XXIII

Il ritorno al castello fu triste, quasi deprimente. Del bellissimo maniero in cui ero nata e cresciuta restava solamente un pallido ricordo. L'ala abbandonata non era stata la sola a essere danneggiata dall'incendio. Gli enormi saloni in cui io e Lotte ci eravamo rincorse, in cui avevamo giocato alla principessa e al drago, erano inevitabilmente rovinati. Alcuni quadri erano stati ridotti in cenere. Una delle poche superstiti era la nostra Jolanda che faceva bella mostra all'interno della sua cornice, con quello sguardo d'una intensità da far tremare...anzi, pareva quasi più vera ora che tutto intorno a lei era distrutto, quasi si trattasse dell'araba fenice che risorge dalle proprie ceneri.

-Non so come abbia fatto a salvarsi- mi spiegò mia madre togliendo la cenere dal muro –gli altri quadri sono rimasti perlomeno danneggiati, ma quello...forse la storia del fantasma è vera- e fu così strano sentire una frase simile, proprio da lei che riguardo a fantasmi, maledizione di famiglia e mostro nel muro era sempre stata così scettica.

Altra cosa curiosa fu il fatto che il giorno prima dell'incendio la Sposa avesse ricevuto una visita dal francese, colui che sospettavamo essere il suo innamorato e, fatto che non mi avrebbe fatta dormire tranquilla per alcuni giorni, che il francese fosse sparito proprio mentre il castello bruciava. Riguardo alla voce di chi sostiene di aver visto una donna vestita da sposa mano nella mano con un uomo...beh, non saprei cosa dire...una notte però mi parve di vedere qualcosa dalla mia finestra...non so, ma il fatto che il suo corpo non sia mai stato ritrovato (dissero tutti che era bruciato quasi completamente), mi fece pensare che in realtà la Sposa se ne fosse semplicemente andata e anni dopo mi capitò una cosa strana al riguardo che parve confermare questo mio pensiero.

Fu proprio in quel periodo che Lotte cambiò. All'inizio pensavo che fosse solo una fase passeggera, legata alla disgrazia che era appena capitata, ma presto mi resi conto che non era così, Lotte era cambiata e non sarebbe più ritornata come prima. La cosa m'inquietò non poco. Inizialmente erano piccole cose, momenti di silenzio, sbalzi d'umore, ma poi cominciarono le sue fughe dal castello. La prima volta che successe, era un tardo pomeriggio, uscì dalla biblioteca senza dirmi nulla, lasciandomi a leggere un libro. Ero certa che sarebbe tornata a breve, ma quella notte non tornò neppure a casa...restai tutta la notte sveglia, alla finestra, a guardar fuori, a cercare con lo sguardo la mia cara amica, pregando che non le fosse successo nulla.

Lotte tornò la mattina seguente, con le occhiaie, ma quell'espressione furba sul suo viso...quell'espressione che avrei rivisto spesso.

-Dove sei stata?- le chiesi.

-In giro- e nessuno riuscì a ottenere una risposta più precisa.

Scoprii solo parecchio tempo dopo dove passava la notte Lotte: nelle taverne che si trovavano al villaggio, luoghi malfamati in cui si giocava e s'incontravano gli uomini.

-Si balla anche- mi disse Lotte quando le chiesi cosa ci trovasse di bello in quei luoghi –e gli uomini sono molto generosi-

-Ti rendi conto di quello che stai dicendo? È sconveniente parlare in questo modo-

-Non m'importa- mi fissò con aria di sfida e io restai in silenzio, sapendo bene che non avrei mai potuto controbattere con Lotte, che intanto l'avrebbe sempre avuta vinta lei, odiosa e testarda com'era.

Lotte se ne andò ridendo e senza aggiungere altro. Non so esattamente cosa portò quel cambiamento, ma presto Lotte iniziò a uscire ogni notte, a stare via anche qualche giorno, nonostante l'intervento di mia madre.

-Ti farai mandare via dal castello- le dissi una volta, dopo che lei e mia madre avevano litigato furiosamente.

-Non mi manderà mai via, lo farà per Giselle, mi farà restare-

Sapevo che aveva ragione, ma mi sembrava molto crudele da parte sua approfittare del fatto che Giselle fosse morta per comportarsi impunemente in quel modo.

Lotte continuò la sua folle vita. Ogni tanto mi ritrovavo alla finestra della nostra camera a tarda notte, intenta a fissare la strada che conduceva al villaggio, con la segreta speranza di vederla tornare.

Al villaggio giravano delle voci su ciò che faceva Lotte, voci oscure, infelici. Quando Lolò sentiva una di quelle voci si metteva a urlare e aggrediva chiunque avesse osato parlare.

-Come vi permettete? Una ragazza così perbene!- ma in realtà anche Lolò conosceva la verità e forse proprio perché la conosceva era così aggressiva, così feroce nella difesa di qualcuno che era senza ombra di dubbio colpevole.

Alla fine le urla di Lolò vincevano sempre e chiunque avesse insultato Lotte doveva chinare il capo e chiedere scusa, questo però non cambiava la realtà, Lotte ormai aveva preso una strada sbagliata e questo ci faceva soffrire tutte.

All'epoca credevo che mia madre non cacciasse Lotte solo perché era la figlia della defunta sorella. Solo tempo dopo compresi che Lotte, come un tempo la era stata Giselle, era il nostro capro espiatorio, era la creatura su cui buttare tutte le nostre colpe, era la meno adatta alla società, la meno adatta alla nostra vita...e la cosa che non comprendevo era come a lei non importasse, come riuscisse a vivere senza che quella storia la facesse impazzire, come potesse assecondare i nostri più oscuri desideri continuando a comportarsi nel modo sbagliato. In pratica Lotte comportandosi in quel modo ci faceva sentire tutti come migliori, così tolleravamo tutti la sua presenza.

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