Capitolo 7


Come da tradizione, Larica assistette ai riti funebri di suo fratello dal palchetto rialzato dov'erano stati posti gli scranni per la famiglia reale.

Ce n'era anche uno per Endin, accanto a re Hartas, e sopra vi era posata la sua corona di principe ereditario. Emel era seduto accanto e guardava a terra con aria afflitta.

A sinistra del re sedeva la regina. Larica vide sua madre versare poche lacrime durante il funerare; doveva averle lasciate scorrere tutte nel corso della notte. Morgane Lavin era bella persino vestita a lutto, ma lei che era sua figlia e la conosceva bene poteva notare le occhiaie appena accennate sotto il velo nero. Sembrava essere stata con il corpo del figlio fino all'ultimo istante prima che venisse posto dentro la cassa, cosicché le sue ancelle non avevano neppure avuto il tempo di acconciarla a dovere e colorarle un poco le guance.

Al contrario suo padre appariva fiero come sempre, forse solo un po' stanco.
Vicino a lei, un gradino più sotto degli altri, sedeva Lored, avvolto in una pesante cappa di lana. Sezan invece non era presente.

«Quando inizia il funerale? Sono stanco» borbottò Lored sbuffando.

Larica si girò e lo incenerì con lo sguardo: «Endin è morto e tu pensi a dormire?»

«Perché sorella? Devo forse morire anch'io?» Larica stava per ribattere di nuovo, ma Lored ebbe un colpo di tosse forte e cavernosa e questo la inquietò parecchio. Per un momento ebbe la brutta sensazione che Lored non stesse davvero molto bene. Quella cappa che aveva addosso celava gli abiti sotto, che in genere il più arrogante dei Lavin mostrava con zelo. Un abbigliamento caldo e semplice non era da lui.

Poco dopo il sole cominciò a tramontare, per cui anche i riti funebri ebbero inizio. Re Hartas e la regina Morgane si alzarono dai loro scranni e camminarono insieme verso la grande pira. Il silenzio era innaturale, nonostante fossero presenti tutti i cavalieri, molti nobili, l'intero corpo di guardia e la maggioranza dell'esercito.

A un cenno del re vennero avanti alcuni cavalieri che portarono la cassa di legno contenente il corpo di Endin. Il comandante dell'esercito apriva la fila insieme ai capitani della guardia del re. Tutti erano abbigliati nei colori dei Lavin, in onore del principe defunto, come da tradizione, ma con il mantello nero e in testa gli elmi con il pennacchio scuro come la notte, i guanti neri e lo stesso gli stivali e i foderi delle spade.

Portarono la cassa fino alla pira e poi l'adagiarono in cima salendo delle scale.
A Larica vedere la cassa di legno infuse una profonda tristezza. Suo fratello sarebbe diventato cenere lì dentro, all'interno di comunissimo legno.

La regina fu la prima a farsi avanti. Si chinò sulla cassa per baciare il figlio sulla fronte e benedirlo così nel suo ultimo viaggio. Gli fece anche una carezza, indugiando per molti istanti.

Poi Emel si alzò dal suo scranno, prese tra le mani la corona di Endin e tenendola sopra i palmi sollevati la portò fino alla cassa per posarla sopra al petto del fratello. Nel farlo barcollò e si aggrappò alla cassa per sostenersi; abbassò il capo e rimase in quella posizione per un lungo momento.

Poi tornò con espressione sofferente al suo posto e fu la volta del re a cui fu portata la spada di Endin dalle mani del comandante, che chinandosi gliela porse.

Re Hartas la prese, e la tenne sollevata in orizzontale sopra i palmi, come Emel aveva fatto con la corona. Avanzò solenne e salì la pila, poi posò la spada sull'addome di Endin e anche se non si vide, Larica seppe che la mise in verticale, posata sul suo corpo, facendo poi in modo che le mani di Endin si incrociassero sul pomo impugnandola come aveva fatto in vita.

Il re scese, e lui e la moglie tornarono ai loro scranni. Fu accesa la pila, gettando torce infuocate. Larica trattenne le lacrime e strinse la mano che Miseh le porse. Insieme, silenziosamente, con quel gesto di solidarietà reciproca, dissero addio a Endin.

Il fuoco intanto aveva attecchito sul legno. Avrebbe arso finché corona e spada, oro e ferro, fossero bruciati insieme al loro possessore.





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