Capitolo 5


Lo sguardo triste dell'angelo scolpito nel candido marmo rifletteva il suo stato emotivo, che nei giorni successivi alla terribile notizia della malattia di Endin era peggiorato fino a ridurla alla vera prostrazione.

Aveva creduto che la disgrazia della sua vita fosse doversi allontanare dalla sua città e proprio allora gli dèi le avevano dato qualcos'altro di davvero straziante su cui piangere.

Erano trascorsi cinque giorni. Larica era riuscita non senza difficoltà a convincere re Ferdinad e suo padre a rimandare il viaggio, grazie soprattutto all'aiuto del principe. All'inizio aveva infatti sperato che in poco tempo Endin potesse riprendersi, ma nei due giorni seguenti le sue condizioni avevano subìto gravi peggioramenti.

Larica si era quindi convinta che gli dèi potessero aiutarlo. Ogni giorno si recava al tempio e pregava per molte ore, finché le ginocchia le dolevano da impazzire, e i gomiti, poggiati al banco di legno, si sbucciavano sanguinando; anche in quel momento gocce rubino scivolavano sul legno fino a cadere lentamente sul marmo bianco.

Eppure non poteva fermarsi. Doveva fare in modo che gli dèi la ascoltassero e posassero le loro mani guaritrici sul suo povero fratello. Riuscì a resistere ancora a lungo, nonostante i dolori in tutto il corpo per la forzata immobilità.

Donna Rubia comparve sulla porta laterale del tempio, in volto un'espressione di dolore. «Principessa, sono appena stata dal nostro caro principe. Dovreste venire subito, per dirgli addio.»

Quelle parole la colpirono come un macigno nel petto. «Non è possibile... io ho pregato, ho pregato per ore tutti i giorni. Come possono gli dèi farmi questo?» Presa dallo sconforto si lasciò cadere a terra e scoppiò a piangere. Non era pronta a vederlo morire, non lo sarebbe stata mai. Sussurrò il suo nome tra le lacrime, mordendosi il labbro a sangue per la rabbia e il dolore.

«Larica, coraggio, alzatevi. Dovete essere forte, cara.» La balia si inginocchiò e la strinse a sé, poi la aiutò ad alzarsi. «Gli dèi vi stanno chiedendo di sopportare un dolore enorme, ma voi avete la forza per farcela, ne sono certa, vi conosco da quando siete nata. Il vostro spirito è sempre stato tenace, e certo non cederà ora che ne avete bisogno.»

«Perché gli dèi sono tanto crudeli, balia? Endin è così buono... non merita di morire.»

«Molti non lo meritano, ma arriva l'ora per tutti e non possiamo essere noi a sceglierla.» Donna Rubia la prese gentilmente per mano. «Ora andiamo. È giusto che lo vediate un'ultima volta.»

Larica si lasciò condurre dalla balia fuori dal tempio. Non riusciva a smettere di piangere, e tentava invano di nascondere i singhiozzi dietro allo scialle.

Prima che entrasse nelle stanze di suo fratello, la balia le rivolse uno sguardo incoraggiante: «Sollevate la testa e state dritta, principessa. Vostro fratello sarà orgoglioso di voi.»

Larica annuì e fece come Rubia le aveva detto. Entrò tenendo il busto dritto, il mento alto e le mani a sollevare appena le gonne dell'abito di lana. Sua madre, seduta al capezzale del figlio morente, le riservò uno sguardo pieno di calore, e le fece segno di avvicinarsi. All'altro lato del letto c'era Emel, lo sguardo colmo di sofferenza.

Anche gli altri fratelli erano presenti. Sezan era in piedi, appoggiato al muro accanto alla finestra, Lored sedeva vicino al fuoco del camino, e a un primo sguardo le parve soffrisse il freddo perché tremava leggermente e indossava un mantello molto spesso. Miseh invece era in un angolo, seduto per terra, la faccia sepolta tra le ginocchia. Probabilmente cercava di nascondere le lacrime. Anche lui era molto attaccato a Endin.

Era presente anche lady Kara Rowena di Athernor, una cugina di sua madre che a Larica non era mai piaciuta. Si sentì offesa che la madre l'avesse richiesta lì, dato che non era propriamente parte della famiglia, e che invece non ci fosse suo padre.

Lady Kara si alzò appena la vide, le andò incontro prima che lei si muovesse per raggiungere il capezzale del fratello, e la abbracciò. Odorava di incenso e qualcosa di troppo dolce. Larica reprimette il disgusto.

«Mia cara, come sei cresciuta. Da quanto non ti vedevo...». Sciolto l'abbraccio, la lady prese a guardarla con quello sguardo da sanguisuga che ogni volta le rivoltava lo stomaco. Perché una donna tanto viscida piacesse a sua madre, questo non era mai riuscita a capirlo.

Le rispose in tono aspro: «Non mi sembra il momento dei convenevoli, lady Athernor.» La sorpassò e andò da sua madre, che le rivolse uno sguardo contrariato. «Lei è qui per sostenerci, Larica, non comportarti in questo modo.»

Non rispose, per evitare discussioni in un momento simile. Pose invece gli occhi sul fratello. Endin riposava abbandonato tra le coltri, il volto cereo e gli occhi cerchiati di scuro. Sulla pelle si notavano macchie rossastre, nere e violacee, alcune delle quali sanguinavano.

Larica sollevò una mano per carezzargli la fronte, dove la pelle era ancora pura e morbida. Sentì un nodo serrarle la gola e stringerla finché fu costretta a scioglierlo lasciando scivolare silenziose lacrime brucianti.

Proprio allora Endin si mosse, emise un debole gemito e socchiuse gli occhi gonfi e arrossati. Le rivolse uno sguardo sofferente:
«Larica, sei qui...»
«Fratello, non parlare, riposa.»
«No.» Endin scosse la testa. «Sto morendo Lari, quindi lascia che io ti parli un'ultima volta.» La sua voce era fiacca e roca ma non priva della consueta dolcezza.

«Non dire così Endy. Non devi andartene. Come farei io senza il mio caro fratellone?» Larica trattenne un singulto. La sua voce si era incrinata dal dolore.

«Lari, un giorno ci rivedremo nelle valli dorate del regno dei cieli. Non devi essere triste.» Intanto che parlava, Emel aveva iniziato a piangere in silenzio, ma Endin se ne accorse: «Fratello, non devi fare così. Sei un uomo, e ora sarai tu l'erede di Varasia. Sii forte Emel e pensa al regno. Io starò bene, non devi piangere per me.»

Anche Miseh piangeva, ma avvicinandosi al capezzale del fratello si asciugò le lacrime. Si fermò accanto a Emel e gli posò una mano su una spalla, poi rivolse a Larica un debole sorriso. Lei ricambiò e prendendo esempio da lui si asciugò gli occhi e le guance.

Lored non si alzò neppure. Era ancora seduto accanto al fuoco e tremava ora vistosamente. Sezan era impassibile, quasi scocciato. Aveva sempre mal sopportato Endin, troppo buono e gentile per lui. Larica vide che Endin ne soffriva. Guardava in direzione degli altri due fratelli con enorme dispiacere.

Anche la loro madre se ne accorse. Si alzò e fissò i due figli con occhi furibondi. «Disgraziati che non siete altro. Come potete lasciare che vostro fratello se ne vada senza porgergli l'ultimo saluto?»

«Madre, lascia stare» intervenne Endin. «Che facciano ciò che si sentono di fare. Sarà la coscienza poi a mordere, e allora comprenderanno.»

Larica scosse la testa: «Non è giusto nei tuoi confronti.»

«Non importa. Ci siete voi e tanto basta.» Lo vide volgere un tiepido sguardo di ringraziamento anche a lady Kara, che si era rispettosamente tenuta in disparte, cosa che Larica apprezzò molto. Per una volta la lady di Athernor le piacque.

Poi Endin chiuse gli occhi e rimase immobile per molto tempo.

Era il tramonto quando si svegliò di nuovo. Gli unici rimasti nella stanza erano la regina, Emel, Miseh, lady Kara e lei. Sezan era stato il primo ad andarsene, seguito da Lored che aveva lamentato nausea e forti dolori alla testa. Re Hartas non si era fatto vivo e questo provocava in Larica una rabbia tremenda. Gliel'avrebbe fatta pagare.

Aperti gli occhi, Endin si rivolse alla madre: «Non mi sento bene, madre, ho tanto freddo.»

«Kara, puoi dire ai servi che portino altre coperte?»

«Ci penso io.» Donna Rubia apparve sulla porta. «Vorrei rendermi utile maestà.»
«Ma certo, ti ringrazio Rubia.» Morgane carezzò il volto sudato e sanguinante del figlio. «Presto starai meglio, mio tesoro, te lo prometto.»

Tutti rimasero fino a dopo il tramonto e oltre. Era ormai notte fonda quando Endin si svegliò agitato e con serie difficoltà a respirare.

Nei suoi ultimi momenti di vita si mostrò forte e coraggioso, come Larica l'aveva sempre visto. Non si lamentò e non pianse, non si disperò e non chiese mai del padre. Si limitò a qualche gemito e a flebili rantoli di sofferenza che accompagnarono la sua terribile e angosciante agonia spezzando il cuore di Larica.

Sua madre, sempre così forte, piangeva mentre, seduta sul letto, lo cullava e gli stringeva una mano. L'altra, gelida e sudata, era tra le mani di Larica.

Non passò poi molto che Endin smise di rantolare, il suo respiro si affievolì ancora, e chiuse gli occhi sanguinanti.

La regina lo strinse a sé e proprio allora un ultimo rantolo uscì dalle labbra dell'erede dei Lavin e la sua mano si afflosciò tra quelle tremanti della sorella.





















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