenti, non così...no, proprio no...soprattutto quando i sentimenti sono così forti. Abbassai lo sguardo.
-Non ho bisogno della risposta- esclamò Albert, vittorioso.
-Volete forse dirmi che leggete nel pensiero?- lo provocai.
-No, ma conosco bene le donne...sapete, non sono sempre stato un giovanotto agiato, al contrario-
Aggrottai la fronte. –Dite sul serio?-
Lui annuì e qualcosa di triste gli appannò lo sguardo. –Sono cresciuto in un quartiere povero in cui...beh, c'era molte donne, ben poche perbene come voi...quelle donne sono ben disposte a raccontare i loro sentimenti e i loro pensieri...oh, non fate quella faccia, non vi sto paragonando a una di quelle donne, dico solamente che spesso i sentimenti delle donne perbene e quelle non perbene si assomigliano-
-Dovrei sentirmi oltraggiata- mormorai.
-Non la siete però-
Scossi la testa. –Ho sempre pensato che foste di famiglia ricca-
-Mia madre era di un'ottima famiglia...ebbe la pessima idea di fuggire con mio padre che la portò in Germania...poi un giorno se ne andò, mia madre non sapeva neppure parlare correttamente il tedesco- c'era un forte dolore nella sua voce.
-Mi dispiace-
-Il passato è passato- mi sorrise, un sorriso privo di tristezza –fuori ha smesso di piovere...un temporale breve, come ho già detto...possiamo uscire e posso riaccompagnarvi al castello-
Annuii anche se avrei voluto restare lì con lui ad ascoltare la sua storia. Mi alzai e lo osservai saltare giù dal tavolo agilmente, quindi mi porse il braccio che io presi e iniziò a intrattenermi raccontandomi di quando aveva cacciato un leone in Africa, mentre ci dirigevamo verso il castello.
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