II
A fare da sfondo alla nostra infanzia fu il grande castello di Branson, di proprietà della mia famiglia da secoli, in cui vissero principesse e banditi, duchi e demi-mondaine, enorme, magnifico, decadente. La leggenda narrava che fosse stato costruito in una sola notte da magiche creature che provenivano da chissà dove e che erano scomparse all'alba. Quando nacqui il castello era già in parte diroccato, la vecchia ala che minacciava ogni giorno di crollare. Questo fu il luogo in cui crebbi insieme a Lotte, in quel meraviglioso castello che si erge sopra il grande lago, sopra le sue acque blu e che si specchia in esso. Io e Lotte abbiamo imparato a camminare sulle rive del lago e a nuotare in esso.
Crescemmo sole, non c'erano altri bambini al castello e ricevemmo un'educazione privata un po' all'antica con lezioni di pianoforte, francese, lettere, latino, greco e tutto ciò che si confaceva a delle future duchesse, anche se Lotte non era destinata a diventare tale. Il nostro precettore era un uomo molto alto, magrissimo e burbero che passava il tempo a impartirci nozioni che non volevamo in realtà imparare. Lotte era la meno disciplinata delle due, nonostante mostrasse spesso un'intelligenza che lasciava sia me sia il precettore sorpresi, traducendo anche passi di latino o greco molto complicati senza nessuno sforzo. La verità era che apparentemente Lotte preferiva guardare fuori dalla finestra piuttosto che concentrarsi sui compiti.
-Chissà cosa c'è là fuori, certamente un mondo inesplorato...chissà quante cose ci stiamo perdendo-
-Un giorno lo visiteremo- la rassicuravo io, lo sguardo fisso sulle pagine dei libri.
-Io voglio visitarlo subito-
E fu così che un soleggiato pomeriggio, avevamo solo otto anni, dopo un'estenuante lezione di portamento, Lotte fuggì dal castello. Tutti si misero subito a cercarla, preoccupatissimi che le fosse successo qualcosa. Si temette anche che fosse finita nel lago. Io dal canto mio ero solo arrabbiata perché non mi aveva confidato che sarebbe fuggita. Non ero forse la sua amica? La sua unica amica per essere onesta. Restai alla finestra tutto il giorno, dimenticata da tutti, chiedendomi se Lotte sarebbe tornata. Una parte di me, una parte crudele ed egoista, sperava proprio di no. Osservavo con attenzione il lago, attratta dal folle pensiero che mia cugina si trovasse proprio sotto quel velo blu...eppure non riuscivo a pensarla morta, piuttosto la vedevo come una sirena che da un momento all'altro sarebbe tornata in superficie con il suo sorrisetto sarcastico e sarebbe corsa a palazzo, ridendo e prendendomi in giro.
Alla fine Lotte fu ricondotta a casa. Si era persa nel bosco e l'avevano trovata seduta sotto un albero, la schiena appoggiata al tronco. Pareva che non piangesse, ma se ne stava semplicemente ferma in attesa, nel suo vestitino rosa, una brava bimba che aspetta i genitori, tutto ciò che lei non era.
Era stato mio padre a riportarla al castello. Lotte dormiva tra le sue braccia, come se fosse semplicemente tornata da una passeggiata. Io sentii l'invidia aumentare, ma mi costrinsi a far finta di nulla, in fondo non voleva dire nulla...o almeno così speravo, ma la sensazione che Lotte volesse rubare qualcosa che era mio mi avrebbe perseguitata per sempre.
Charlotte fu colmata di attenzioni da tutti nei giorni che seguirono la sua fuga, sembrava che fosse stata rapita oppure le fosse successo qualcosa di orrendo. Bisognava essere pazienti con lei, lo sapevamo tutti, mia madre lo ripeteva in continuazione, in fondo era una brava bambina, solo un po' eccentrica.
-Perché te ne sei andata?- le chiesi la prima volta che fummo lasciate sole, sedute su un antico divanetto polveroso.
-Non lo so...presumo che volessi esplorare il mondo-
-Allora perché ti sei fermata?-
-Non lo so, a un certo punto mi sono sentita strana, tremendamente triste...e un po' annoiata, come se nulla avesse senso, come se non ne avesse mai avuto-
Quella era solo la prima di quella che tempo dopo Lotte avrebbe soprannominato Grigia Malinconia. Era una sensazione che la prendeva all'improvviso, senza che nulla l'anticipasse, si sentiva prima molto triste, così triste che lasciava qualsiasi cosa stesse facendo, poi iniziava la noia, una noia insopportabile e nulla riusciva a distrarla. Aveva la certezza, in quei momenti, che tutto fosse inutile e che tanto valeva sedersi su una sedia e non fare nulla. A volte arrivava perfino a fare qualche infelice pensiero o si faceva male, qualche pizzicotto o peggio.
-Tu non puoi capirmi, tu non hai bisogno di avere la prova di essere viva- mi aveva detto una volta in cui l'avevo trovata con un coltellino in mano e il palmo sanguinante –tu non potrai mai comprendere-
E io infatti non riuscivo a comprenderla, soprattutto non riuscivo a capire come la Lotte solare, egocentrica, divertente, potesse diventare all'improvviso così fragile, così cupa.
Doveva però passare ancora molto tempo prima che la sua Grigia Malinconia diventasse veramente pericolosa.
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